“E' una festa meravigliosa, amore mio; da quando
siamo insieme ho imparato il vero significato della parola felicità.” e guardava estasiato la donna che
aveva portato all'altare da appena sei mesi.
“Non parlare; parlo io, aggiungo solo che sono
felice.” E fece per abbracciare l'amata, allorché
avvertì netta, devastante, una stilettata al cuore. Barcollò, strabuzzò gli
occhi e vide il pavimento avvicinarsi sempre di più; poi la corsa in ambulanza,
mani febbrili che si agitavano sul suo petto, il pianto straziante della sua
donna. E l'anima scivolò fuori dal corpo ormai
esanime. “Non è possibile, morire proprio oggi che è Natale” urlò questa frase
che nessuno sentì. Lentamente, eterea, l'anima salì al cielo, dove un
compassionevole Iddio l'accolse.
“Se tu veramente comandi il mondo, non staccarmi
così da lei; fa che io almeno possa restarle accanto.”
Un cenno della mano ed ecco che lo spirito si
trasformò in un canarino che veloce scese a terra.
Nevicava, a larghe falde, e sbattendo le ali per il
freddo si posò sul davanzale della finestra della camera da letto. Con il becco
picchiettò sul vetro; la donna, stravolta dal dolore, era distesa sul letto e
volse lo sguardo. Quel piccolo essere intirizzito in quella giornata di morte
le sembrò meritevole di soccorso e lo fece entrare. Nei giorni successivi gli
diede anche una casetta, una piccola gabbia di metallo che troneggiava in
cucina accanto alla pendola.
Il tempo passava e lei non si risposò; lavorava
tutto il giorno ed alla sera quando rincasava si
sentiva rincuorata dalla presenza del canarino, che la fissava sempre e
sembrava pendere dalle sue labbra. Aveva provato a trovargli una compagna, ma
lui non l'aveva voluta; se ne stava ore ed ore zitto a
guardare la donna affaccendata nei lavori domestici.
E venne un altro Natale. “Certo che come canarino
non canti per niente; te ne stai sempre lì muto, a fissarmi, come se mi volessi
dire qualche cosa. Che cosa ti frulla in quella testolina?”
Ed il canarino cominciò a cantare una melodia
strana, che lasciò stupefatta la donna.
“Ma questa, questa è la canzone che ci piaceva
tanto, che il mio povero marito definiva la melodia del nostro amore!” e le
lacrime cominciarono a sgorgarle dagli occhi. Il canarino si interruppe e
ridivenne nuovamente muto. Per quanti sforzi, per quante preghiere, per quante
lusinghe la donna adottasse non riuscì a farlo più cantare, e questo silenziò durò fino al Natale
successivo, quando nuovamente il canarino cantò la canzone amata. Poi, di nuovo
il silenzio nei giorni seguenti fino ad un nuovo 25 dicembre. Si andò avanti
così per degli anni: l'uccellino che restava muto tutto l'anno e poi
immancabilmente il giorno di Natale riprendeva a cantare, solo una canzone,
solo quella.
Che avesse cominciato a capire qualche cosa la
donna? Non è dato di sapere, anche se più volte in tarda età accennò a un'amica
la stranezza di quell'esserino, che avrebbe già dovuto esser morto da un bel po' e che invece
restava giovane, tale e quale di quando lo aveva conosciuto.
Lei, invece, era naturalmente e progressivamente
sfiorita e ormai, assai avanti con gli anni, giaceva da tempo a letto, accanto al
quale aveva voluto fosse messa la gabbietta con il canarino.
E così si arrivò ad un nuovo Natale; nevicava, a
larghe falde, e faceva freddo. La donna era ormai più di là che di qua, ma aprì
gli occhi che corsero subito alla gabbietta a cercare il suo piccolo amico e
questi iniziò a cantare…..
Fu nel pomeriggio che la
sua amica la trovò esanime nel letto; istintivamente guardò la gabbietta e vide
che adesso c'erano due canarini; non nevicava più, era spuntato il sole con un
tepore quasi primaverile.
La vicina si asciugò le lacrime e parve capire;
aprì la finestra e poi la gabbietta. I due canarini iniziarono subito a cantare
una canzone che lei aveva già sentito ad ogni Natale.
“Andate, andate, finalmente insieme.”
E le due bestiole si involarono verso il cielo,
sempre più su, finché scomparvero alla vista degli umani.