La recensione di Antonio Messina
Canti Celtici
Renzo
Montagnoli
Edizioni
il Foglio Letterario
C'è affinità tra l'idioma poetico di
Renzo Montagnoli, e quella sorta di dimensione sospesa, la voragine di dolore
che ammutolisce il canto della nostra anima, un'esigenza che prelude alla
catarsi, intesa come impresa necessaria dell'uomo per definire un suo nuovo
ruolo tra le “nozioni” del mondo. Canti Celtici si distingue per elementi e
linguaggi oggi desueti nella poesia moderna…il canto del poeta è intriso
d'ordine è
immutabilità, elementi intesi come necessità di fermasi a riflettere sulle
brutture della storia, una sorta di condanna per l'uomo, che così non
riesce a fermare e riprodurre due volte
la stessa azione nel tempo ordinario, anzi ne viene fagocitato e con lui parte
dei suoi pensieri, un dramma ancestrale, nato con l'uomo, una desolante unità di tenebra che converge
spietatamente con il triste destino dell'universo. Molte
critici dell'opera di Montagnoli, hanno paragonato la natura dei versi
ad elementi di linguaggio che ricordano
rarefatte atmosfere celtiche, appunto canti, leggende, mitologia, tradizioni,
magia. Montagnoli è poeta alla ricerca di eden perduti, s'affida al verso per
liquefare la rabbia, elabora gorgheggi per vociare- in un sussurro mutilato- la
decadenza del nostro mondo, e ricordare che la storia ha prodotto anche
mirifiche visioni, utopie, liberando l'anima, quasi a racchiuderla nel
passato, soffocando così in apparenza ogni possibilità di bellezza futura,( ma il suo poetare è anelito di
trasformazione, dunque non negazione, ma ricerca di nuovi venti) come se
l'uomo dovesse, suo malgrado costruire ancora tenebra, perpetuando il male: cacotopìa sarebbe il termine riconducibile al pensiero
di Montagnoli. Si potrebbe discutere-io
naturalmente mi metto subito al riparo da eventuali critiche, sono creativo e
dunque perdente è illuso, e modesto nell'indagine del verso altrui- sulla
necessità del poeta di tracciare linee di pensiero così forti, e ricordare
comunque ( gli avvoltoi scenderanno in picchiata sulle carogne)
che l'agire dell'uomo contemporaneo ha prodotto nefaste gesta, e dopo le gesta,
pensandoci bene, non sono rimaste altro che macerie, pezzi d'esistenza che
vagano senza fissa dimora: basterà infine dare un'occhiata a come siamo
ridotti, noi uomini s'intende, e trarne le dovute conclusioni. E' suggestione,
catarsi, la poesia di Montagnoli, anelito e speranza, desiderio d'appartenenza
ad un mondo oramai obliato, perduto tra le onde di un oceano oscuro, ed allora,
ecco svelarsi l'esigenze di riscrivere il presente,
partendo da un altro passato, un'operazione a prima vista insana e folle, ma
che ha una sua logica. Per come io intendo la critica letteraria, pur
ammettendo i miei limiti, nella visibilità mediocre che i miei occhi hanno dei
tratti dell'esistenza, non potrei offrire altre analisi su questo eccellente
cantore, tranne abbandonarmi ai suoi versi, operazione che forse permetterà di
attraversargli l'anima
e le parole, attraversarla, con consapevole abbandono. Non sono
io il cantore, mostrare non devo, né ho nulla da farmi perdonare; canto, dopo
aver ascoltato un altro canto, e se emozione mi ha attraversato l'anima, allora
di questi versi, di questi canti non saprei scrivere in altro modo, tranne
usare in epilogo le parole del poeta:
Oramai
quelle ossa son polvere,
impalpabile come il ricordo
che
ci illuderemo di lasciare
ai
posteri già nati senza memoria.
Antonio
Messina