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  Racconti  »  Fiabe  »  Il segreto di Cocò 27/01/2006
 

- Questo posto è un vero paradiso, e non esagero; cibo ottimo e abbondante, ampi spazi per muoversi in tutta libertà, dei padroni che ci adorano, e…infine un galletto sempre pronto a fare il suo dovere. Che volete di più dalla vita?

Madame Ciccina si alzò impettita sul suo trespolo e rivolse uno sguardo altezzoso a tutte le colleghe, beandosi del discorsetto appena tenuto, e attendendo una risposta quale  pretendeva.

E infatti ci fu un coro unanime di sì.

Il galletto non era meno soddisfatto, visto che la decana del pollaio aveva giustamente messo in risalto le sue qualità, anche se onestamente doveva ammettere che la sua posizione risultava notevolmente agevolata dal fatto d'essere l'unico maschietto; in verità c'era anche un altro gallo, Chicchirichì, ma era talmente vecchio e decrepito che appena riusciva a reggersi in piedi, e che quindi era naturalmente impossibilitato a essere un concorrente.

Ciccina, acuta osservatrice, si era però accorta che l'assenso non era stato proprio unanime e che una non aveva aperto il becco.

- Cocò, non sei della mia opinione? Benedetti giovani, sempre scontenti, gli si potrebbe offrire il mondo e loro avrebbero qualche cosa da ridire. Perché non sei d'accordo?

- Sì, si mangia bene, c'è tutto quello che hai detto tu, ma resta il fatto che tutte non sono soddisfatte; infatti qualcuna ogni tanto se ne va.

- Ingrate, esseri spregevoli, ecco chi sono quelle che lasciano il pollaio.

- Ma la mia amica Zampetta era una brava gallina ed era contenta del posto, tanto che me l'aveva detto più volte. Eppure è da ieri che è sparita, da quando l'ha chiamata la padrona.

- C'ero quando è venuta la padrona e l'ha chiamata amorevolmente: questa è la prova che certe di voi hanno dei grilli per la testa.

La discussione fini lì e tutte si avviarono verso il letamaio a praticare il loro sport preferito: la caccia ai lombrichi.

 

Il giorno dopo, al risveglio, la padrona entrò nel pollaio e…

- Ciccina, Ciccina cara, vieni con me, dai vieni.

- Ragazze, vi saluto; la padrona ha riconosciuto di sicuro i mie meriti di abile amministratrice del gruppo e mi vorrà premiare: qualche leccornia speciale, certamente. Poi vi racconterò.

Il poi però non ci fu, perchè Ciccina non fece ritorno, come Zampetta e tante altre.

La circostanza fu motivo di accesa discussione nel pomeriggio; ci fu chi vide nell'assenza una particolare elevazione di rango della scomparsa, quasi una parificazione ai padroni e chi invece, più malignamente, ebbe a dire che certa gente predica bene, ma poi razzola male.

Solo Cocò non aprì il becco e se ne stette in un angolo cupa e tutta tremante.

Il galletto se ne accorse e le impose di dire la sua opinione, ma la gallina restò zitta. Poiché era evidente il suo stato di tensione, si ritenne di attribuirlo a una misteriosa malattia e pertanto si chiamò il vecchio e saggio Chicchirichì per un consulto.

 

 

 

Con il poco fiato che gli restava le chiese quale erano le ragioni del suo malessere, ma non ottenne risposta.

Il galletto allora decise di passare alle maniere forti e cominciò a beccarla sulla testa. Cocò restò impassibile, quasi non avvertisse il dolore. Chicchirichì  intervenne e fece smettere il manesco collega, stringendo a sé la povera Cocò.

- Dimmi cosa c'è, che cosa ti angustia.

- E' un segreto, Chicchirichì, un terribile segreto; se lo racconto, non mi crederete.

- Dai, sei una brava gallina, seria e rispettata da tutti. Perché non dovremmo crederti?

- E va bene, ma solo perché ho bisogno di sfogarmi. Dovete sapere che sul mezzogiorno, mentre facevo una passeggiatina, Full, il cane dei padroni, mi è corso dietro e io per sfuggirgli ho aperto le ali e ho fatto un balzo, breve, ma sufficiente a finire sul davanzale della finestra della cucina ed è allora che ho visto…

Tutte in coro – Che hai visto?

- Ho visto Madame Ciccina a tavola con i padroni.

- Quale onore per la nostra decana!

- Non avete capito: sulla tavola…

- Beh, i nostri modi sono po' grezzi, ma pensiamo che imparerà a sedersi come si deve.

E che mangiavano?

- Ragazze…, i padroni mangiavano Ciccina.

E il coro – Ma no! Impossibile!

- E invece sì; ricordo ancora la padrona che si portava alla bocca una coscia, l'addentava, masticava rumorosamente, poi diceva ripetutamente che era buona, tanto buona.

- No! No!

E tutte le galline si misero a correre all'intorno come impazzite; l'isterismo collettivo fu fermato con tono stanco, affranto, ma imperioso da Chicchirichì.

- Ragazze mie, temo che Cocò abbia detto la verità; ho sempre avuto dei sospetti per le sparizioni misteriose, ma non ho mai avuto l'occasione di vedere la scena che la nostra amica ci ha appena raccontato; inoltre, poco fa, mentre passavo vicino al secchio delle spazzature la mia attenzione è stata attirata da un mucchio di piume cremisi, tali e quali quelle di Ciccina.

- Come possiamo difenderci?

- In nessun modo: loro ci danno da mangiare senza che dobbiamo lavorare e noi contraccambiamo… con noi stessi, in un destino amaro, ma accettabile.

 

Passarono tre giorni di quiete, in un pollaio di colpo ammutolito, poi la mattina del quarto si affacciò la padrona.

Le galline, tutte tremanti, abbassarono il capo.

- Cocò, bella, vieni con me.

La chiamò più volte, ma lei non accennò a muoversi, anzi, quando vide avvicinarsi la padrona, spiccò un balzo e volò fuori dalla recinzione, correndo come impazzita il più lontano possibile. Dietro a sé sentiva la voce della donna sempre più vicina, le pareva quasi di avvertire il suo fiato. Arrivò così alla strada, percorsa da una moltitudine di mostri a quattro ruote come quello della padrona e quando si accorse che questa la stava afferrando, decise che quel giorno non avrebbe occupato il posto sulla tavola.

 

Il balzo colse di sprovvista il conducente del grosso autocarro e anche il tentativo di frenata fu inutile.

 

           

 

 

 

 

 
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