La recensione di Ivan Fedeli
Canti celtici
di Renzo Montagnoli
Prefazione di Patrizia Garofalo
Immagine di copertina e fotografie
all'interno di Renzo Montagnoli
Elaborazione Grafica di Elena Migliorini
Edizioni Il Foglio
http://www.ilfoglioletterario.it/
Collana Autori Contemporanei Poesia
Diretta da Fabrizio Manini
Poesia – poema
Pagg. 90
ISBN: 978-88-7606-162-2
Prezzo: € 10,00
Un menestrello scomodo
La poesia di Renzo Montagnoli nasce dall'ascolto: e, come tale, è un dono.
Un dono
della terra, dell'acqua, delle forze primordiali che popolano il mondo cercando
un senso.
Canti celtici (Ed. Il Foglio, 2007) rappresenta questo viaggio di ricerca.
Il poeta,
nei testi, trasfigura se stesso, diventa menestrello per scelta interiore e
trascende dalla propria dimensione chiusa per aprirsi alla meraviglia, alla
dimensione – altra: fatto, questo, che corrisponde ad una visione archetipa dell'esperibile, per cui
l'ordine del mondo è un magma che si fa terra, materia, linea temporale
perduta, pertanto evocata.
Le
liriche –meglio, i capitoli della storia- muovono da questo universo onirico,
quasi visionario: lasciano così una propria traccia, una cifra che sembra
opporre in termini inconciliabili il passato e il presente, ma che, in realtà,
è chiave di lettura della contemporaneità, sua denuncia insopprimibile.
Distanza dall'oggi, forse? Protesta? O altro?
Sicuramente
i vari movimenti delle strofe vivono come organismi autonomi e dotati di doppia
natura: un primo corpo, se vogliamo lo sviluppo della canzone, rivolto ad un
emisfero altro –purificato, oserei dire- dove tutto avviene ed è fermato in
tradizioni e canti passati, dal vago sapore alchemico o quanto meno magico –
evocativo; un secondo corpo, il congedo, in cui ossimoricamente
il presente si fa urgente, chiave di volta scomoda, denuncia. Ed esiste in
contrapposizione all'antico.
La
costruzione formale delle liriche, dunque, acquista valore proprio perché
figlia di questo progetto, dove la razionalità si incontra con l'irrazionale,
la metafora, il vagheggiamento.
A livello
lessicale, forti e continui sono i riferimenti al desiderio di trovare radici
e, in opposizione, alla negazione dell'hic et nunc: è sufficiente citare il
termine oblio ,
parola chiave già presente nel testo proemiale, o espressioni quali lavorio di secoli – non è più tempo – il tempo non esiste – senza
memoria – senza futuro – tempo ormai finito.
A ciò fa
eco la segreta speranza di scivolare su
un'acqua silente, di dare un ultimo
sguardo ,
quasi a ripercorrere il passato, trasformarlo in storia, cantarlo per
esorcizzare il male, per rintracciare almeno un suo bagliore oggi, o quanto
meno una vaga possibilità di futuro.
microantologia
da “Canti celtici” (Ed.
Il Foglio, 2007)
I
segni del tempo
Di
strade tracciate nel tempo
restano immote pietre, segni di un passato
che l'oblio dell'uomo non degna di
sguardo.
Lì
ci sono le radici, quello che l'oggi non sarebbe
senza il lavorio dei secoli, lo scandire
di Crono
in un'unica infinita storia
dell'umanità.
Non
è più tempo di dei, il tempo non esiste più.
Corre
l'uomo senza avvedersi del presente,
dimentico del passato, orfano del futuro.
Ma
quelle pietre restano e sole testimoniano
le lontane civiltà, avi che nacquero,
vissero e morirono perchè nel dopo
qualche cosa di loro rimanesse.
E
invece ora
sono solo inerti sassi
che un giorno qualcuno getterà.
***
Eternità
C'è
un sentimento senza tempo,
che si ritrova in ogni era,
un fremito uguale che sempre si ripete,
un incontro che non vuol mai terminare.
E
voi lo provaste, in epoca antica,
quando ancora non si scriveva di questo,
fra capanne piantate nelle acque del
lago,
fiere affamate all'intorno pronte a
balzare
e Dei di cui ormai s'è persa memoria.
Ma
l'amore è rimasto, oggi come ieri,
oltre ogni logica, oltre ogni confine.
Giacchè il tempo per voi era passato,
ci fu anima pietosa che rese gloria
a un sentimento imperituro nei secoli
e nell'abbraccio dell'ultimo anelito
di vita
vi affidò alla morte
perchè i posteri un giorno sapessero
che tutto finisce,
tutto cessa,
fuorché la forza dell'amore.
(A due neolitici sconosciuti che gli
scavi effettuati
nei pressi di Mantova ci hanno
restituito nell'ultimo
abbraccio)
Ivan
Fedeli