Il
fosso sepolto
di
Renzo Montagnoli
Sono
in auto con il nonno, procediamo lungo la provinciale e seguo le sue
indicazioni, sempre più incerte. Oggi è una bella
giornata di sole, non fa né caldo, né freddo ed è
per questo che ho acconsentito al desiderio di questo vecchio di
rivedere, per un’ultima volta, il fosso in cui da ragazzo
andava a pescare.
Quando
ho visto il cielo azzurro, ho detto <<Adesso, o mai più.>>,
perché i medici si sono espressi laconicamente, mi hanno messo
una mano sulla spalla, scuotendo la testa, insomma il mio adorato
nonno è prossimo al capolinea. Lui lo sa e non ne ha fatto una
tragedia, perché mi ha detto che in fondo aveva vissuto e che
dopo la morte della nonna la sua era stata solo un’attesa per
quell’ultima fermata. Ha espresso solo un desiderio, rivedere
quel fosso.
Mentre
andiamo, me ne parla:” Immaginati una roggia dove l’acqua
limpida scorre veloce, prima dritta e poi a semi curve, di nuovo
dritta prima di arrivare al vecchio mulino, di cui ho nelle orecchie
ancora il rumore della macina. Gra gra gra, sembrava una cornacchia,
ed era l’unico suono, a parte il brusio degli insetti. Arrivavo
presto la mattina con la mia canna, il barattolino con i vermi, ma
non portavo il guadino. A me piaceva l’attesa, vedere il filo
che si tendeva quando il pesce abboccava, fare forza per trarlo a
riva, ma poi, con delicatezza, gli toglievo l’amo della bocca e
lo rimettevo nell’acqua. Sono convinto che lui capisse, perché
restava un attimo a guardarmi e poi andava. Ho sempre amato gli
animali, perfino le bisce che lì abbondavano e che quando
passavano vicino sembrava che mi salutassero. L’erba del fosso,
il filare di salici, il volo di un airone, una natura in cui mi
immergevo con rispetto e devozione, e quando il sole saliva, al pari
della temperatura, mi spogliavo e nudo facevo un bagno rinfrescante.
Una volta, curioso, ho voluto vedere come funzionava il mulino e il
mugnaio mi ha fatto entrare, con la macina imbiancata come fosse
nevicato che girava grazie all’energia motrice dell’acqua.
Era un edificio molto vecchio, si diceva del ‘700, insomma
ormai una rarità e spero che ci sia ancora.
Forse
tu non puoi capire, sei nato in un’altra epoca, in un periodo
in cui l’uomo è convinto di poter dominare la natura,
senza nessun rispetto per la stessa. Non ci sono più albe che
ti fanno ritrovare la gioia di svegliarti, né più
tramonti che pur stringendoti il cuore ti danno tanta serenità.”
“Sì, nonno, invece credo di capire di una vita meno
ricca, ma anche meno frenetica”. “ E poi, quando sono
cresciuto, la prima volta che sono uscito con quella che sarebbe
diventata tua nonna l’ho portata in questo posto. Ricordo come
se fosse ieri: era il tramonto di un caldo giorno d’estate,
camminavamo mano nella mano, poi ci siamo fermati rivolti a occidente
che si arrossava sempre più, c’era una quiete
incredibile, e lontano, contro il sole morente, volava un airone; ci
siamo abbracciati e ci siamo dati il primo bacio, un’emozione
indimenticabile.” “Nonno, ti voglio bene, te ne voglio
tanto.”
“Ma
dov’è il fosso? Dovremmo già essere arrivati, ma
non vedo niente.” Osservo la strada, c’è una
rientranza ai lati e decido di fermarmi, visto che c’è
un contadino che si riposa accanto a un trattore. Scendiamo, il nonno
è incerto sulle gambe con la sua vita appesa a un filo.
Domando al contadino dove si trova la roggia con il vecchio mulino.
Mi guarda quasi stupito, poi osserva il nonno e capisce. “E’
stato tombato una ventina di anni fa, per allargare la strada, e in
quell’occasione hanno abbattuto anche il mulino.” Il
nonno non parla, si guarda intorno smarrito, poi mi fa cenno di
ritornare a casa. Riparto, ma vorrei restare, vorrei una bacchetta
magica per far tornare quel posto come era tanto tempo fa, non dico
niente, ma il nonno, a cui si sono inumiditi gli occhi, parla per
me:” Hanno sepolto il fosso, hanno distrutto il mulino, non c’è
più nulla della mia gioventù, è stata sepolta
anche lei. Così va il mondo e fra poco andrò anch’io.”
Poi
si rannicchia sul sedile, le lacrime scendono libere lungo le gote,
prende il fazzoletto, si asciuga il viso e gli occhi e dice:”
Non c’è più, ma è ancora dentro di me e
verrà via con me.”.
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