Divorzio
all´italiana
di
Renzo Montagnoli
Tranquilli,
non intendo parlare del celebre film diretto da Pietro Germi e
interpretato da Marcello Mastroianni e Daniela Rocca, ove si narra un
episodio accaduto in tempi più recenti.
Il
divorzio, o meglio la soluzione per liberarsi di una moglie di cui
intendo parlare avviene in un´epoca di molto passata, precisamente
nel 1391 allorché Agnese Visconti, figlia del signore di Milano
Bernabò fu privata della vita, mediante decapitazione, per ordine
del marito Francesco I Gonzaga, quarto capitano del popolo e di fatto
signore assoluto di Mantova.
Se
qualcuno si chiede il perché del mio interesse per una vicenda
accaduta in tempi così remoti dico semplicemente che è stata la mia
curiosità indotta dalla scritta su una lapide, posta nel XIX secolo,
nel giardino dove avvenne l´esecuzione. Riporto di seguito
integralmente quanto vi è inciso. "In questi pressi nel febbraio
1391 venne decapitata Agnese Visconti sposa di Francesco Gonzaga,
capitano del popolo, nell´età di 23 anni". La semplice lettura
non spiega però il motivo di quella decapitazione e pertanto ho
fatto qualche ricerca. Non intendo cimentarmi con un saggio storico,
me ne guardo, non è materia mia, piuttosto, senza allontanarmi
troppo dalla verità, è mio desiderio scrivere del perché avvenne
quell´esecuzione. .
E´
il 15 agosto del 1375 e a Milano è gran festa per il matrimonio fra
Agnese Visconti, la figlia prediletta di Bernabò, e Francesco
Gonzaga, rappresentato da un procuratore per la consegna dell´anello.
Infatti gli sposi sono giovani, anzi ancora bambini; resta inteso che
il trasferimento della sposa a Mantova, con la possibilità quindi di
consumare il matrimonio potrà avvenire solo quando lo sposo
diventerà adolescente, vale a dire nel 1380. Come è d´uso non è
un matrimonio d´amore, ma d´interesse politico e dinastico. La
sposa è molto bella, a detta dei cronisti dell´epoca e come appare
anche in un famoso dipinto attribuito al Pollaiolo, ma viene colpita
dal vaiolo proprio verso la fine del 1380, così che arriverà a
Mantova nel 1381, guarita, ma purtroppo con il viso butterato dal
morbo; lui è di normale aspetto, non ha ancora tracce della tara di
famiglia, la famosa gobba, che inizierà nei successori dopo l´unione
matrimoniale con Margherita Malatesta.
Purtroppo
i matrimoni così congegnati, legati più alle vicende politiche
temporali che alla reciproca attrazione, scontano conseguenze a volte
impensabili. In particolare, si dà il caso che Agnese non riesca a
partorire un figlio maschio, il tanto agognato erede che possa
mantenere in vita il casato dei Gonzaga, mettendo al mondo invece
solo una femmina, Alda, nascita che produrrà nel fisico della madre
condizioni di salute talmente precarie da impedirle un nuovo
concepimento.
Non
è tanto la femmina venuta alla luce, quanto invece la sentenza
dell´impossibilità di poter ancora procreare che arriva come una
mazzata sulla testa di Francesco Gonzaga e, come se non bastasse
questo problema, arriva la sua successione al padre Ludovico, ragion
per la quale le grane dinastiche si fanno pressanti al punto che,
continuamente sollecitato dai consiglieri, comincia a valutare
l´ipotesi di trovare una sostituta ufficiale, in grado di dargli il
tanto sospirato maschio. E poiché, come spesso accade, le disgrazie
finiscono per sommarsi, capita che nel 1385 Gian Galeazzo Visconti
spodesti lo zio Bernabò, imprigionandolo e uccidendolo con il
veleno, riservando la stessa sorte avversa ai suoi figli maggiori,
mentre i minori, Carlo e Mastino riescono a fuggire e da esiliati
chiedono aiuto alla sorella. Immaginiamoci se Francesco accoglie le
loro suppliche, visto che si è già affrettato a stipulare un nuovo
trattato di amicizia con Gian Galeazzo. Così, i rapporti, già
freddi fra i coniugi, diventano gelidi e in Francesco comincia a
maturare l´idea di liberarsi della moglie, ormai inutile come
alleanza, anzi pericolosa per la sua amicizia con il nuovo signore di
Milano, ma anche perché sempre più impellente diventa la necessità
dell´erede maschio. Fra l´altro Agnese, pur nei limiti notevoli
della sua posizione, ha cominciato a tramare contro Milano, una mossa
imperdonabile che accelera la necessità di una soluzione rapida e
definitiva. Le spie di Gian Galeazzo sanno e riferiscono al padrone;
questi, a sua volta, non manca di chiedere a Francesco la conferma
della sua amicizia, richiesta necessaria visto che nella sua famiglia
c´è chi rema contro. Ed è lo stesso Gian Galeazzo che consiglia
al Gonzaga di mettere accanto alla moglie dei giovani prestanti, di
bell´aspetto, soprattutto fra questi Antonio da Scandiano che non
dissimula l´attrazione che Agnese esercita su di lui. A palazzo i
pettegolezzi, materia di ogni giorno, si moltiplicano e si arriva a
una soffiata in cui si accusa apertamente Agnese di adulterio,
consumato proprio con Antonio da Scandiano. Riguardo all´accusa non
ci è dato di sapere quanto ci sia di vero, restando però evidente
che la tresca ben difficilmente avrebbe potuto aver luogo, visto che
Agnese era sempre circondata da damigelle; è ben più probabile
invece che si sia trattato di un amore platonico, fatto di galanterie
senza effusioni. Comunque le testimonianze, prima scagionanti, poi
cambiate dopo qualche tratto di corda, ci sono state e inchiodano sia
lui che lei; si imbastisce così un processo che è una farsa, perché
già in partenza le sentenze sono scritte e sono di morte
(impiccagione per Antonio e decapitazione per Agnese).
E´
l´alba di una fredda giornata (il 3 febbraio del 1391) quando
Agnese appoggia la sua testa sul ceppo del boia; non ci è dato di
sapere se questi abbia utilizzato un´ascia o uno spadone, non ci
sono notizie al riguardo, si sa solo che lei e Antonioi vennero
sepolti in loco, poi subentrò l´oblio, per il semplice fatto che,
oltre alle loro vite, doveva esserne cancellata la memoria.
Francesco
riuscì così nel doppio intento di liberarsi di una moglie scomoda e
di trovare una nobile per un´utile alleanza politica, ma
soprattutto in grado di generare il suo erede. Infatti impalmò
Margherita Malatesta, che quattro anni prima di morire mise alla luce
Federico II Gonzaga.
Ogni
volta che passo di lì, che cerco un po´ di quiete fra il verde
sovrastato dalle antiche mura, butto un occhio inevitabilmente su
quella lapide, ora consapevole a che cosa ri riferisca, e mi sforzo
di immaginare gli ultimi passi di una donna schiava di un destino
ingrato, vittima della pressoché nulla considerazione che aveva il
suo sesso. Non riesco invece a immaginare Antonio da Scandiano
penzolante da una forca, eppure anche lui fu vittima della ragion di
stato, uno strumento di una congiura a cui volendo avrebbe potuto
sottrarsi se fosse stato più accorto, mentre per Agnese il destino
era in ogni caso già segnato.
Tante
famiglie nobili e famose hanno nascosto dei cadaveri negli armadi e
questo ha riguardato anche i Gonzaga, a testimonianza che il potere
per essere raggiunto e difeso necessita di una buona dose di cinismo
e soprattutto di una spanna di pelo sul cuore.
Fonti:
La
Storia Viva;
Lo
splendidissimo Duca;
mantovastoria.