Le
parole
di
Renzo Montagnoli
Silenziose
se ne stavano in attesa sul tavolo da
lavoro, il vecchio mobile di quercia su cui soleva scrivere l´autore.
Lui non c´era, ma sapevano che prima o poi sarebbe venuto per
raccoglierle e accompagnarle in viaggi irripetibili che solo il suo
estro riusciva a trovare. Si guardavano l´un l´altra e ognuna
ricordava l´ultimo percorso, quell´itinerario fatto di panorami
mozzafiato che loro avevano ammirato facendone parte. Il punto di
domanda stava in un angolo, dubbioso, al contrario del punto
esclamativo, che sembrava sicuro di sé. C´erano tutte, non ne
mancavano, erano presenti persino gli umili articoli, consapevoli
tuttavia della loro importanza. L´attesa si protraeva e così anche
la speranza di essere prescelte, come i contadini delle Murge o i
braccianti
dell´Aspromente nella piazza del paese desiderosi di essere
chiamati al lavoro dal caporale.
Lui,
lo scrittore, però non arrivava ed erano giorni che mancava, che non
riusciva a trovare nuovi percorsi, gli mancava la fantasia, quella
fantasia che altre volte aveva permesso di realizzare qualcosa di
strepitoso, racconti intensi e attraenti, vicende capaci di tenere
avvinto il lettore dalla prima all´ultima pagina, dalla prima
parola all´ultima.
Qualcosa
di misterioso però diceva loro che quella giornata sarebbe stata
quella buona, quella di un nuovo meraviglioso viaggio e infatti lui
entrò nello studio e si sedette al tavolo. Le parole restarono con
il fiato sospeso, mentre lui cercava nei meandri della sua mente quel
qualcosa di nuovo, quel racconto che da tempo aspettava di essere
scritto. Si vedeva chiaramente che si arrovellava, si notava la
pulsione del sangue nelle vene delle sue tempie, arrivava la
delusione per non riuscire a cogliere nulla e infine subentrò la
stanchezza che gli fece chiudere gli occhi, appoggiare il capo al
tavolo e addormentarsi. Fu allora che le parole si mossero, come un
esercito bene organizzato, come una falange greca entrarono
ordinatamente nel suo sogno, si attaccarono ai neuroni per aiutarlo a
vivere di nuova vita.
Quanto
durò il sonno non si sa, ma fu senz´altro breve e allorché lui si
risvegliò aveva una luce diversa negli occhi, come di uno che avesse
ritrovato se stesso.
Prese
la penna, al che le parole gioirono, ma rimase con quella in mano
dubbioso.
Si
guardò all´intorno, poi prese a parlare fra sé:"L´idea
finalmente c´è ed è buona, cominciamo, ma prima è meglio che
scriva il titolo, che è tutta l´essenza di questo racconto. Come
lo chiamo? Deve essere qualcosa che esprime tutto. Ah, ecco ho
trovato, lo intitoliamo Le
parole".