Intervista
di Renzo Montagnoli a Gaspare Armato autore del saggio Il senso storico del flâneur, pubblicato
da Autorinediti
Sono consapevole della
tua passione per tutto quanto costituisce “storia” e anche per la letteratura,
ma devo dire che questo tuo saggio mi ha un po' sorpreso per l'indubbia
originalità dell'argomento trattato. Quale è stata la genesi del libro?
Grazie Renzo.
Tutto ebbe inizio una quindicina di
anni fa, forse più, in Sudamerica, a San Gil. Camminavo
per il Parque Gallineral,
nel municipio della piccola San Gil, a pochi
chilometri da Bucaramanga, nel dipartimento di Santander,
quando una donna mi ferma, insistendo leggermi la mano. “Sarai
un viaggiatore. Diverso. Abiterai i luoghi. Tu
e loro sarete uno”. Ahimè, e non
aveva torto, giacché parte di quell'esperienza era già in me, e parte doveva
accadere – e accadde – e parte, sono sicuro, accadrà. Ma cosa
c'entra questo con il libro che ho scritto non lo so, ma c'entra, e forse
tanto, forse perché nelle pagine che scriviamo c'è talvolta una parte della
nostra vita, del nostro essere. Dopotutto, il nostro carattere, volenti o
dolenti, si palesa in qualsiasi cosa facciamo, sia
anche una analisi storica. Ed eccoci al punto: la Storia, l'indagine, l'essere flâneur,
il bighellonare alla ricerca del passato. Proprio da quel giorno, o poco dopo,
mi venne in mente abbozzare un piccolo saggio che parlasse del “pedone attento”, e del suo spiccato
senso storico che coltiva internamente, che è oltretutto alla base di una buona
investigazione. Ma la disponibilità di tempo, lo sappiamo bene, non sempre ci
viene incontro, e allora quell'idea la lasciai in un cassetto insieme ad alcuni
appunti, che mi seguirono nel mio peregrinare. Poi, nel gennaio 2010, presi coraggio, aprii la
vecchia cartella ancora legata con un elastico annodato più volte e mi misi
all'opera: era giunto il tempo.
Per
essere un flâneur non penso sia indispensabile avere
un senso storico, anche perché Baudelaire, che mi pare abbia coniato questo
termine, bighellonasse soprattutto per cercare spunti per la sua produzione
poetica, un po' come faccio anch'io. Certo, l'osservare camminando, senza un
preciso scopo, può far cogliere particolari, spesso
nelle nostre antiche città, che ci svelano una storia che magari si credeva di
conoscere. E' un po' quello che accade nella III parte del tuo saggio
intitolata appunto “Pedinando uno storico flâneur a
Pistoia”, pedinamento che può essere benissimo il frutto di una tua invenzione,
ma che serve a spiegare il metodo da usare, cogliendo anche l'opportunità di
fornire ragguagli storici e artistici della tua città. Però, e questa è la
domanda, flâneur si nasce o si diventa?
Per dirla con Baudelaire, flâneur si nasce: “Non a tutti è dato di
prendere un bagno di moltitudine: godere della folla è un'arte; e può
concedersi un'orgia di vitalità a spese del genere umano soltanto quello a cui
una fata abbia insufflato fin dalla culla il gusto del travestimento e della
maschera, l'odio del domicilio e la passione del viaggio.”
E chi si occupa di storia, per completare e complementare i suoi
studi, o le sue ricerche, ha bisogno di scendere “in campo”, nelle piazze,
nelle vie, nelle campagne, ha bisogno di “toccare”, “percepire” la Storia, insomma ha bisogno
di sentirla nella propria pelle.
Si potrebbe anche dire
che il flâneur, dall'osservazione del particolare,
respira la storia, nel senso che ritorna indietro nel tempo e vede anche oltre
l'immagine dei suoi occhi. Tuttavia, per studiare la storia, per cercare di
avvicinarsi alla verità di un fatto, non è sufficiente l'osservazione del
pedone ozioso, ma questa può costituire uno stimolo, può far sorgere un'idea,
un percorso di ricerca per arrivare allo scopo. E' così?
In un certo senso sì, bisogna pur
essere spinti dalla curiosità, dalla voglia di ricerca, bisogna entrare nelle
dinamiche dei tempi, capire che il presente è frutto delle decisioni del
passato, che una determinata statua ci racconta una storia, un periodo, che un
trullo di Alberobello o un dammuso pantesco hanno alle spalle una loro leggenda, una loro
storia. E non dimentichiamo che il semplice flâneur o
lo storico flâneur deve avere alle spalle letture,
ricerche, esperienze: il tutto gli serve per meglio addentrarsi nei fatti e
misfatti del tempo. E Bloch ce lo dimostra, e Le Goff
anche, per seguire con Pirenne e via dicendo, esempi
che ho apportato nella seconda parte del libro.
Del
resto il libro non è che sia imperniato solo sui flâneur
dediti alla ricerca storica, anzi, da un certo punto di vista, è un saggio che
abbraccia diverse discipline e arti, comprendendo appunto la storia, ma anche
la letteratura (Baudelaire, Whitman, Conrad, ecc.) e la pittura (Monet, con una
riuscita descrizione di alcuni suoi quadri).
Concordo che è prevalente l'interesse storico, tanto che anche la II parte è intitolata “Quando
lo storico scende per strada”. Resta un dubbio: le possibilità di nuovi squarci
di conoscenza e di creatività presuppongono un esercizio da “ Pedone attento”,
o i risultati possono essere raggiunti anche restando in casa? Tanto per
intenderci, non mi sembra che Michelangelo fosse un flâneur.
Ricordiamo che il vero flâneur inizia con Baudelaire, con Poe,
si rafforza con Benjamin, con i Passages di Parigi, con quei Passages frutto della rivoluzione
borghese, industriale, frutto di un'epoca che vide lo sviluppo delle gallerie e
degli articoli di lusso. Difficilmente restando a casa si può captare il
palpitare della vita, le pulsazioni dei diversi momenti storici, difficilmente
si può entrare nel continuum che ha
mutato e continua a mutare la nostra presenza su questa Terra, quel continuum che ci appartiene in modo
indelebile. Bisogna esserci, è necessario non solo guardare, ma anche vedere,
ascoltare e sentire, toccare e percepire. I sensi devono lavorare all'unisono,
devono raccogliere gli elementi necessari per descrivere al meglio l'accaduto.
Il vero flâneur sente suo il bisogno di mescolarsi
con la folla, ma nello stesso tempo esserne fuori, confondersi, ma nello stesso
tempo essere “ex-gregis”.
Posso
pensare che tu abbia visitato Parigi da flâneur,
attese le belle descrizioni, che non sono solo immagini, ma che comprendono
anche l'atmosfera, il momento storico, come quando si decise di dare una nuova
struttura urbanistica alla città, abbattendo numerosi edifici e costruendone
ancor più di nuovi. Al riguardo ritorno alla III parte, in cui le passeggiate
per Pistoia rivelano il volto storico, nelle sue epoche, del luogo, con i nomi
delle vie che ne spiegano le origini e anche tanti particolari, magari sconosciuti ai più, ma che hanno una loro valenza nello
sviluppo nel tempo di un agglomerato urbano, come è il caso delle officine
Breda, storia abbastanza recente questa, ma significativa di mutamenti e di
recuperi che sono appunto storia. E del
resto, lo scrivi tu, ma l'ho pure scritto anch'io, la mancanza di conoscenza
del passato rende l'uomo orfano, incapace di comprendere e di gestire il
presente. La stessa cosa si può dire per una storia artefatta, non vera, che
offre un'illusione di conoscenza che non è di alcuna utilità. Quando scrivi i tuoi libri non fornisci
rivelazioni sconvolgenti - e né tu, né altri storici
potrebbero farlo -, ma apri squarci più che su macrocosmi su realtà minori, non
per questo meno importanti, perché qualsiasi cosa accaduta, qualsiasi essere
umano, anche il più umile e schivo contribuisce, nel suo piccolo, alla storia
di un periodo.
Cosa
mi dici in proposito?
Indubbio, il macrocosmo è formato da
innumerevoli tasselli, da tanti piccoli microcosmi che completano la visione
del tutto, così la Storia
è fatta da Rodolfo II, da Federico da Montefeltro, ma anche da Giuseppe da Settignano, da Jean Michael, da Pietro di Urbino, che tu
ben conosci essere personaggi del mio “Appunti
della Storia”. Lo sappiamo, l'uomo è il protagonista della Storia, l'uomo
con i suoi dubbi, le sue certezze, con i suoi lavori, con le sue battaglie
quotidiane, con le idee che porta avanti, l'uomo che ha cercato sfidare,
consciamente o inconsciamente, il futuro per migliorarsi. E non solo l'uomo che
ha un nome e cognome che la Storia
riporta, ma anche colui che, seduto sul fuso di un cannone, parte per dare
l'assalto alla Bastiglia di fine ‘700 e di cui se ne sono perse le tracce.
Ecco, il flâneur va alla ricerca di questa
tangibilità che è parte della nostra memoria che non deve smarrirsi, vive, per
fare un solo esempio, il
“von jetzt” del 9 novembre 1989, la caduta
del Muro di Berlino, lui è lì, lo assapora, lo percepisce, lo intuisce, lo
vede, lo sente, partecipa e, alla fine, distaccato ne riporta notizia.
Questo tuo saggio, che
non definirei solamente storico, ma anche letterario, è quindi un invito a flanellare, in fondo a riscoprire un concetto di tempo a
misura d'uomo, con cui è possibile vivere meglio, perché consapevoli di ciò che
ci circonda, perché certi del nostro passato, delle
radici alle quali in ogni caso siamo attaccati. Direi che questo modo di vedere
e di vivere è una vera e propria filosofia. Tu che ne pensi?
Non so se è filosofia di vita, ma di una cosa sono certo, che se
perdiamo il contatto con la realtà, perdiamo il contatto con noi stessi e con
le nostre radici storiche. Non possiamo girovagare per le nostre città e
campagne con fretta e furia, con gli occhi abbassati, con un cuore sterile,
come se tutto ciò che hanno fatto i nostri padri non ci appartenesse, noi, lo
ripeto, siamo il frutto delle loro idee e i semi che stiamo interrando saranno
raccolti dai nostri figli. Il nostro dintorno agisce e reagisce con noi,
insieme a noi, per noi, le città sono state create da noi, case palazzi vicoli
piazze hanno visto la Storia
passare, stratificazioni secolari che hanno bisogno essere portate alla luce
per ricordarci che, alla fin fine, abbiamo alle spalle un processo, un lungo,
lunghissimo processo evolutivo come esseri umani.
Ecco, riprendiamo o riconquistiamo quell'abitudine alla lentezza e
alle piccole cose, alla sana curiosità, a flanellare
senza scopo, a sorprenderci, a essere curiosi a… vivere la vita nelle varie
sfaccettature.
Mi risulta che tu sia
intento a reperire la documentazione necessaria per la stesura di un altro
saggio storico. Di che si tratterebbe?
Oddio, come
corrono le notizie! Avevo in mente trattare un periodo della Storia moderna
spagnola, un capitolo dell'Età d'Oro. Nulla è sicuro, sono alla ricerca di
fonti e documenti, e trovo difficoltà; in ogni modo sono solo all'inizio e
tutto può cambiare. Come dice una canzone spagnola: Cambia, todo cambia!
Sinceramente speravo che
fosse un saggio sul nostro Risorgimento. Quest'anno c'è la ricorrenza dei 150
anni dall'unità d'Italia e mi sembra che tutto proceda in sordina, cioè che
alla gente interessi ben poco. Fra l'altro la storia, nostra, di quel periodo è
sempre stata raccontata in modo sbagliato, una colossale bugia di cui gli
studiosi più recentemente si sono accorti, cercando di porre rimedio nel
disinteresse generale. Allora fra mancata conoscenza ed errata conoscenza del
nostro Risorgimento l'Italia sembra andare alla deriva e rafforza l'idea di una unità geografica, mancando invece una convinta e robusta
identità nazionale. E ciò è alla base della situazione attuale di cui
inevitabilmente paghiamo le conseguenze. Tuttavia, comunque sia avvenuta questa
unità, siamo insieme e si può ricominciare, cercando basi comuni, per il bene
nostro e del paese. Tu, come studioso di storia, cosa diresti agli italiani per
celebrare questi 150 anni che ci trovano disuniti e quindi per rilanciare
l'unità nazionale?
Perché dobbiamo aspettare una ricorrenza per parlare di qualcosa,
perché abbiamo dovuto aspettare 150 anni per rivedere e riprendere la storia
del nostro Risorgimento? Per moda, per interessi, per gioco, per convenienza?
Mi preoccupa l'ignoranza, la mancanza di memoria storica, la
faciloneria e l'approssimazione di certi commenti che si leggono e si ascoltano
sui media: l'unità d'Italia non si tocca! Invito solo ad approfondire la Storia, e quella nostra in
particolare, invito a leggere, a dialogare, a capire, e invito soprattutto a
viaggiare per la nostra bella Italia, perché solo viaggiando e conoscendo di
persona si possono assaporare le diversità, quelle diversità che compongono un
insieme.
Condivido pienamente
quanto hai espresso in ordine alla ricorrenza dei 150 anni dall'Unità d'Italia;
è stata una bella e piacevole conversazione e ti saluto con l'augurio che
questo tuo libro possa suscitare l'interesse che merita.
Il senso storico del flâneur
di Gaspare Armato
Autorinediti
www.autorinediti.it
Storia
Pagg. 160
ISBN 978-88-96680-75-9
Prezzo € 13,00