L’amore rubato, di Dacia Maraini, edito da Rizzoli e recensito da Patrizia Fazzi
L'amore rubato – Dacia Maraini – Rizzoli – Pagg. 202 – ISBN 978-8817066556 – Euro 15,00
“L'amore rubato” di Dacia Maraini (Rizzoli, 2012), esplicita chiaramente l'intento di denuncia fin dal titolo quasi ossimorico: l'amore è un sentimento che “si dona”, non si può estorcere. La grande scrittrice italiana, a merito recentemente insignita del “Premio Campiello” per la sua lunga attività letteraria, ci offre, in questa raccolta di otto racconti ispirati a vicende vere, un ventaglio di storie incentrate sulla violenza sulle donne.
Ancora oggi, dopo un secolo dalle suffragette e decenni di lotte femministe, le donne occidentali subiscono in modi diversi, ma tutti inquietanti e subdoli, comportamenti violenti da parte della società e in modo particolare dalle figure maschili, sia interne che esterne al nucleo familiare, in un gioco di ruoli fortemente condizionato da stereotipi antichi e recenti.
Nascono così dalla penna della Maraini una galleria di donne oltraggiate da mariti o compagni, di bambine vittime di affetti perversi o da fanatiche ambizioni paterne, femmine oggetto di stupro singolo o di gruppo, donne spesso illuse di essere amate e invece ingannate, picchiate, violate nella loro dignità, a volte addirittura non credute quando, purtroppo raramente, trovano il coraggio di dichiarare il dramma subito (si legga il finale di “Lo stupratore premuroso”). O, peggio ancora, donne uccise, in una involuzione di prepotente violenza e ritorsione che trova appagamento solo in se stessa, ma non incontra remore o limiti adeguati né nei soggetti che le vivono o vi assistono nè nelle istituzioni sociali e civili.
Tematica certo di indubbia attualità, con dolente riferimento ai dati statistici italiani che nell'anno 2012 parlano di una donna uccisa ogni due giorni e su cui è doveroso intervenire. Dacia Maraini la affronta ricorrendo ad una scrittura narrativa incisiva, asciutta, quasi una telecamera che osserva e descrive gesti, eventi, dialoghi, focalizzando a volte con uno zoom tenero e attento i moti interiori dei personaggi femminili oppure trascrivendo i fatti come un articolo giornalistico o un verbale di processo penale. La sua è una narrazione quasi neutra, priva di orpelli, ma tesa a mantenere alta l'attenzione e la vibrazione emotiva del lettore sulla forza drammatica che emana da ogni singola vicenda. La storia narrata è calata sempre in un ‘reale' apparentemente ‘normale' agli occhi degli altri (si veda ad esempio il primo racconto “Marina è caduta per le scale”) e che invece nasconde un vissuto diverso, che poi prorompe in episodi inaspettati e tragici tra le mura domestiche o le vie urbane.
La scrittrice ricorre spesso all'uso del tempo presente, quasi a mostrarci l'azione in presa diretta, oppure usa l'imperfetto quando la vicenda è ripercorsa all'indietro, (come nell'ultimo racconto “Anna e il Moro”) da chi con dolore si rende conto di non aver agito o ‘re-agito' adeguatamente di fronte a episodi violenti, quasi che fosse più facile per tutti – vittime o spettatori - chiudere gli occhi e continuare a illudersi che il teatrino domestico e sociale si mettesse a posto da sè, in nome dell'abusato e qui distorto termine ”amore”.
E così l'amore, quel sentimento di grande valenza universale, che dovrebbe unire nell'affetto, rispetto e aiuto reciproco due esseri umani, diventa in queste storie oggetto di furto, rapina, offesa, danno materiale e morale: amore davvero ‘rubato' nei confronti non solo di un corpo ma di un'anima nella sua essenza, colpo inferto ad una prospettiva vitale che subisce una lesione permanente, una cicatrice indelebile, come lasciano intendere i racconti “La sposa segreta” o “La bambina Venezia”.
L'autrice non interviene né commenta in prima persona, ma ci affida con quest'opera una ferma e chiara denuncia nei confronti di certi modelli culturali derivanti da nodi irrisolti del cosiddetto progresso sociale, ci offre uno specchio lucido e impietoso del volto oscuro del rapporto uomo-donna. Rapporto che sta alla base da sempre del vivere sociale e che, anche ai tempi di internet, non può essere affrontato o riportato in equilibrio con sofisticati mezzi tecnologici, ma solo con una presa di coscienza individuale e collettiva, attraverso un rinnovato processo formativo che in primo luogo liberi sia il mondo femminile dalle sue stesse paure che quello maschile da stereotipi di superiorità fisica, di potenza seduttiva basata sul potere o denaro, di possesso affettivo fin quasi all'annullamento della personalità altrui.
“Denuncia,..denuncia tutti, anche il medico. Non avere paura. Non ti nascondere…Vai e parla..Ne va della tua dignità.”: così si conclude il racconto “Ale e il bambino mai nato”, dove un merlo, simbolo di una affiorante consapevolezza, sembra suggerire alla giovane, vittima di uno stupratore e di un medico insensibile, l'unica strada percorribile, quella del coraggio della verità, dell'abbandono di inutili pudori e reticenze nei confronti di chi viola la sfera più intima e sacra dell'essere.
Un libro, “L'amore rubato”, sicuramente da leggere e su cui riflettere e che dimostra ancora una volta la capacità peculiare della pagina letteraria di farsi interprete attenta della realtà storica e sociale, con la forza suggestiva che si sprigiona dall'immaginazione e dalla capacità rielaborativa della parola narrata. Un libro che conferma la vocazione civile della letteratura e di questa autrice in particolare, collocandosi idealmente sulla scia del personaggio avvincente di Marianna Ucria, in quella ‘lunga storia' che Dacia Maraini ci auguriamo continui per noi a intuire e ripercorrere in pagine appassionanti.
Patrizia Fazzi