La
vecchia stazione
di
Giovanna Giordani
Il
titolo dell´articolo di giornale era inequivocabile: La
casetta della vecchia stazione ferroviaria prossimamente sarà
demolita".
Elisa
fissò come ipnotizzata la foto che accompagnava
l´articolo.
Certo,
era la vecchia sala d´attesa della piccola stazione ormai in disuso
da tanto tempo. La porta dalla quale si accedeva alla pensilina era
rigorosamente chiusa e dai suoi vetri filtrava una luce bianca che
impediva la visuale oltre gli stessi. - Era la luce del mattino -
pensò Elisa, poiché l´accesso ai binari era a est. Cercò con lo
sguardo le vecchie panchine. Erano lì, accarezzate dai
raggi di quella luce mattutina che sembrava consolarle della
solitudine che le aveva colpite. E poi, ecco la mensola della
biglietteria, con lo sportello in legno abbassato come il broncio di
un bambino offeso. Elisa volse lo sguardo alle pareti. La bacheca
degli orari mostrava gli angoli cadenti dei fogli ingialliti, come
petali di fiori appassiti. A lato della bacheca si poteva notare la
porta che portava all´ufficio del capo stazione, ineluttabilmente
chiusa. In quella stanza il tempo si era fermato. Lo dimostravano gli
arredi fuori moda nonché i modelli datati delle porte. Il tutto
imbevuto dalla percezione di un silenzio inesorabile.
- Verrà
demolita - ripeté a bassa voce Elisa. E una punta di tristezza
salì lentamente da qualche angolo remoto della sua anima.
Quante
volte si era seduta su quelle panchine, quando, giovinetta, attendeva
il treno che la portava al lavoro in città. Già, perché quella era
una stazioncina di paese dove, per i soliti motivi economici, già da
qualche anno era stato deciso che i treni non avrebbero mai più
effettuato la fermata.
I
ricordi affioravano prepotenti nella mente di Elisa. Allora era
giovane e la vita era piena di promesse. - Tutto cambia, tutto
finisce. Anche questa - disse tra sé - anche questa non
ci sarà più -.
Elisa
passò in rassegna i suoi giovani compagni di viaggio di un tempo.
Come lei, obbedienti al destino di lavoratori precoci, pieni di
speranze e sogni nel cassetto. Si erano autosoprannominati "La
compagnia del treno". Mezzi addormentati e taciturni al mattino,
quando ritornavano dopo la giornata di lavoro, formavano un bel
gruppo ciarliero e spensierato. Quanti anni erano trascorsi da
allora. Chissà se ogni tanto pensavano ancora a quel periodo della
loro giovinezza. Ormai ognuno aveva seguito il destino che la vita
gli aveva preparato.
- "La
compagnia del treno" non c´è più - si disse Elisa.
Osservò
ancora insistentemente la fotografia di quella saletta d´attesa. Le
panchine vuote, la biglietteria chiusa in un suo dignitoso silenzio,
la bacheca impolverata.
Quanta
gente era passata di lì, quanti sguardi distratti o frettolosi
avevano attraversato quel piccolo spazio di mondo. Quanti pensieri
avevano sostato nell´aria di quell´angusta stanzetta, in attesa
che il treno arrivasse.
Era
successo anche un gravissimo incidente. Un´anziana passeggera aveva
perso la vita investita dal treno mentre attraversava i binari e non
si era mai capito come era potuto succedere.
- Poverina
- pensò Elisa - ormai non si ricorda più nessuno di lei. Solo
questa vecchia stazione sa la verità. E fra poco anche questa sarà
spazzata via. Non è giusto -.
Fissò
la porta dai vetri imbiancati da quella luce accecante.
Elisa
si rese conto che lo smantellamento di quell´edificio significava
per lei come radere al suolo una parte della sua vita. Sapeva
benissimo che nulla è eterno di ciò che ci circonda e tante
costruzioni erano state abbattute e sostituite da altre più moderne
e funzionali. Bisognava accettare tutto questo. Eppure...- non è
giusto - ripeteva a se stessa. Ma all´improvviso qualcosa
s´illuminò nella sua mente. Prese le forbici dal cassetto e iniziò
a ritagliare dal giornale quella foto che tanto l´aveva colpita. -
Questa rimarrà con me - si disse e la portò nella scatola dove
custodiva articoli di giornale e altre foto che la interessavano.
La
guardò intensamente e le parlò come se quella avesse potuto
sentire: - eccoti qui, starai vicino a me e mi racconterai tutto
quello che sai. Tu parlerai piano piano e io scriverò. -
Poi
Elisa si mise al pc e cominciò a ticchettare sui tasti:
La
ragazza arrivò alla stazione trafelata. Il bigliettaio la
tranquillizzò dicendo che quel mattino il treno sarebbe arrivato in
ritardo di 10 minuti. Si guardò intorno con un sospiro di sollievo
mentre un ragazzo alto e slanciato la stava guardando sorridendo: -
ciao - le disse - ho avuto la stessa fortuna anch´io questa
mattina -
La
ragazza ricambiò il sorriso e si sedette esausta sulla panchina. -
Ogni tanto i ritardi sono una manna - rispose. Sorrisero entrambi
e, appena la ragazza si riebbe dal fiatone, si alzò e si diressero
ambedue fuori dalla sala d´attesa verso la pensilina dove, in
lontananza, il treno annunciava il suo arrivo con quel suo
fischio inconfondibile...