Il nastro d'asfalto si avventava contro di me,
mentre lo stridio delle gomme nelle curve mi rimbombava nelle orecchie.
L'importante era correre, volare, lasciare dietro di me quel luogo e arrivare al rifugio. Ogni tanto si sentivano dei suoni cupi provenire dal baule: era il
verme che scalciava, ma l'avevo legato bene: quattro giri di corda, la bocca
tappata con il nastro adesivo e un bel cappuccio in testa.
Ecco finalmente la baita, dove avevo trascorso
tante ore gioiose con Lui, ricordi che ora mi torcevano lo stomaco, sogni,
speranze, tutto ormai svanito. E quel che era rimasto era solo dolore e
collera, un sentimento che emergeva da ogni parte di me, in un crescendo
incontrastabile.
Fermai l'auto e mi guardai intorno: non c'era
nessuno e chi avrebbe potuto esserci in quell'umida
giornata di novembre nei pressi di una baita a 1.500 metri d'altezza.
Aprii il baule, mi caricai il corpo sulle spalle ed arrancando entrai. Scaricai
il fagotto sull'assito di legno e mi asciugai il sudore che imperlava la
fronte.
Eccolo il verme dinnanzi a me, l'essere abominevole
che, dopo averne abusato, aveva soppresso il mio bambino. Catturato dalla
giustizia, liberato dalla giustizia per un cavillo legale, non sarebbe più
potuto sfuggire alla mia giustizia.
La sorte era stata decisa ancor prima della sua cattura, ma la morte sarebbe
stata troppo poco: la sua doveva essere una lunga, estenuante agonia..
Gli tolsi il cappuccio e due occhi attoniti mi
fissarono. Bene, molto bene, il verme aveva paura e perciò l'esecuzione sarebbe
stata più efficace. Pedofili li chiamano, bruti, violentatori, esseri infami, e
non ci sono parole che possano descriverli e che
permettano di spiegare la mia angoscia e l'odio che mi avvolgono. Il mio bimbo,
così dolce, così innocente, ancora all'alba della vita, rapito, stuprato,
seviziato ed infine strangolato! Ecco chi sono questi individui: esseri
schifosi che si sentono forti con i deboli e che non possono tollerare
l'innocenza. - Papà, che cos'è l'innocenza?- Mi aveva domandato un giorno ed io
gli avevo risposto, imbarazzato - Fidarsi del prossimo.
E lui si era fidato del prossimo che me lo aveva
ammazzato.
-Tieni, delinquente, un calcio è appena
l'antipasto!
Si alzò un gemito soffocato; gli strappai il nastro
adesivo che gli chiudeva la bocca, perché lo volevo sentir bene urlare di
dolore, implorarmi la pietà che non gli sarebbe mai stata riservata..
- Perché l'hai fatto, voglio sapere il perché;
perché una ragione, un motivo ci deve pur essere.
- Non lo capiresti mai.
Gli sferrai un altro calcio, questa volta in viso e
vidi con soddisfazione la pelle rompersi e sanguinare.
- Come puoi pensare di giudicarmi, come puoi sapere
se io capirò, oppure no? Me lo devi dire, altrimenti sarà un calcio dopo
l'altro - e per dar forza alla frase allungai con violenza il piede e questa
volta la punta della scarpa colpì la bocca, spaccando il labbro inferiore.
L'uomo non emise nemmeno un gemito, mi fissò negli
occhi, sputò saliva mista a sangue ed infine.
- Tuo figlio, od un altro era lo stesso, purchè giovane, con l'innocenza sul volto…
- Sei un porco, un maniaco sessuale, sarebbe da
tagliartele…
- Sì, c'è anche l'aspetto sessuale, ma è di
riflesso, perché se proprio vuoi saperlo il massimo del piacere è il senso di
onnipotenza, il sapere che puoi fare di quell'essere
qualsiasi cosa, come adesso tu con me.
- Sei proprio pazzo a
paragonarmi a te e questa motivazione non mi garba, non mi è sufficiente…
- Puoi torturarmi, continuare a scalciarmi, ma
questa è l'unica e vera motivazione, e che tu ci creda
o no è quella che muove il mondo; questa è la legge del più forte, quella
praticata da tutti i potenti.
Pensa alle guerre: quanta sete
di potere si cela dietro di loro; eppure, un capo di stato che inizia una
guerra non viene condannato, mentre uno come me viene punito. Non trovi che il mondo sia ingiusto?
- Ma sono cose completamente diverse…
- Dici? Non ne sarei così sicuro se fossi in te; là
sono omicidi legalizzati, nel mio caso sono comportamenti vietati, ma le
motivazioni sono le stesse per entrambi.
- Pazzesco;a poco a poco
sei tu che fai il processo a me.
- No, mi hai chiesto una spiegazione ed io te l'ho
data, e ti assicuro che non ce ne sono altre. Se io sono colpevole, egualmente
colpevoli sono tutti i potenti che soffocano i deboli.
- Di questo passo, insomma, nessuno sarebbe
colpevole, perché secondo te questa violenza, questo desiderio di onnipotenza
sarebbe innato nell'uomo…
- E' così ed anche tu
stai scoprendolo; nella tua vita non avresti mai pensato che il tuo lato oscuro
emergesse e prendesse il sopravvento; ti senti forte con davanti uno più
debole…
- Ma tu sei l'assassino, il mostro che ha ucciso
mio figlio!
- Questo è stato l'elemento che ha fatto scoccare
la scintilla, ti ha fatto scoprire il male che è in te.
-
E allora, nel tuo caso, qual è stato l'elemento, bastardo?
- Me lo vado ancora chiedendo e non sono ancora
riuscito a darmi risposta; in me
alberga da tempo immemorabile
questa passione per i bimbi, questo desiderio di soggiogarli, di impormi a loro
e non ti so spiegare la ragione di questa mania.
- Allora non sei pentito?
- Il pentimento è un'assurdità dell'uomo, è il
mezzo per liberarsi dal rimorso e mettere in pace la propria coscienza. No, non
sono pentito, ma non sono nemmeno soddisfatto; come dici tu sono un mostro, uno
dei tanti mostri che si manifestano in tanti modi: c'è chi uccide, c'è chi
sfrutta la povera gente, c'è chi illude inutilmente. Il mio vero problema, sai,
è che sono un uomo senza amore, e non pensare solo al sentimento esistente fra
un uomo ed una donna. L'amore è un concetto ben più complesso: tu amavi il tuo
bambino, ami tua moglie, sei sicuro di amare l'umanità? Altro genere di amore,
più grande che ben pochi hanno conosciuto: il donare se stessi senza chiedere
nulla in cambio. Io non ne son
capace, ma qualcuno c'è riuscito.
- E nemmeno mio figlio hai amato, almeno in un
certo modo?
- Vedi, il
desiderio sessuale è determinato unicamente dalla soddisfazione di disporre di
un essere come più ti aggrada.
- Sei pazzo, pazzo…
- No, anche nel tuo caso, se non c'è quel
particolare amore così raro.
- Sono stanco di sentirti, basta!
- Fai quel che vuoi, sei tu l'onnipotente ora.
Mi sembrava di
impazzire, con quei concetti così capovolti ed astrusi; come poteva pretendere
di insegnarmi com'è la vita un uomo simile; no, non era possibile.
Ma intanto la collera si era affievolita, l'odio
cieco si era assopito e piano piano affiorava in me
una pietà nascosta; quell'uomo, quell'assassino
non era più uno sconosciuto, era un essere con tanti problemi che aveva bisogno
di essere aiutato.
Ero sconvolto per il male che gli avevo fatto, gli
asciugai il sangue che ancora usciva dalle ferite, gli sciolsi i nodi, lo misi
su una sedia e lo fissai negli occhi:
- Promettimi che non lo farai più, che nessun altro
essere soffrirà ancora per te.
- Non posso prometterti una cosa simile; non sono
cambiato, sono sempre stato così.
- Volevo vendicarmi, ma non ce la faccio; mi
ripugna, mi vergogno…
- Tu sei una gran brava persona, in te l'amore è
più forte del male; potessi essere così pure io! Forse, un giorno…
- Vai via, corri, fuggi, sparisci dalla mia vita!
- Grazie, uomo. - E fuggì lungo il viottolo di
montagna.
Da quel giorno non l'ho più rivisto, neppure in
Tribunale durante il processo di appello che questa volta lo vedrà senz'altro
riconosciuto colpevole, senza cavilli o quisquilie giuridiche.
La mia giornata è sempre la stessa; di pomeriggio,
verso sera, vado al cimitero, a trovare mio figlio. Gli parlo, mi sembra che
sia lì che mi ascolti, ma è solo un sogno che il tempo non riuscirà mai a
cancellare.
Anche oggi vado, oggi che è il
giorno prima della sentenza. Piove, anche se è primavera; imbocco il
vialetto e mi fermo: sono passati dei mesi, ma non posso dimenticare quel
volto. E' lì, accanto alla tomba del mio bambino, e piange; sono singhiozzi
convulsi che scuotono il suo corpo. Mi avvicino e si accorge di me.
- Non ce la faccio più; povero bimbo, ma che cosa
gli ho fatto!
- Sei pentito?
- Non so, ma vorrei che potesse tornare a vivere.
E' da giorni che mi si contorce lo stomaco, che mi rendo conto di quello che ho
fatto.
- Ed allora perché, come mi ha riferito il mio
avvocato, quando il giudice ti ha chiesto se eri pentito hai detto di no?
Si asciuga le lacrime, s'incammina lentamente verso
l'uscita e mi mormora - Non c'è colpa senza condanna. Nessuna pietà: è giusto.