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Sogno d’inverno, di Gianluca Ferrari

Sogno d’inverno, di Gianluca Ferrari

Sogno d'inverno

di Gianluca Ferrari


a Veronica F.


Forse eravamo all'esterno della tua casa

(la tua dimora da ragazza la sola

che conosco), nel giardino che scricchiola

di ghiaia, quello in cui una volta,

appena ritornato dalla vacanza

separata brindammo con la birra

(e ti piaceva bere quell'oro anche

se non serviva perché splendevi

già abbastanza, ogni tuo sguardo: nera

aurora); quello dove ti dissi addio

con il patetico pupazzo – la rana

condannata per l'eterno a rimaner

se stessa (finito l'incantesimo

d'amore, almeno il nostro). O forse in qualche

luogo vagamente bianco - gli oceani

svaniscono col soffio e il sole del nuovo

giorno mostro che divora ogni palma

ogni sembianza. Ma non importa

poi davvero. Ricordo solamente

l'intensità con cui mi riguardavi

restituendo lo sguardo mentre dicevo

tutto quello che non seppi allora. O invece,

ancora e più banalmente, leggevo

qualche mio poema: perché ricordo

pure d'averti detto: “Ne ho tante altre!

(poesie d'amore cresciute dopo

vent'anni? Che piante straordinarie

sarebbero dovute essere! Da valer, sole,

il prezzo del biglietto). E quel che più

ricordo è che non mi fissavi come

si fa con l'ombra triste che scende

nella sera da lontanissimi

crinali già esplorati.


Da Acquerelli gotici (edito in proprio, 2020)