Le
pietre di Pantalica
di
Vincenzo Consolo
Arnoldo
Mondadori Editore S,p.A.
Narrativa
Pagg.
180
ISBN
9788804701637
Prezzo
Euro 14,50
Amata
terra mia
La
Sicilia, terra dai profondi contrasti, costituisce indubbiamente
un´alcova, una culla, un rifugio sicuro a cui tornare dopo che per
svariati motivi - ma quasi esclusivamente legati al lavoro - si è
dovuta lasciare. Una chiara testimonianza di ciò si ha con uno dei
suoi maggiori geni letterari, quel Giuseppe Bonaviri che, diventato
medico cardiologo, esercitò la professione nel Lazio, ma sempre con
il pensiero rivolto alla natia Mineo. Non è diverso il caso di
Vincenzo Consolo, trapiantato il Lombardia, ma comunque sempre legato
alla sua terra, con la presenza costante della tristezza per averla
lasciata. Credo che più delle mie parole valgano le sue, tratte da
Le pietre di Pantàlica
(Io
non so che voglia sia questa, ogni volta che torno in Sicilia, di
volerla girare e girare, di percorrere ogni lato, ogni capo della
costa, inoltrarmi all´interno, sostare in città e paesi, in
villaggi e luoghi sperduti, rivedere vecchie persone, conoscerne
nuove. Una voglia, una smania che non mi lascia star fermo in un
posto. Non so. Ma sospetto sia questo una sorta di addio, un volerla
vedere e toccare prima che uno dei due sparisca.).
Ed è forse questa condizione esistenziale che spinge a scrivere in
un certo modo, a rivisitare in narrativa i cari luoghi che
si sono lasciati. Le pietre
di Pantàlica, questa
raccolta di 14 racconti, ben rappresenta quella che è l´immagine
del suo autore. Il lettore viene così a conoscere una Sicilia che
tanto può ricordare certe novelle di Verga, con una ricchezza di
personaggi dai nomi e soprattutto dai soprannomi che entrano
indelebilmente nel nostro patrimonio di memoria come se fossimo noi
ad averli conosciuti direttamente, e invece ci sono stati proposti da
questo narratore che con uno stile altamente letterario li descrive
come escono direttamente dal suo cuore, gente che spesso non c´è
più, ma che sembra perennemente vivente, tanta è la vitalità che
Consolo ha saputo imprimere alle sue creature. Ci sono descritti i
più svariati personaggi, dal famoso fotografo Capa lanciato con il
paracadute sull´isola dagli Angloamericani nel 1943 per documentare
la conquista della Sicilia al frate mentecatto Agrippino Salerno,
che esaurisce intensamente la sua fede religiosa in uno spirito di
autodistruzione; sono presenti anche noti personaggi siciliani, fra i
quali un Leonardo Sciascia che gusta grosse sigarette americane. E
questi sono, ovviamente in parte, i protagonisti, e poi c´è la
natura, con la descrizioni dei paesaggi che sembrano pennellate
tracciate con mano ferma e forte sulla tela, come non pochi quadri di
pittori espressionisti. Questo è già molto, per non dire tanto e
più che bastevole per definire l´elevata qualità dell´opera, ma
non è possibile dimenticare la capacità di descrivere gli aspri
contrasti, ma senza violenza, con il cuore in mano; del resto la sua
è una terra in cui sottomissione e potere sono le due facce di una
stessa moneta, ma dove è nato ed è diventato uomo ed è per questo
che prova uno sconfinato amore per la sua Sicilia, anche perché lì,
nonostante il trascorrere degli anni e il progresso che vi si è
affacciato, il tempo sembra immobile, tanto che è possibile
ritrovare le atmosfere e i profumi della giovinezza.
Da
leggere.
Vincenzo
Consolo (Sant´Agata
di Militello, Messina, 1933 - Milano 2012) ha vissuto a Milano dal
1968. Romanziere e saggista di fama internazionale, ha esordito nel
1963 con La
ferita dell´aprile ma
si è pienamente rivelato nel 1976 con Il
sorriso dell´ignoto marinaio.
Ha ricevuto i più prestigiosi premi letterari tra cui il Premio
Pirandello nel 1985 per Lunaria;
il Premio Grinzane Cavour nel 1988 per Retablo;
il Premio Strega nel 1992 per Nottetempo,
casa per casa e
il Premio Internazionale Unione Latina nel 1994 per L´olivo
e l´olivastro.
Tradotto in molti Paesi, nel 2006 l´Università di Toronto ha
pubblicato un´antologia dei suoi saggi, Reading
and Writing the Mediterranean.
Renzo
Montagnoli