Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
  Narrativa generica  Noir  Storie di paese Prima Serie  I racconti del nonno  Fiabe  Horror  Storie di paese Seconda Serie  C'era una volta  Racconti di Natale 

  Racconti  »  Narrativa generica  »  Divorzio all’italiana 03/08/2024
 

Divorzio all´italiana

di Renzo Montagnoli



Tranquilli, non intendo parlare del celebre film diretto da Pietro Germi e interpretato da Marcello Mastroianni e Daniela Rocca, ove si narra un episodio accaduto in tempi più recenti.

Il divorzio, o meglio la soluzione per liberarsi di una moglie di cui intendo parlare avviene in un´epoca di molto passata, precisamente nel 1391 allorché Agnese Visconti, figlia del signore di Milano Bernabò fu privata della vita, mediante decapitazione, per ordine del marito Francesco I Gonzaga, quarto capitano del popolo e di fatto signore assoluto di Mantova.

Se qualcuno si chiede il perché del mio interesse per una vicenda accaduta in tempi così remoti dico semplicemente che è stata la mia curiosità indotta dalla scritta su una lapide, posta nel XIX secolo, nel giardino dove avvenne l´esecuzione. Riporto di seguito integralmente quanto vi è inciso. "In questi pressi nel febbraio 1391 venne decapitata Agnese Visconti sposa di Francesco Gonzaga, capitano del popolo, nell´età di 23 anni". La semplice lettura non spiega però il motivo di quella decapitazione e pertanto ho fatto qualche ricerca. Non intendo cimentarmi con un saggio storico, me ne guardo, non è materia mia, piuttosto, senza allontanarmi troppo dalla verità, è mio desiderio scrivere del perché avvenne quell´esecuzione. .

E´ il 15 agosto del 1375 e a Milano è gran festa per il matrimonio fra Agnese Visconti, la figlia prediletta di Bernabò, e Francesco Gonzaga, rappresentato da un procuratore per la consegna dell´anello. Infatti gli sposi sono giovani, anzi ancora bambini; resta inteso che il trasferimento della sposa a Mantova, con la possibilità quindi di consumare il matrimonio potrà avvenire solo quando lo sposo diventerà adolescente, vale a dire nel 1380. Come è d´uso non è un matrimonio d´amore, ma d´interesse politico e dinastico. La sposa è molto bella, a detta dei cronisti dell´epoca e come appare anche in un famoso dipinto attribuito al Pollaiolo, ma viene colpita dal vaiolo proprio verso la fine del 1380, così che arriverà a Mantova nel 1381, guarita, ma purtroppo con il viso butterato dal morbo; lui è di normale aspetto, non ha ancora tracce della tara di famiglia, la famosa gobba, che inizierà nei successori dopo l´unione matrimoniale con Margherita Malatesta.

Purtroppo i matrimoni così congegnati, legati più alle vicende politiche temporali che alla reciproca attrazione, scontano conseguenze a volte impensabili. In particolare, si dà il caso che Agnese non riesca a partorire un figlio maschio, il tanto agognato erede che possa mantenere in vita il casato dei Gonzaga, mettendo al mondo invece solo una femmina, Alda, nascita che produrrà nel fisico della madre condizioni di salute talmente precarie da impedirle un nuovo concepimento.

Non è tanto la femmina venuta alla luce, quanto invece la sentenza dell´impossibilità di poter ancora procreare che arriva come una mazzata sulla testa di Francesco Gonzaga e, come se non bastasse questo problema, arriva la sua successione al padre Ludovico, ragion per la quale le grane dinastiche si fanno pressanti al punto che, continuamente sollecitato dai consiglieri, comincia a valutare l´ipotesi di trovare una sostituta ufficiale, in grado di dargli il tanto sospirato maschio. E poiché, come spesso accade, le disgrazie finiscono per sommarsi, capita che nel 1385 Gian Galeazzo Visconti spodesti lo zio Bernabò, imprigionandolo e uccidendolo con il veleno, riservando la stessa sorte avversa ai suoi figli maggiori, mentre i minori, Carlo e Mastino riescono a fuggire e da esiliati chiedono aiuto alla sorella. Immaginiamoci se Francesco accoglie le loro suppliche, visto che si è già affrettato a stipulare un nuovo trattato di amicizia con Gian Galeazzo. Così, i rapporti, già freddi fra i coniugi, diventano gelidi e in Francesco comincia a maturare l´idea di liberarsi della moglie, ormai inutile come alleanza, anzi pericolosa per la sua amicizia con il nuovo signore di Milano, ma anche perché sempre più impellente diventa la necessità dell´erede maschio. Fra l´altro Agnese, pur nei limiti notevoli della sua posizione, ha cominciato a tramare contro Milano, una mossa imperdonabile che accelera la necessità di una soluzione rapida e definitiva. Le spie di Gian Galeazzo sanno e riferiscono al padrone; questi, a sua volta, non manca di chiedere a Francesco la conferma della sua amicizia, richiesta necessaria visto che nella sua famiglia c´è chi rema contro. Ed è lo stesso Gian Galeazzo che consiglia al Gonzaga di mettere accanto alla moglie dei giovani prestanti, di bell´aspetto, soprattutto fra questi Antonio da Scandiano che non dissimula l´attrazione che Agnese esercita su di lui. A palazzo i pettegolezzi, materia di ogni giorno, si moltiplicano e si arriva a una soffiata in cui si accusa apertamente Agnese di adulterio, consumato proprio con Antonio da Scandiano. Riguardo all´accusa non ci è dato di sapere quanto ci sia di vero, restando però evidente che la tresca ben difficilmente avrebbe potuto aver luogo, visto che Agnese era sempre circondata da damigelle; è ben più probabile invece che si sia trattato di un amore platonico, fatto di galanterie senza effusioni. Comunque le testimonianze, prima scagionanti, poi cambiate dopo qualche tratto di corda, ci sono state e inchiodano sia lui che lei; si imbastisce così un processo che è una farsa, perché già in partenza le sentenze sono scritte e sono di morte (impiccagione per Antonio e decapitazione per Agnese).

E´ l´alba di una fredda giornata (il 3 febbraio del 1391) quando Agnese appoggia la sua testa sul ceppo del boia; non ci è dato di sapere se questi abbia utilizzato un´ascia o uno spadone, non ci sono notizie al riguardo, si sa solo che lei e Antonioi vennero sepolti in loco, poi subentrò l´oblio, per il semplice fatto che, oltre alle loro vite, doveva esserne cancellata la memoria.

Francesco riuscì così nel doppio intento di liberarsi di una moglie scomoda e di trovare una nobile per un´utile alleanza politica, ma soprattutto in grado di generare il suo erede. Infatti impalmò Margherita Malatesta, che quattro anni prima di morire mise alla luce Federico II Gonzaga.

Ogni volta che passo di lì, che cerco un po´ di quiete fra il verde sovrastato dalle antiche mura, butto un occhio inevitabilmente su quella lapide, ora consapevole a che cosa ri riferisca, e mi sforzo di immaginare gli ultimi passi di una donna schiava di un destino ingrato, vittima della pressoché nulla considerazione che aveva il suo sesso. Non riesco invece a immaginare Antonio da Scandiano penzolante da una forca, eppure anche lui fu vittima della ragion di stato, uno strumento di una congiura a cui volendo avrebbe potuto sottrarsi se fosse stato più accorto, mentre per Agnese il destino era in ogni caso già segnato.

Tante famiglie nobili e famose hanno nascosto dei cadaveri negli armadi e questo ha riguardato anche i Gonzaga, a testimonianza che il potere per essere raggiunto e difeso necessita di una buona dose di cinismo e soprattutto di una spanna di pelo sul cuore.



Fonti:

La Storia Viva;

Lo splendidissimo Duca;

mantovastoria.



 
©2006 ArteInsieme, « 014612180 »