Rosa
del battito
di
Donatella Nardin
Prefazione
di Riccardo Deiana
Nota
introduttiva di Fabrizio Bregoli
Copertina
di Giacomo Ramberti
Fara
Editore
Poesia
Pagg.
88
ISBN
978
88 94903 84 3
Prezzo
Euro 10,00
Ciò
che resta
Il
tema di un’opera, sia che si tratti di poesia che di narrativa,
determina inevitabilmente un comune fil rouge che collega le sue
varie parti ed è così anche per Rosa
del battito,
ultima fatica di Donatella Nardin e frutto di esperienze ben diverse
da quelle della sua precedente silloge Terre
d’acqua.
Di che tratta, insomma? Non c’è bisogno di scervellarsi,
di tentare, perché già all’inizio si trova una
dedica, che in fondo è anche un’epigrafe, che recita:”
A
Voi, labili e assenti ormai, ma ancora chiari e vivi e impetuosi in
noi”.
Nel ciclo della vita, in questo cammino su cui procediamo spesso
incerti, non è infrequente il caso di perdere per strada chi
ci accompagna; nonni, genitori, fratelli e sorelle, mogli e mariti e
ancor più dolorosamente figli sono testimoni preziosi della
nostra esistenza che si distaccano dalla vita, ma che restano ben
definiti in noi, che nella nostra memoria lasciano un segno
intangibile.
Questa
della Nardin è poesia sì del distacco, ma più
che altro del ricordo, che resta l’unica consolazione di fronte
alla sofferenza per una perdita, una lacerazione che con il tempo si
chiude, facendo emergere più viva che mai la memoria. E
rifiutiamo categoricamente la loro immagine da defunti o prossimi a
defungere, ma finiamo per conservare gelosamente quella dei tempi
migliori, come è il caso di nonna Luisa ( Per
ogni passante acconcia / nonna
Luisa – rarefatta / e impareggiabile ormai tra i rossi /
sbocciati in giardino – /l’onda azzurra di uccelli in
festa / che sapienziale le avvolge / le tempie e il sorriso/…).
E se la morte richiama lugubre come colore il nero, il far rivivere,
se pur dentro di noi, chi non c’è più implica
invece una variegata policromia, una festa per gli occhi che si
riflette nell’animo (L’alba intinge le dita nel
succo / giallo dei giorni
fino a ferirsi. / Si accendono le viole nel fremito / alto, vestite
di sole graffiano /…),
come anche “Sanno di miele e vaniglia / i
giorni vogliosi / chiazzati di luce. /...”. In
questo pellegrinaggio intimo ci sono le occasioni per constatazioni
di carattere generale, come la contrapposizione fra gioia e dolore,
che non potrebbero esistere totalmente separati (Come
quando le cose migliori / accadono
insieme, / da un taglio doloroso può entrare / la luce, a te
ogni bene / e tutto daccapo a ogni gugliata / gioia e dolore insieme,
innumerevoli / e diversi come le gocce di luna / piovute in giallo
stasera / sul molo. ). Ogni
tanto, come è logico, al ricordo si accompagna quel dolore che
sembrava scomparso sotto la cicatrice e allora l’autore intona
un canto lieve, quasi un sussurro, in cui emerge in tutta la sua
crudezza il rimpianto (Ti ho evocato dal
silenzio, / in silenzio
hai risposto. / Eri solo un’intenzione, sorta / dalla periferia
del vissuto. /….).
Per quanto finisca con il sembrare una poesia sulla morte, sul dolore
di chi resta nelle sue varie fasi tutte espresse in modo veramente
encomiabile, in realtà questa silloge è un canto della
vita, di quell’incessante fluire che porta alla luce una
generazione dietro l’altra, un’esistenza in cui ognuno di
noi in un immaginario percorso dall’alba al tramonto vive
sempre a contatto con la morte, senza tuttavia mai pensare (o forse è
uno stordimento) alla propria. Ciò che oggi è rimasto
in noi di chi ci ha lasciato entrerà un giorno, con la nostra
personalità, la nostra immagine, i nostri pregi e i nostri
difetti nel patrimonio della memoria di chi ci seguirà, perché
è l’intera esistenza che è così.
Bella
questa raccolta, con versi che mi hanno coinvolto e che hanno
rievocato qualcosa del mio passato.
Donatella
Nardin
è
nata e vive a Cavallino Treporti (VE). Pur praticando la scrittura –
soprattutto poetica – da sempre, solo negli ultimi dieci anni
ha dato visibilità alle sue opere partecipando a vari Concorsi
Letterari con risultati gratificanti in quanto le sono stati
attribuiti numerosi premi e
riconoscimenti. In poesia ha pubblicato i libri: In
attesa di cielo (Ed.
Il Fiorino 2014); nel 2015, con la stessa Casa Editrice, la raccolta
di liriche haiku Le ragioni dell’oro; e con Fara Editore, nel
2017, Terre
d’acqua (1°
class. al Premio
Il Litorale di Massa 2019,
2° class. al Premio Città di Arona 2018, ecc.). Molte sue
poesie e alcuni racconti sono presenti in antologie, in alcuni siti
on line dedicati, in riviste letterarie e in raccolte collettanee di
case editrici come LietoColle, Empiria, La Vita Felice, Fara Editore,
Fusibilia e Terre d’ulivi.
Renzo
Montagnoli
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