Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
  Narrativa generica  Noir  Storie di paese Prima Serie  I racconti del nonno  Fiabe  Horror  Storie di paese Seconda Serie  C'era una volta  Racconti di Natale 

  Racconti  »  Fiabe  »  Piccolo racconto di Natale n. 2 22/12/2006
 

Piccolo racconto di Natale n. 2

 

 

Verso sera iniziò a nevicare, prima qualche rado fiocco, poi, nel giro di pochi minuti, una vera e propria tormenta, che accelerò i passi della gente che affollava le strade il giorno della vigilia di Natale.

Giacomo alzò il bavero del cappotto, cercando anche di togliersi di dosso la neve, ma era inutile, tanta ne veniva; a differenza degli altri, certi della loro meta, proseguiva lentamente, gettando ogni tanto un'occhiata distratta alle vetrine sfavillanti.

Pensava a tutta quella gente che tornava a casa con i regali, che di lì a poco si sarebbe messa a tavola per l'immancabile e opulenta cena della giornata forse più importante dell'anno, e si sentì ancor più solo, lui che non era atteso da nessuno, se non da una casa vuota e fredda nonostante il calore del camino.

Non voleva rincasare, non poteva neppure immaginarsi seduto ad una tavola senza commensali se non se stesso; da quando gli era morta la moglie, aveva trascinato un'esistenza svilita di ogni emozione, di ogni sentimento, se non il ricorrente e tambureggiante ricordo di un passato sereno e felice.

Le ore passavano e ormai si avvicinava la mezzanotte; di gente per la strada non ve ne era più. Giacomo andava su e giù, senza più pensare, senza alcun senso ed allora si chiese se valeva la pena di vivere, non riuscendo a trovare un motivo che potesse giustificare un suo ulteriore permanere in questo mondo che tanto lo aveva dimenticato.

“Buon Natale” risuonò una voce alle sue spalle; si volse, ma non gli parve di vedere nulla nel fitto nevischio.

 “Buon Natale” e gli parve, dato il tono forte, che chi pronunciava quell'augurio inaspettato gli fosse più vicino di quanto non pensasse.

Si stropicciò gli occhi, guardò a lato, spostò anche lo sguardo in alto, ma fu solo quando volse il viso verso il basso che la vide, che vide o pensò di intravedere un volto minuto, dalla capigliatura rossa, che sbucava da una finestrella rasente il marciapiedi.

Era una bambina, una bellissima bambina dallo sguardo dolce e angelico.

Chinò il capo, si inginocchiò e il suo viso quasi sfiorò quello di lei; poté così osservare i suoi lineamenti perfetti, il nasino leggermente all'insù, la piccola bocca incorniciata da due sottili labbra rosa e, soprattutto, gli occhi grandi di un incredibile colore azzurro.

Fu un attimo, quasi un battito d'ali la sua mano che sfiorava quei lineamenti delicati, poi la figura si ritrasse dalla finestrella e sparì.

“Dove sei? Perché te ne vai?”, ma non ottenne risposta. Allora volse lo sguardo all'intero caseggiato e si accorse che era una chiesa. Trovò l'ingresso, camminando rasente il muro, ed entrò.

Non era ancora la mezzanotte e la gente doveva ancora arrivare; si inginocchiò di fronte al presepe e osservò le figure di cartapesta, la capanna con il bambino, Giuseppe e Maria, i pastori all'intorno e i due angioletti che quasi proteggevano la nascita del figlio di Dio.

Si ritrasse sgomento, guardò meglio, ma non c'erano dubbi: uno degli angioletti aveva il volto inconfondibile della bimba sconosciuta incontrata poco prima. Rimase a lungo attonito e intanto la chiesa si riempì di fedeli. La Messa  stava volgendo al termine, quando udì nuovamente quella voce “Buon Natale”; istintivamente guardò il presepe e noto immediatamente che dei due angioletti sopra la capanna ne mancava uno. Corse fuori e in affanno si diresse verso casa; ogni tanto sentiva, o gli sembrava di sentire quella voce, ora più vicina, talvolta più lontana.

Arrivato al suo caseggiato, aprì in fretta il portone, volò su per le scale, entrò come una furia nel suo appartamento.

Gli mancava il fiato per la corsa e udiva ormai l'augurio in continuazione; stravolto e in preda a una stanchezza indicibile si buttò sul letto, senza nemmeno spogliarsi, tanto era preso da un sonno incontrastabile.

Gli occhi si fecero sempre più pesanti e la luce sparì. Allora sognò, o immaginò  un prato verde con tante margherite in fiore, una donna che lo chiamava  e lui che a larghi passi, quasi saltellando, le si faceva incontro, un cielo terso, una luce accecante, un lontano suono di violini, poi più nulla.

Fu ritrovato da un parente nella tarda mattinata; giaceva sul letto immobile e completamente vestito.

Si parlò di un colpo apoplettico, ma il medico che visitò il cadavere non poté fare a meno di osservare la straordinaria serenità del volto, l'espressione invero felice degli occhi spalancati e, quasi per caso, notò un lungo capello rosso sulla guancia sinistra.

Giacomo seduto su una nuvoletta  guardava il mondo  e sorrideva tenendo per mano la moglie, i cui capelli emettevano ampi riflessi rossastri sotto la calda luce dell'eternità.

 

           

 

 

 
©2006 ArteInsieme, « 014982754 »