Vincenzo
D’Alessio, un uomo, un poeta e un critico letterario
di
Renzo Montagnoli
Malato
da molto tempo, Vincenzo D’Alessio ci ha lasciato, una notizia
che mi ha addolorato quasi che la sua scomparsa fosse stata del tutto
improvvisa e non prevista, e ciò nonostante sapessi da diversi
mesi dell’esito infausto del male che lo affliggeva.
Nell’attesa di scrivere qualcosa di più approfondito
sulle sue capacità letterarie, espresse peraltro in numerose
opere, riporto il mio contributo al suo ultimo libro L’empatia
del critico, edito da Fara, e che Vincenzo ha appena fatto in
tempo a leggere.
“Ho
conosciuto Vincenzo D’Alessio nel luglio dell’ormai quasi
lontano 2010, allorchè ho avuto modo di leggere Profili
critici,
una raccolta di recensioni stilate dallo stesso e pubblicata
dall’editore Fara. Poichè pure io amo esprimere un
giudizio sulle mie letture in quell’occasione provvidi in
merito, anche se ritenni necessario una premessa, vale a dire mi
chiesi se fosse opportuno che io scrivessi la recensione delle
recensioni, problema tanto più rilevante perché molte
delle opere presenti nel libro mi erano sconosciute. Ho convenuto
comunque che in ogni caso avrei dovuto esprimere un’opinione e
proprio di opinione si trattò, e non tanto di disamina
critica. Vediamo quello che scrissi all’epoca, delineato in
quattro punti che, nel loro insieme, provvedevano a delineare un
quadro positivo:
1) L'indipendenza
del giudizio che mi sembra chiara, senza che insorgano sospetti,
merce rara si direbbe, considerata l'epoca in cui il dio denaro
induce non pochi editori a condizionare numerosi critici:
2) Una
struttura espositiva sperimentata e che si ripete, perché
ormai radicata nella logica di D'Alessio; quindi niente
improvvisazioni, tanto che, se non fossimo in campo letterario, direi
che il metodo ha connotati scientifici;
3) L'indole
poetica che, a volte di più, a volte di meno, lo conduce a
diventare, peraltro piacevolmente, un coprotagonista nel testo e
anche a ricorrere a un ragionamento metaforico;
4) La
semplicità e la praticità, insomma il giudizio che può
farsi l'eventuale lettore dell'opera recensita appare supportato da
tutti gli elementi indispensabili, esposti razionalmente e
in modo accessibile ai più.
In
seguito cominciai a conoscere il D’Alessio poeta, anche
saltuariamente narratore, e fui colpito subito sia dai temi trattati,
afferenti i gravi problemi del Meridione, sia dallo stile con cui era
espresso questo impegno civile, tanto che mi venne subito in mente un
altro poeta del Sud, da me particolarmente apprezzato, e cioè
Rocco Scotellaro. Più che l’altro l’accostamento a
quest’ultimo è per il tema trattato, perché lo
stile, se pur simile, differisce, e probabilmente in meglio, vuoi per
gli studi di Vincenzo laureato in Lettere sia per una assiduità
poetica che gli ha consentito di acquisire una notevole esperienza.
Ma
se poeta è la vocazione, rimane sempre quella passione per la
lettura di opere d’altri, ultimata la quale viene in lui
naturale scrivere una recensione approfondita, in cui la disamina del
testo non lascia in ombra nulla, pur manifestando – e questo è
un suo innegabile merito – la volontà di porre
maggiormente in risalto gli aspetti positivi. Non c’è
leziosità, né ricorso ad astrusi paradigmi nelle sue
critiche letterarie che cercano di essere le più semplici
possibili di modo che possano essere comprese da tutti, qualsiasi sia
il loro livello di studio. E si guardi bene che semplicità non
vuole dire temino da quinta elementare, bensì la capacità
di andare al sodo spiegando in modo facilmente intelleggibile. Questo
modo di operare è da me particolarmente apprezzato, tanto che
cerco di tendervi anch’io, perché la diffusione della
cultura non può prescindere dalla capacità di
illustrarla alla maggior parte delle persone, e considerato che la
poesia è una Cenerentola, se si vuole accostare a essa sempre
più gente, oltre alla capacità dei poeti di comunicare
in modo chiaro, deve esserci anche altrettanta chiarezza in chi
scrive i giudizi.”.
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