Barbara Delfino, nata a
Torino nei primi anni ‘70, presente nell'antologia Quote Rosa - Ed. Fernandel, vive su quel ramo
del lago di Como e non apprezza minimamente Manzoni.
Tabagista, caffeinomane,
adora fare la finta sommelier, viaggiare in treno e in
moto, comperare scarpe che non metterà mai perché troppo scomode.
Ama la campagna
piemontese, il mare ligure, i gatti, i cani, i jeans,
l'hardware e il software, i regali a sorpresa, i complessi industriali dismessi, la neve, ricevere e-mails
e sms.
Ha in odio istintivo
l'area urbana milanese, il cioccolato e il caffè nei dolci, le donne che vanno
al bagno assieme, l'ufologia e tutto ciò che non ha una spiegazione scientifica,
la Polonia, gli estremismi politici e religiosi e le
risse televisive.
Vorrebbe andare in vacanza
in Israele e nel sud della Gran Bretagna, fare assolutamente nulla tutto il
giorno e vivere di rendita grazie all'eredità da qualche zio d'America, aprire una libreria-enoteca-caffetteria e riuscire a mettere le scarpe
scomode che compra.
Perché scrivi?
Perché mi piace. Mi piace vedere i miei pensieri trasformati in
caratteri, punteggiatura. Mi piace sentirmi dire che quello che ho scritto ha
regalato riflessione e piacere nella lettura. Mi piace quando
le mie parole vengono fatte proprie da chi le legge.
Alla base di tutte le tue
opere c'è un messaggio che intendi rivolgere agli altri?
No, assolutamente, non ho questa pretesa e, anzi, un libro con
dichiarato un messaggio filosofico o sociale o d'intenti mi porta immediatamente
a considerare libro ed autore saccenti e presuntuosi.
La cosa che più odio è leggere indicazioni per vivere o pensare.
Un libro dovrebbe essere un vestito: a me sta bene, a te sta male,
indosso, o viceversa. Una volta scritto qualcosa
l'autore dovrebbe scordarsi di cosa voleva comunicare ed accettare che su cento
lettori ci saranno cento interpretazioni. Credo che se non è
così lo scrittore dovrebbe tenere la sua opera per se stesso, di modo da avere
l'unica interpretazione che gli piace, cioè la sua. Forse è questo il problema
delle polemiche che possono nascere alla critica di un libro: non saper
accettare che ognuno legge ed interpreta col proprio intelletto e non con
quello dell'autore.
Ovvio che questa mia discriminazione si applica solo alla letteratura
e non a libri specifici tipo di psicologia o saggistica.
Ritieni che leggere sia
importante per poter scrivere?
Sì e no. Sì per il confronto, per la
cultura. No per l'assorbimento inconscio, per l'imitazione anche non voluta.
Forse pochissimi sanno essere capostipiti: restando in Italia, tra molti, Fenoglio, Pavese, Buzzati, Cassola.
Se è nel mio animo in dato momento di scrivere con una
punteggiatura quasi isterica e la sera prima di addormentarmi leggo Fenoglio è probabile che la mia scrittura ne risentirà. Per
contro, aver letto Fenoglio mi può dare il vero
scrivere fregandosene del respiro della punteggiatura.
Che cosa leggi di solito?
Assolutamente di tutto, eccetto biografie di personaggi
contemporanei e men che mai autobiografie. Il requisito
fondamentale è che mentre leggo io possa visualizzare cosa è scritto. Parlando
di una fanciulla che vestita da damina dell'800 che
si dondola sognante su un'altalena in mezzo ad un prato sotto un cielo azzurro
con nuvole bianche all'orizzonte che presto oscureranno il bosco al limitare
della radura devo visualizzare tutto: damina,
vestito, altalena, cielo, nuvoletta, bosco.
In caso contrario chiudo il libro ed insulto il mio libraio alla
prima occasione: raramente acquisto libri di mia iniziativa, ogni tot tempo
passo nella mia libreria e chiedo cosa mi si farà leggere. Sono dell'opinione
che ognuno debba fare il proprio mestiere, dalla
parrucchiera dico cosa mi piacerebbe ma i capelli alla fin fine deve
tagliarmeli lei, idem i librai. Una volta detto cosa
mi piace leggere è suo mestiere consigliare.
Quando hai iniziato a
scrivere?
Risposta 1:
Un bel po' di anni fa, poco prima di andare alle elementari: il
pomeriggio mio nonno mi faceva fare gli esercizi di calligrafia.
Risposta 2:
Non saprei. Sarebbe molto piacevole rispondere da sempre, ma non è
così. Forse da cinque o sei anni.
I tuoi rapporti con
l'editoria.
Quasi inesistenti. Dire editoria è comunque dire imprenditorialità.
Un Editore è un Imprenditore con costi e ricavi, fa un lavoro, non è un
missionario votato alla santità: quando sento parlar male della piccola
editoria oppure di editori che favoriscono un nome famoso a scapito di
scrittori sconosciuti mi viene un po' di nervoso. Un libro, per quanto pessimo,
che vende 100.000 copie permette anche la pubblicazione degli sconosciuti.
Troppo spesso si sente parlare delle case editrici con un tono di “tutto mi è dovuto perché io sono uno scrittore fantastico”.
Io non ho editori: ho amici. Se telefono al mio editore per
insultarlo perché hanno trovato l'antologia dove io compaio nel
settore sociologia invece che in narrativa (ed è successo in parecchie
librerie, il titolo forse è stato fuorviante) lui è lì ad ascoltare paziente,
non devo fare trafile di segretarie o centralini. Certo, un giorno mi
piacerebbe chiamare al cellulare anche Inge Feltrinelli.
Che cosa ti piacerebbe
scrivere?
Più che cosa mi piacerebbe avere la possibilità di scrivere quanto
e quando voglio. Sarebbe bello avere la possibilità economica e sociale di
dire: Oggi non ci sono per niente e nessuno, né lavoro né fare la spesa, sto
qui al computer e scrivo. Quando leggo di persone che durante il giorno
lavorano e la notte dormono pochissimo perché vogliono e riescono a scrivere io
ho un moto d'ammirazione mista a invidia.
Quel che vorrei davvero è scrivere un libro nella forma propria di
un libro: duecento, trecento, esageriamo, quattrocento
pagine, con una storia che regge, personaggi che non si perdono a metà strada,
ambientazioni valide, inizio coinvolgente e finale sorprendente. A scrivere un
racconto di tre cartelle siamo bravi in tanti; a condurre un romanzo di trecento cartelle son capaci
pochissimi.
Scrivere ha cambiato in
modo radicale la tua vita?
Assolutamente no. Pochissimi, credo, possono
permettersi di cambiare la propria vita in base ai proventi morali e monetari
di un libro.
L'unica cosa che è
cambiata, in meglio, è la mia cerchia di amicizie.
Qualche consiglio per chi
ha intenzione di iniziare a scrivere.
Nessun consiglio, per carità. Son io che
ho bisogno di consigli.