logo
homeCanti celticisep
La recensione di Alberto Carollo

La recensione di Alberto Carollo

Canti celtici

di Renzo Montagnoli

Prefazione di Patrizia Garofalo

Immagine di copertina e fotografie

all'interno di Renzo Montagnoli

Elaborazione Grafica di Elena Migliorini

Edizioni Il Foglio

http://www.ilfoglioletterario.it/

ilfoglio@infol.it

Collana Autori Contemporanei Poesia

Diretta da Fabrizio Manini

Poesia – poema

Pagg. 90

ISBN: 978-88-7606-162-2

Prezzo: € 10,00

 

 

VOCAZIONE ALL'ASSOLUTO

 

 

E' con grande piacere che mi accingo a parlare di Canti celtici di Renzo Montagnoli (Edizioni Il Foglio, pagg. 90, Euro 10,00), in quanto ho avuto modo di seguire passo passo sul suo blog www.armoniadelleparole.splinder.com la genesi del libro, e il privilegio di leggerlo appena uscito, per comporre un'intervista con lui pubblicata sul neonato sito dell'associazione [CaRtaCaNta©

], che potete leggere qui.

Montagnoli è personaggio poliedrico: dominus del sito www.arteinsieme.net, è riuscito a coagulare attorno a sé poeti e scrittori interessanti che bazzicano il sottobosco della piccola e media editoria, contribuendo in maniera cospicua alla diffusione dei loro lavori, svolgendo un servizio appassionato, dettagliato e competente di trasmissione di informazioni, recensioni, estratti, interviste con autori, editori e editor che potrebbe esser preso seriamente a campione - dagli studiosi delle strategie di comunicazione - della trasversalità del web e delle sue infinite risorse in ambito di diffusione letteraria e culturale. Ma Renzo Montagnoli non finisce qui: è scrittore di racconti, apprezzabile fotografo e poeta della natura e della memoria, dalla voce difficile da eludere.

 

I 22 Canti che compongono la silloge esprimono un concept omogeneo, quasi programmatico nel porre l'accento sui valori fondamentali che contraddistinguono una civiltà che possa ancora dirsi tale. Non a caso l'interesse di Montagnoli per il mondo dei Celti si rivolge a precise loro caratteristiche, come i valori della comunità, della famiglia, a un contatto animistico con la natura – i celebri boschi celtici. Caratteristiche che il mondo odierno sembra aver perduto, nel dilagante consumismo, nella ricerca esclusiva del profitto, nella costruzione di paradisi artificiali, nello snaturamento dei valori più veri e di quelle conquiste della mente e dello spirito in grado di far progredire realmente la collettività. La soluzione, auspicata da Montagnoli in questa raccolta, è quella del ritiro nel sogno di un tempo arcaico, dal quale trarre nuova linfa vitale.

 

Il linguaggio dei Canti celtici è elegante e sorvegliato, ma senza artifici. La scrittura è piana e diretta, va al nocciolo della materia da esprimere, sollecitando le giuste corde. Sanguigna e vigorosa come solo quella di un bardo, cantore di una civiltà nobile e guerriera, sa esserlo. E il verso libero, modulato sulle assonanze ( “scorrere silente” e “rive verdeggianti”, ad esempio, ne  Il lungo fiume,  dove i due versi che si richiamano per assonanza, separati da un verso intermedio – il fiume? Infatti c'è pure la parola acqua – sono due novenari), su una quantità sillabica variabile, con qualche rima e riprese di parole o sintagmi, rende il tutto molto musicale. In alcuni componimenti il tono è dolente e malinconico; il poeta è attento a cogliere il palpito della natura o i fenomeni che intende indagare, con delicatezza e attenzione alle sfumature, quasi per non disturbare quella “musica lieve” che “viaggia nel tempo” (Musica e polvere). In altri canti la voce cresce d'intensità, aumenta il ritmo e la concitazione; in altri è impeto, epica della battaglia, in altri ancora un ammonimento morale.

 

Riguardo ai temi, al termine di una lettura piacevole – come se avessi ascoltato una playlist di quella musica celtica che molto apprezzo e della quale Montagnoli è appassionato -, ora con quelle aperture ariose, trasognate, o nel ritmo serrato di una giga, tutta violini e thin wistle – qualcosa non mi tornava, non andava ad allinearsi con l'immagine che mi ero fatto di Renzo Montagnoli dalle cose che scrive e dai progetti che cura. E, metto subito le mani avanti: il problema era un certo mio smarrimento, l'incapacità di penetrazione del messaggio sotteso a questi Canti celtici.

Mi sono chiesto: come può il Montagnoli concreto dei suoi racconti, il narratore attento a compendiare nell'espressione creativa la propria esperienza di vita; di più, il Montagnoli che si è appropriato (pur appartenendo alla generazione della macchina da scrivere) così bene delle nuove tecnologie, in linea con l'evoluzione frenetica del mondo, caldeggiare una “fuga” nell'irrazionale, un sottrarsi alla volgarità e allo squallore del nostro tempo per rifugiarsi in un sogno e rievocare i fasti di un'antica civiltà?

 

Non avevo impostato correttamente la questione: Montagnoli è incline a perseguire il suo obiettivo sperimentando, con modi imprevisti, “con quell'unica meta/che sfugge a ogni logica” (Cocci). E a una più attenta analisi quel mondo celtico non è un mondo-altro, bensì è un altro dei topoi dell'immaginazione, un luogo nel quale la voce del bardo – che rivela il suo spirito e parla per esso attraverso i Canti – invita il lettore a riappropriarsi del suo passato, per scongiurare in qualche modo quei “posteri già nati senza memoria” (Musica e polvere) o “l'immagine di un'umanità senza sogni, senza memoria e senza futuro” (Il lungo fiume), per non passare senza “lasciar traccia” (Il futuro nel passato), ultimo approdo che l'artista si prefigge. E l'imperativo etico è quello di un recupero dei valori più fondanti: la bellezza e l'amore, la comunità, un riguadagnato equilibrio con la natura e l'ambiente in cui viviamo. Questo il messaggio concreto e attuale dei Canti celtici.

 

Ma c'è anche un ulteriore livello di lettura, più intimo, che riguarda l'esistenzialità dell'uomo Montagnoli, il rapporto interlocutorio che la sua poesia intrattiene con le forze che regolano l'universo. Da questa prospettiva, a ben guardarli, questi Canti celtici sono una vocazione all'assoluto. Alcuni dei canti rivelano questa attitudine fin dal titolo: Eternità, Il testamento, Il futuro nel passato, ma sarebbe interessante ripercorrere l'intero poema avanti e indietro, o zigzagando, cercando prove che convalidino questa ipotesi: “in quella immobilità del tempo” (Guerrieri sull'acqua); “lo scandire di Crono in un'unica infinita storia dell'umanità”(I segni del tempo); “la compagnia per l'eternità” (In memoria di un bimbo); “(…) per il breve tragitto/che ci condurrà alla casa del tempo infinito” (In mezzo scorre il fiume); “e vogliono correre verso il nulla” (Il mormorio del vento); “in un eterno istante” e “Pascoli del cielo infiniti” (I pascoli del cielo); “riscopre la continuità/infinita,/tra passato e futuro.” – dove l'aggettivo infinita costituisce da solo un verso – (Cocci); “uno sconosciuto riemerso dall'eternità” (Il testamento).

Sia che il paesaggio sia ravvivato dalla luce o avvolto da umide nebbie, l'immersione dello spirito è totale. E' un nuovo paganesimo che mette in comunione con le cose, come se fosse l'esito di un rito antico, o l'estremo tentativo di comprendere le leggi che regolano il creato, quel “(…) mondo che è profondo in noi,/e che scompare nel volger di un attimo” (Guerrieri sull'acqua), enigma insondabile e meraviglioso, sospensione del moto, tregua agli affanni, un istante prima che la realtà ritorni e il sogno si nasconda “fino alla prossima alba” (Canto celtico).

Renzo Montagnoli nasce a Mantova l'8 maggio 1947. Laureato in economia e commercio, dopo aver lavorato per lungo tempo presso un'azienda di credito ora è in pensione e vive con la moglie Svetlana a Virgilio (MN). Ha vinto con la poesia Senza tempo il premio Alois Braga edizione 2006 e con il racconto I silenzi sospesi il Concorso Les Nouvelles edizione 2006. Sue poesie e racconti sono pubblicati sulle riviste Isola Nera, Prospektiva e Writers Magazine Italia, oltre a essere presenti in antologie collettive e in e-book. È il dominus del sito culturale Arteinsieme (http://www.arteinsieme.net/).

Blog: http://armoniadelleparole.splinder.com/

 

                            Alberto Carollo