Le amicizie
Le amicizie
di Renzo Montagnoli
L´amicizia è un sentimento indispensabile agli esseri umani, perché consente una crescita mettendo a disposizione reciproche esperienze. Non deve essere però confusa con la semplice conoscenza che nel gergo attuale dei social, come face book, prende il nome di amicizia, ma che assolutamente non lo è.
La frequentazione abbastanza costante, lo scambio di opinioni ricorrente, l´affidarsi completamente a una persona stimata in cerca di un conforto sono elementi propri dell´amicizia che richiede un contatto, né visivo, né telefonico, ma materiale.
Quando ero bambino non era difficile evitare di scambiare una conoscenza per l´amicizia, perché il personal computer non c´era e ovviamente non c´era nemmeno internet. Se poi, come nel mio caso, si viveva in città, in case per lo più vetuste, l´amicizia poteva sorgere solo fra bambini che vi abitavano, perché si era troppo piccoli per andare ai giardinetti da soli. E io, sul mio stesso piano, avevo un amico di qualche anno meno giovane di me, Roberto, ma da tutti chiamato Pedro, per una deformazione del cognome, pseudonimo che mi risulta che ancora lo identifichi (a un certo punto della vita, ancora giovani, ciascuno è andato per la sua strada, ma un paio di anni fa abbiamo avuto l´opportunità di incontrarci nuovamente, seppure per telefono). Giocavamo, non ricordo a cosa, giocavamo tutto il giorno, tranne quando lui si avventurava sui tetti delle case confinanti, cosa che a me era assolutamente proibita.
Oltre a Pedro ce n´era un altro, Aldo, la cui famiglia abitava nella stessa casa di mia nonna, che era molto vicina a Piazza Virgiliana e ai suoi grandi giardini.
Ebbene con Aldo abbiamo giocato tanto con mezzi sicuramente autarchici e poveri, come povere erano le nostre famiglie. Ricordo che avevamo fatto un percorso spostando la ghiaietta dei giardini, su cui facevamo correre, con spinte, dei tappi a corona di bottiglie d´aranciata, al cui interno era incollata fa foto di un corridore ciclista. Il nostro gioco era uno spartano giro d´Italia e vinceva chi arrivava al traguardo con il minor numero di spinte. Detto così non sembra gran cosa, ma era appassionante e richiamava altri bambini, tanto che non era raro che i partecipanti al gioco fossero anche una dozzina.
Quando ero più piccolo, diciamo fra uno e due anni, nelle sere d´estate, calde e afose, i miei genitori mi portavano a dei giardinetti siti vicino a casa, quasi all´altezza delle Logge di Giulio Romano; come c´eravamo noi, c´erano altri, perché all´epoca manco si sapeva che cosa fosse un condizionatore e così si cercava, in modo autarchico, un po´ di refrigerio. Io ero il bambino più piccolo fra tutti quelli presenti e ovviamente non mi chiamavano ai loro giochi, tipo giubbe blu e pellirosse, dove finivano per rincorrersi. Benché non invitato, e qui mi baso sui racconti di mia mamma, con le mie gambette ancora instabili mi aggregavo a un gruppo o all´altro, senza sapere esattamente che cosa facevo. Intanto così la sera passava, mi stancavo e poi a letto, caldo o non caldo, riuscivo a dormire.
Quando il comune decise di abbattere il vecchio centro, trasferendo gli abitanti in periferia in case popolari, io traslocai con i miei, e così anche Pedro e i suoi; ero già più grandicello (dieci anni) e il nuovo ambiente, soprannominato anche piccola Siberia per la distanza che sembrava quasi siderale dal centro città e per l´assenza di servizi, che poi piano piano vennero, sembrava l´ideale per un bambino in cerca di avventure: tre case in croce, un pioppeto dove non era difficile incontrare lepri e parte della sponda destra del lago Inferiore. Lì si formarono delle piccole bande e ci fu una riedizione dei ragazzi della via Pal. Non durò molto però questa libertà sfrenata, perché all´epoca i genitori vegliavano e se uno non si metteva in riga con le buone, finiva con l´obbedire dopo un paio di schiaffoni.
Poi i bambini crebbero, i giochi d´infanzia finirono per arrivare alla fine per intraprenderne uno nuovo, più serio, più bello, ma anche pericoloso, che era quello della vita da adulti.
Se ripenso a quegli anni, ai giochi con Pedro, a quelli con Aldo, mi scende un velo di tristezza; sono nell´ultima stagione e questi ricordi si intrecciano con altri un po´ confusi, ma presenti, dove affiorano volti che spesso sono solo un contorno, ma che so appartenuti a persone che ho conosciuto e che da tempo hanno lasciato questo mondo.
E´ un attimo, ma poi mi riprendo; è la vita, mi dico, ed è vero , quella vita che abbiamo intrapreso tanti anni fa e che merita di essere vissuta pienamente, anche ora, anzi ora forse anche di più.
Da C´era una volta