Il
complesso delle “Sette chiese” a Bologna
di
Renzo Montagnoli
L’Italia
é talmente ricca di complessi monumentali che si rischia di
dimenticarne qualcuno, di non visitarlo, anche se lo meriterebbe
ampiamente.
La
colpa non è solo del turista frettoloso, attratto da nomi
altisonanti, ma sovente è da ricondursi alla scarsa
valorizzazione degli enti preposti, che spesso cercano di mettere in
risalto solo le opere più conosciute, lasciando al caso o
comunque a una modesta pubblicità altre che, per ragioni che
non mi spiego, meriterebbero senz’altro di essere visitate.
É
questo il caso della Basilica di Santo Stefano a Bologna, che si
affaccia sull’omonima piazza e che é anche conosciuta
come il complesso delle “sette chiese”, un miscuglio di
stili architettonici che vanno dal gotico italiano al più
antico romanico. Vi si arriva facilmente – sono non più
di dieci minuti a piedi – dal centro, già di per sé
interessante da visitare. La piazza su cui si affaccia il complesso
monumentale é cinta da bei palazzi di epoca tardo medievale,
una cornice di prestigio che dona ulteriore charme alla basilica, che
vista da fuori può sembrare anche poca cosa, ma che riserva
notevoli sorprese appena vi si entra.
La
sua storia é particolarmente complessa, poiché é
sorta sui resti di quello che era un antico tempio pagano, e
l’originaria chiesa fu accresciuta nei secoli da ben altre sei,
ciascuna con parti murarie in comune e opportunamente comunicanti.
Durante il periodo di vescovato di Petronio l’originaria
costruzione, che era poi un battistero, si ampliò con
l’edificazione, a fianco, della chiesa di San Vitale e da lì
a poco sorse la terza, il Martyrium. Verso la metà dell’ottavo
secolo arrivarono a Bologna i Longobardi, che costruirono nei pressi
un quartiere, opportunamente dotato di una chiesa, dedicata a San
Giovanni Battista. La cura del complesso fu affidata ai monaci
benedettini, che nell’undicesimo e dodicesimo secolo fecero
erigere il campanile, il chiostro, un grande monastero e un’altra
chiesa, che verrà chiamata del Cenacolo. Già che
c’erano pensarono anche di sistemare l’originario
battistero, trasformato in chiesa, quella del Santo Sepolcro, dalla
caratteristica pianta ottagonale. Passarono altri due secoli e in
prossimità di un Anno Santo accadde un fatto che ha
dell’incredibile: nel corso di lavori sotto l’attuale
chiesa dei Santi Vitale e Agricola venne rinvenuto un sepolcro di
epoca romana, sul quale era chiaramente inciso il nome di “Simone”.
Non mancarono di fantasia e da Simone a Simon Pietro, l’apostolo
fondatore della chiesa cristiana, il passo fu breve e si cominciò
a sbandierare che il martire non era sepolto a Roma, ma a Bologna. Si
era alla fine del 1399 e come ho dianzi detto si era sotto l’Anno
Santo; la notizia, arrivata velocemente a Roma, non destò
particolare interesse nella Curia, ma quando ci si accorse del netto
calo dei pellegrini, ora diretti soprattutto a Bologna, si cominciò
giustamente a pensare al danno economico e fu così che il Papa
Bonifacio VIII intervenne pesantemente, sconsacrando la chiesa, dando
ordine al vescovo bolognese di demolirla, di inumare in un luogo
segreto il sarcofago con le spoglie del presunto Pietro, nonché
di spiegare ai fedeli che si era trattato di un semplice equivoco e
che la tomba di San Pietro era quella di Roma e solo quella. Ho
cercato di immaginarmi le reazioni dei bolognesi, soprattutto quelle
degli osti e degli albergatori, a cui ricorrevano i numerosi
pellegrini: addio lasagne, addio tortellini, ma soprattutto, addio a
tanti bei soldini.
Però
anche allora eravamo in Italia e come sempre tutto cambia per poi
ritornare come prima. Infatti a distanza di una settantina di anni i
bolognesi non poterono di nuovo vantarsi di avere i resti di San
Pietro, che Roma invece si teneva ben stretti per le note questioni
economiche, ma, su bolla del pontefice Sisto IV, si autorizzò
che la chiesa, che doveva essere stata distrutta e che invece era sta
solo lasciata all’incuria nel tempo, potesse essere
riconsacrata, dedicandola però tassativamente ai Santi Vitale
e Agricola, due martiri cristiani delle persecuzioni di Diocleziano.
Come al solito l’aspetto di fede religioso non c’entrava
per nulla, poiché invece era una precisa volontà del
nipote del papa, Girolamo Riario, che nel 1473 diventò signore
di Imola e poi di Forlì, e la gentile concessione papale si
ebbe unicamente affinché il rampante e ambizioso parente si
attirasse le simpatie dei bolognesi.
Da
quanto fino a ora esposto si evince che tutto questo edificare ed
abbattere ha finito con il portare a uno strano complesso
monumentale, il cui pregio maggiore è proprio quello
architettonico.
Da
tener presente che queste chiese rappresentano al loro interno, e
ovviamente in scala, i luoghi Santi di Gerusalemme, il che costituiva
e costituisce un motivo di particolare valore per i devoti. Da notare
che colonne, archi e perfino gli scalini non hanno solo un scopo
funzionale, ma sottendono una vena religiosa che dovrebbe aiutare a
pervenire a una contemplazione mistica, cosa non difficile, visto il
modesto afflusso di visitatori. Di grande bellezza sono i due
chiostri che danno luce e aria a un complesso che altrimenti
risulterebbe soffocante. Il percorso riservato ai turisti porta in
pratica a vedere tutto, con una serie di passaggi, dei quali spesso
non ci si accorge, e termina in una costruzione più recente,
probabilmente del 1600, ove è allestito un piccolo Museo che
raccoglie dipinti, su tavola e su tela, che vanno dal XIII al XVIII
secolo, di scuola soprattutto toscana e veneta e che, benché
gli autori non siano certo di primo piano, pur tuttavia sono di
apprezzabile qualità. In fondo al Museo poi c’é
la Cappella della Benda, del secolo XVI – XVII, dove è
conservata, insieme ad altre preziose reliquie, la Benda della
Madonna, che fu scoperta nel XII secolo dal vescovo Enrico nel corso
delle ricerche del corpo di San Petronio. Secondo la tradizione la
stessa era stata portata a Bologna, da Gerusalemme, dallo stesso San
Petronio e si è sempre ritenuto che fosse imbevuta del sudore
di Cristo.
Con
tutti queste demolizioni e aggiunte è un momento fare
confusione e pertanto di seguito mi preme elencare, per sommi capi,
nell’ordine esatto, il percorso di visita:
1)
La Chiesa del Crocefisso; 2) La Cripta, che si trova nella Chiesa del
Crocefisso; 3) la Chiesa del Santo Sepolcro; 4) I cortile di Pilato;
5) La Chiesa della Santissima Trinità o Martiryum, 6) La
Chiesa dei Santi Vitale ed Agricola; 7) il Chiostro e la Cappella
della Benda.
Di
conseguenza, delle originarie sette chiese attualmente ne restano
quattro.
Ci
sarà chi verrà attratto maggiormente dall’aspetto
religioso e devo dire che il luogo è molto indicato per la
meditazione; ci sarà invece quello maggiormente interessato
all’aspetto monumentale; resta un fatto, merita di essere
visitato questo bel complesso, che mi si dice sia abbastanza
disertato dagli odierno bolognesi.
Per
arrivare a Bologna penso non servano particolari indicazioni, visto
che la città é servita da un aeroporto, dalla più
importante stazione ferroviaria italiana, così come dalla più
strategica autostrada- Gli alberghi, di diverse categorie, non
mancano di certo e quanto al mangiare che cosa posso dirvi?
Semplicemente che il nome Bologna è già una garanzia.
Fonti:
Uberti
Consulenza Viaggi – www.uberti.eu
Nuok
– www.nuok.it
Wikipedia
– www.wikipedia.org
Duepassinelmistero
– www.duepassinelmistero.com
Nota:
Le
fotografie a corredo dell’articolo, nell’ordine,
dall’alto in basso:
La
facciata in controluce, reperita sul sito www.nuok.it
Il
chiostro grande, scattata dall’autore di questo articolo
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