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Stella Maris, di Cormach McCarthy, edito da Einaudi e recensito da Katia Ciarrocchi

Stella Maris, di Cormach McCarthy, edito da Einaudi e recensito da Katia Ciarrocchi

Stella Maris – Cormach McCarthy – Einaudi – Pagg. 200 – ISBN 9788806262839 – Euro 12,50




Cormac McCarthy torna a stupirci con il suo ultimo romanzo, “Stella Maris”, un'opera che sprofonda nei meandri più oscuri della mente umana. La storia ruota attorno ad Alicia Western, una giovane prodigio della matematica, che si trova ricoverata in un ospedale psichiatrico chiamato Stella Maris. Siamo nel 1972, e Alicia è devastata dalla morte del fratello, Bobby, già noto dal precedente libro di McCarthy, “Il passeggero”.
La trama si sviluppa attraverso le conversazioni tra Alicia e il terapeuta all'interno dell'ospedale psichiatrico Stella Maris, qui, Alicia rivela non solo i suoi tormenti interiori, ma anche le sue visioni filosofiche e matematiche del mondo. La schizofrenia di Alicia è il fulcro delle sue riflessioni e del suo stato emotivo, e per il terapeuta, recuperare i frammenti di un'anima lacerata da una mente così vorace è una sfida. Ogni scambio tra medico e paziente rivela nuovi strati della personalità di Alicia, arricchito da riferimenti a pensatori come Grothendieck, Gödel e Kant. Il sapere moderno si fonde con l'ironia beckettiana, creando un passaporto per il nichilismo.
La struttura del libro, interamente basata sui dialoghi, permette al lettore di entrare direttamente nella mente della protagonista, scelta stilistica che non solo esalta l'intensità emotiva della narrazione, ma crea anche un'esperienza di lettura interessante. Alicia è un personaggio straordinario e tragico, la cui intelligenza matematica estrema la isola dal mondo che la circonda. La sua sofferenza è palpabile, e McCarthy la dipinge con una delicatezza e una profondità che toccano nel profondo. La perdita del fratello Bobby è il fulcro del tormento di Alicia, e attraverso le sue parole scopriamo la complessità del loro legame e il vuoto incolmabile che ha lasciato.
McCarthy ci costringe a confrontarci con questioni fondamentali come la natura della realtà, la morte, la follia e l'intelligenza. La connessione tra genio e sofferenza emerge con forza, mostrando come un'intelligenza fuori dal comune possa essere sia un dono che una maledizione.
Una delle cose che ho trovato più affascinanti del libro è proprio la sua struttura dialogica, McCarthy, con “Stella Maris”, ci offre non solo una storia, ma un'esperienza, un invito a riflettere sulle questioni più profonde e inquietanti della vita. E nel ticchettio, ora sommesso ora impetuoso, di quell'orologio che Alicia sa leggere anche al contrario, si prepara a dimostrare la verità ultima che ha appreso sulla vita: che “il mondo non ha creato un solo essere vivente che non intenda distruggere”.


Citazioni tratte da: Stella Maris di Cormac McCarthy

Se temevo i fantasmi non era per la loro essenza o per il loro aspetto ma per quello che avevano in mente. Quello sí che mi era incomprensibile. In realtà l'unica cosa che capivo di loro era che cercavano di dare un volto e un nome a quello che non ne aveva. E naturalmente non mi ispiravano fiducia. Forse dovremmo andare avanti.

Be'. Direi che quello che ho capito io è che il nocciolo del mondo dei pazzi consiste nella consapevolezza che c'è un altro mondo e che loro non ne fanno parte. Vedono che poco è richiesto ai loro guardiani e molto a loro.

È solo che essere ipso cazzo facto dichiarato malato di mente e bisognoso di cure perché conduci una vita intellettuale in contrasto con quella del resto della popolazione a me sembra grottesco. La malattia mentale si distingue dalla malattia fisica in quanto a causare la malattia mentale è sempre e soltanto l'informazione.
L'informazione.
Sí. Qui il presupposto è sapere lo stretto necessario. L'evoluzione non prevede un meccanismo per informarci dell'esistenza di fenomeni che non impattano sulla nostra sopravvivenza. Di ciò di cui qui non sappiamo niente non sappiamo niente. Lo crediamo solo.
Sarebbe a dire il soprannaturale?
Direi semplicemente il di cui.
Il di cui.
Il di cui non si può parlare.

Ha una visione cosí cupa su ogni cosa?
Io non la considero cupa. Mi pare semplicemente realistica. La malattia mentale è una malattia. Come altro vorrebbe chiamarla? Ma è una malattia associata a un organo che per la conoscenza che ne abbiamo potrebbe anche appartenere ai marziani. È probabile che il comportamento deviante sia un mantra. Nasconde piú di quanto svela.

Lei non guarda mai l'orologio, vero?
Non ne ho bisogno.
Come siamo messi? In termini di tempo.
Un'idea meravigliosa, questa. Che il tempo termini. Abbiamo quattordici minuti. I giorni sono lunghi ma gli anni brevi.
C'è una parte della sua vita che potremmo definire instabile benché non abbia a che vedere con le… com'era? Le orti?

La memoria ha una sostanza. È tutt'altro che inconsistente.

Schopenhauer pensava che se l'universo si fosse estinto sarebbe rimasta solo la musica. Le regole sono la musica. Senza le regole c'è solo rumore. Quando sentiamo una nota stonata trasaliamo. Sorridiamo o piangiamo o scendiamo in guerra. Lei come lo spiega? Come si fa a sapere quando qualcuno sta danzando? E se magari danza fuori tempo?

Negli animali la malattia mentale sembra non esistere. Secondo lei perché?
Non lo so. Ma immagino che lei abbia qualche teoria in proposito.
Perché immagina una cosa simile?
Perché ha sollevato la questione. Lei è come un avvocato.
Della serie non fare domande a cui non sai rispondere.
Sí. Comunque, che mi dice dei cani rabbiosi?
La rabbia non è una malattia mentale. È un disturbo del cervello.
Distinzione interessante. Okay, perché? Non sono abbastanza intelligenti?
Non credo proprio. I cetacei sono piuttosto intelligenti eppure sembrano al riparo dall'infermità mentale. Penso che perché ci sia pazzia ci dev'essere linguaggio.
Per poter sentire le voci immagino.



Katia Ciarrocchi



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