Le Bacchidi, di Tito Maccio Plauto, edito da Rizzoli e recensito da Laura Vargiu
Le Bacchidi – Tito Maccio Plauto – Rizzoli – Pagg. 253 – ISBN 9788817050654 – Euro 11,00
Teatro antico
Se
non fosse stato per un Gruppo di Lettura a cui ho preso parte nei
mesi scorsi, a me non sarebbe neanche lontanamente passata per la
testa l'idea di rispolverare il buon vecchio T. Maccio Plauto. È
stata, in definitiva, una lettura interessante che mi ha rievocato
gli anni della scuola, quando questo autore si studiava per
letteratura latina.
È
da allora, infatti, che mi è rimasta impressa la grande vivacità
linguistica (dai neologismi ai doppi sensi, senza tralasciare le
battute ben colorite) come caratteristica distintiva del teatro
plautina, e infatti nelle “Bacchidi” se ne trova ampia conferma.
Il plurale del titolo si riferisce a due sorelle etère, le quali
tuttavia non sembrano essere le protagoniste dell'opera in quanto
la scena viene presto dominata da personaggi maschili ben precisi,
anzitutto i due giovani innamorati e il servo scaltrissimo. L'inizio
vero e proprio della commedia risulta perduto e di esso la tradizione
ha conservato una trentina di versi piuttosto mutili. Il modello è
indubbiamente greco: il “Dis exapatòn” di Menandro, a cui il
testo di Plauto, in generale, si mantiene fedele, non rinunciando
però a una rielaborazione a tratti contraddistinta da grandi libertà
(si pensi anche alla mancanza del coro, elemento invece fondamentale
nel teatro greco).
Da
un certo punto in poi, forse a partire dal terzo atto, i ritmi
divengono più veloci e pressanti e la trama, con il suo intreccio
certo complesso, entra nel vivo; la figura dello schiavo furbo e
ingannatore (una costante della commedia plautina) non può non
andare a segno, rivelandosi molto apprezzata nonché abbastanza
divertente: nel suo significativo monologo all'interno del quarto
atto Crisalo (o Rubaloro, a seconda delle edizioni in traduzione)
paragona se stesso addirittura a Ulisse (e non solo) e la sua impresa
truffaldina all'espugnazione di Troia. Molto importante anche il
personaggio del pedagogo che, ovviamente, finisce per ammonire a
vuoto e il quinto e ultimo atto dimostra che giovani e anziani (in
questo caso, figli e padri), alla fin fine, non si discostano affatto
nei loro comportamenti. La questione educativa, pertanto, emerge in
modo chiaro da questo testo.
Lettura
scorrevole e piacevole, forse non sempre pienamente spassosa; sebbene
forse non si tratti di una delle migliori opere di Plauto, induce a
leggere (o rileggere) anche altro di questo autore.
Laura Vargiu
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