Lo
sconosciuto
di
Renzo Montagnoli
Lo
si vedeva solo la mattina quando usciva di casa per la spesa al
supermercato; alto, magro, i capelli imbiancati parlava lo stretto
necessario, come per l´ordinazione al banco della carne, e ai più
sembrava di aver sentito la sua voce solo quando rispondeva, rapido,
ma cortese, al saluto. Nessuno sapeva da dove venisse, di che
campasse e l´unica cosa certa era che di debiti non ne aveva,
almeno in paese. Pagava sempre in contanti la spesa e l´affitto del
monolocale, insomma a parte il cognome, non italiano e assai
complicato che nessuno riusciva a imparare e preferiva scordare
subito per non tirare qualche moccolo, era un perfetto sconosciuto,
tanto che si cominciò a chiamarlo il signor X. C´è chi aveva
provato a stabilire un contatto, ma inutilmente, l´uomo si negava,
gentilmente, ma si negava, quasi volesse fare una vita da eremita.
Nel monolocale viveva da solo, non aveva mai visite, non aveva
neppure l´allacciamento telefonico e quando il padrone di casa
aveva voluto sapere qualcosa, prima di affittare l´appartamento, lo
aveva tacitato con 12 mesi di pigione anticipati. Qualcuno aveva
addirittura ipotizzato che fosse un ricercato, nascosto lì per
sfuggire più che alla giustizia a dei feroci assassini, ma lo
sguardo mite, il lieve sorriso, che gli increspava il viso e che pur
tuttavia nascondeva una tristezza di fondo quando qualcuno lo
salutava, tendeva a smentire ogni ipotesi, quell´uomo non poteva
essere un delinquente e comunque non poteva aver avuto a che fare con
dei criminali.
Poco
a poco la curiosità sfumò e il signor X divenne l´anziano che
ogni mattina andava al supermercato e che con gentilezza
contraccambiava chi lo salutava; da perfetto sconosciuto diventò uno
del paese e di questo forse comincio ad accorgersi anche lui, perché
prese a uscire anche nel pomeriggio, due passi e nulla più, però
era già una novità, come il caffè al bar la mattina, una sosta
veloce senza scambiare due parole.
Fu
in un´uscita pomeridiana che avvenne il fatto; erano da poco finite
le scuole e gli alunni, finalmente liberi, sciamavano per le vie del
paese, si rincorrevano, si facevano scherzi, giocavano anche a palla
e fu proprio una palla che lo colpì con violenza, tramortendolo.
Accorsero alcuni uomini, lo misero su un auto e lo portarono dal
medico. Qui, gli tolsero la camicia anche per misurargli la pressione
e sull´avambraccio sinistro videro un numero tatuato. Intanto il
signor X si stava riprendendo e come si accorse di essere senza
camicia si coprì velocemente con la stessa mostrando chiaramente un
atteggiamento di paura. Qualcuno dei presenti stava forse per
chiedergli cosa significasse quel numero, ma il medico lo zittì,
continuò la visita e poiché l´infortunato stava meglio pregò i
presenti di portarlo a casa sua. Così fecero, ma quando arrivarono
al suo monolocale lui, pur ringraziando, non volle farli entrare.
Poi
le voci corsero in paese e ci volle poco per capire che quel numero
tatuato era apposto agli ebrei che entravano nei campi di
concentramento nazisti.
Il
signor X riprese la sua solita vita, ma quelli del paese si
convinsero di conoscerlo ora di più, se non altro sapevano che era
ebreo e qualcuno anche se lo immaginava con la stella gialla sulla
giubba da detenuto, ovviamente molti anni prima. Sì, quello era un
uomo che aveva sofferto e probabilmente soffriva ancora, ma ora la
gente lo vedeva con occhi diversi in un sentimento misto di pietà e
di compassione. Quando rispondeva al saluto si sentivano stranamente
partecipi del suo dolore e anche il buongiorno che il barista gli
rivolgeva la mattina non era una convenzione, era partecipazione.
I
suoi occhi erano sempre tristi, ma si vedeva che per lui era una
consolazione vivere lì, un´oasi di rispetto per la sua sofferenza
prima dell´ultimo passo che venne presto. Una mattina non si vide
in giro, e lo stesso la successiva, tanto che si pensò giustamente
male; furono avvisati i carabinieri, la porta del monolocale fu
forzata ed entrarono. Era seduto in poltrona e sembrava che dormisse
beatamente, visto che il viso accennava a un sorriso.
Sulla
parete di fronte le foto di una donna e di due bambini, foto vecchie,
in bianco e nero, probabilmente la sua famiglia, e su un tavolino
sotto le stesse un foglio con sopra scritto: "Perché lasciarmi
in vita senza di voi?".
In
un altro foglio sul tavolo le sue ultime volontà:"Lascio il
poco che ho agli abitanti di questo paese che conoscono cosa sia la
compassione. Grazie, grazie di tutto ".