L'intervista è a Fabrizio Corselli,
poeta e saggista palermitano, autore di numerose opere che si richiamano alla
cultura classica greca (ultima, in ordine di tempo, L'ultimo volo di Icaro e Il
ciclo dei vinti, poema pubblicato in e-book e
scaricabile gratuitamente dal sito King Lear - http://www.kinglear.ilcannocchiale.it/)
Perché scrivi?
Onestamente non so perché. È più di una pulsione, è una necessità che non
trova risposta, come quella di respirare o di sfamarsi. Un richiamo al quale
l'individuo non può resistere e dal quale non deve fuggire. È come volersi
sottrarre alla Morte, il proprio ciclo alla fine deve essere chiuso, poiché
l'immortalità stessa diventerebbe un peso troppo forte da reggere,
schiacciandoci poco a poco al suo semplice contrastarla. L'eterno si perpetua
attraverso la propria creazione. In questo senso, l'uomo incarna il divino.
Alla base di tutte le tue opere c'è un messaggio che intendi
rivolgere agli altri?
Sì, quello della magniloquenza poetica, ossia di come la parola e
nella fattispecie la poesia riesca ad elevare ogni cosa, sia anch'essa la più
umile, verso la gloria eterna; la capacità di riverberare l'azione di ogni uomo
o situazione nel tempo, rendendola imperitura; trasformandola in una sorta di
monito e insegnamento per i posteri in modo che la dignitas
umana non venga mai dimenticata.
Ritieni che leggere sia importante per poter scrivere?
Molto importante ma non fondamentale. Anche dagli altri si impara sempre qualcosa e a volte l'esperienza non è solo scritturiale ma anche dell'animo. Quando penetriamo un
testo, entriamo in un mondo altro appartenente ad un individuo che ivi vi ha
posto una parte del proprio cuore, un vivido nucleus
spirituale che cela segreti e indicibili confessioni
che aspettano solo di essere scoperte come quando una pudica donna si nasconde
perché la sua ritrosa condotta venga una volta per tutte deflorata dal proprio
amato (lettore, in questo caso). Per farti capire meglio,ti
cito alcuni frammenti da “Concetto di Mirabilia”: «La visione e la contemplazione di un oggetto, di un evento o di una
situazione, sia anch'esso solo un testo, fa nascerne la volontà di attuazione.
Il creativo più non si nutre soltanto attraverso la propria autopiesi,
ma gioisce dell'Altro, che insieme all'esperienza divengono le primigenie forme
di meraviglia dell'individuo. Adesso, lo scrittore è completo, nel suo
meravigliarsi di un altro scrittore da cui suggere i necessari elementi di
trasporto per il proprio percorso ispirativo. Nel
momento in cui si procede con la lettura di qualcosa, varchiamo i confini di un
altro mondo, di proprietà di colui che scrive ed erige strutture e ancora
edifici al pari di un architetto; esso ha le sue leggi e tali devono essere
rispettate, poiché nel trasgredirle potremmo essere condannati ad una pena ben
peggiore del bando», e ancora «
come in un cerchio, l'elogio per un altro autore ripercorre in tutta la sua estensibilità dinamica ed eterna la circonferenza
dell'essere e del divenire; codesta ciclicità del dire e dell'essere, non si
configura come una noiosa ripetibilità dell'azione
verbale e dell'esistere in quanto la parola è definitoria
di una realtà logica ma come una futuribile visione in
avanti di ciò che ingenera nell'individuo stesso il protendere verso un
percorso indomito. L'Arte come la
Lettura va dominata nel farne viva esperienza».
Che cosa leggi di solito?
Di solito, leggo molta Saggistica specie di Estetica ma anche libri di
poesie, in particolar modo i classici greci. Mi piace anche leggere, che non
siano necessariamente libri, alcuni testi sui siti di diversi scrittori che
stimolano il mio interesse e la mia curiosità, per non dire il mio senso
critico. Mi piace soprattutto scoprire nuovi talenti.
Quando hai iniziato a scrivere?
Ho iniziato a scrivere nel 2000, buttando giù qualche idea per poemi
in prosa e qualche racconto, ma con scarso successo. Scrivevo a quei tempi
molta saggistica. Poi nel 2001 è arrivata l'illuminazione, e spinto dalla
pittrice Maria Laura Riccobono a comporre poesie, il gioco ha preso la
sua forma "ultima". Ho partecipato anche al mio primo Concorso
Internazionale, vincendolo, devo dire con grande gioia; non sono un amante dei
Concorsi. Da quel giorno in poi ho iniziato a scrivere con gran enfasi e
passione fino ad evolvermi nel tempo, raggiungendo adesso una piena stabilità
stilistica. Però c'è sempre molto da imparare.
I tuoi rapporti con l'editoria.
Non molto buoni. Ho pubblicato nel 2001 il libro di poesie sui miti
greci “Il Giardino di Orfeo”. Ma il prosieguo a livello di pubblicazioni
(escludendo quelle per le riviste del settore) si è arrestato
poiché sono stato definito antieditoriale; tutto ciò per il mio stile
non molto aderente alle richieste di mercato ed etichettato come desueto. Io
seguo il mio istinto. Bisogna anche aggiungere, che da questo punto di vista mi
ritengo soddisfatto. Occupandomi di poesia celebrativa collaboro continuamente
con diverse forme d'arte, in particolar modo con la pittura; molteplici sono infatti le pubblicazioni su cataloghi di alcuni miei
componimenti in forma elogiativa (per esempio col Museo Beleyevo
di Mosca), ma il corpus mechanicum per eccellenza sul
quale scrivo in maniera più frequente è la pergamena; situazione questa che mi
ha permesso di collaborare con il Salone
Internazionale di Parigi.
Che cosa ti piacerebbe scrivere?
Questo è un mio desiderio nascosto, influenzato molto dall'amore che
nutro per la Musica
Classica: la stesura di un libretto musicale. Del resto,
molti furono i musicisti che composero su testi poetici dando inizio alla
tradizione dei Lieder.
Da ciò amo molto Heinrich Heine. Sì,
confermo, un libretto musicale, e s'intende per l'appunto di vederlo poi realizzato
in un bel teatro. Ma, ben pensandoci, sarei incompleto e poco sincero con me
stesso e con gli altri se non prendessi in considerazione l'epica, mio cavallo
di battaglia, ma nei confronti di tale tipologia poetica sono già al termine
del viaggio arcadico descritto nell'inedito Satyros; ho concluso anche
l'opera più significativa del mio poetare che è L'ultimo volo di Icaro e il Ciclo dei Vinti. Ma avrei anche
desiderio di scrivere un'opera di saggistica a quattro mani con lo studioso e
critico che più stimo e cioè Emanuele
Giordano.
Scrivere ha cambiato in modo radicale la tua vita?
Non l'ha cambiata, l'ha stravolta ma in positivo. La scrittura per me
è tutto, ed essa ha voluto un oneroso tributo: il sacrificio di me stesso. Ho
dato tutto alla poesia, incrinando profondamente il rapporto con la gente, con
gli amici e con i familiari. Vengo tacciato di aprirmi
poco, viene contestato l'eccessivo risparmio di sé, ma ho fatto le mie scelte.
Il concedersi pienamente all'Arte è stata causa di un duro ritiro in un mondo
ben lontano dalla società in cui viviamo. Per questo è lecito darmi del
"non vivente" come hanno fatto diversi scrittori e critici? No,
cambia soltanto il punto di vista, poiché la realtà in cui vivo viene semplicemente filtrata attraverso il velo illusorio
della trasfigurazione artistica; ricordando che ciò che "reale" non è
detto che sia il "vero" (dicotomica e secolare diatriba tra
intellettuali). Anche trattando miti, per quanto possano
avere poca relazione con l'attualità (pensiero questo nato dall'ignoranza di
certuni e più che errato), le icone ivi rappresentate recano in sé il concetto
universale; significa che anche se non parlo nello specifico di una data cosa
ne tratto l'aspetto universale, così per esempio non parlerò di una storia
d'amore ma dell'Amore stesso. Per esempio, in Shéhérazade tratto l'amore
impossibile di un'odalisca costretta a soddisfare le pretese del sultano, il
cui represso amore la porterà a concedersi in maniera totale e quasi fisica
alle proprie fantasie erotiche.
Qualche consiglio per chi ha intenzione di iniziare a
scrivere.
Soprattutto quello di essere se stessi, specie in una società come la
nostra sempre più proiettata verso la perdita della propria identità. Ascoltare
la propria anima nel momento in cui si procede alla stesura del testo e
diventare un tutt'uno con esso.
Mai mentire alla propria Musa, poiché lei osserva e poco a poco si consuma nel
veder il proprio protetto gettarsi nel vuoto come tanti altri sprovveduti che
hanno visto nella fioca e illusoria luce dell'editoria il successo. Lo
scrittore ricerca la gloria dello spirito innalzandosi al Sublime e
all'ineffabile attraverso la propria lancia creativa (la penna) e il proprio
scudo (l'integrità artistica)… un'eterna lotta dell'essere che si riscatta
dalla propria limitatezza umana con quell'alito di
infinita tensione che promana dalla creatura testuale e che in essa vive per sempre.