Il pagliaio, di Sergio Menghi
Il pagliaio
di Sergio Menghi
Ero in vacanza a Camerino, a casa dei miei familiari, nell´estate di molti anni fa, dopo aver sostenuto gli esami della sessione estiva del secondo anno della facoltà di Economia e Commercio presso l´Università degli Studi di Perugia.
Avevo lasciato la mia residenza presso la Casa dello Studente, certo di aver mantenuto il diritto al soggiorno per l´anno accademico successivo grazie ai risultati ottenuti. Mi concedevo così un breve periodo di riposo prima di riprendere lo studio delle materie previste per la sessione autunnale.
Un caldo pomeriggio d´estate, mio padre, forse vedendomi annoiato, pensò di tenermi occupato portandomi con lui a trebbiare presso la casa colonica di un vicino contadino. Questo lavoro mi era familiare, avendolo osservato da bambino nella nostra casa colonica, ma non avevo mai partecipato attivamente, se non aiutando a portare da mangiare agli operai durante le pause.
Il podere del vicino era di dimensioni molto più piccole e la trebbiatura sarebbe durata meno.
L´agricoltura stava cambiando, come avevo appreso dai miei studi: si parlava della riduzione dell´occupazione agricola a favore delle attività terziarie e di servizi.
Accolsi l´invito di mio padre con piacere, vedendolo come un´opportunità di coesione con una persona che aveva sempre lavorato per migliorare le condizioni di vita delle future generazioni.
Giunti sul sito, ho notato con sorpresa di essere l´unico giovane tra un gruppo di anziani che lavoravano più per nostalgia che per necessità. Mancava l´atmosfera di festa che ricordavo: i dolci preparati in casa, le ragazze che li distribuivano e l´organizzazione tipica delle feste di paese.
Forse mio padre voleva farmi comprendere che la vita presenta molte difficoltà, che bisogna affrontare con i mezzi a disposizione, da soli o con l´aiuto degli altri.
Quel giorno mi portò nel lavoro del pagliaio, un compito che richiedeva esperienza e che mio padre svolgeva con maestria. Mi mise al centro, vicino al palo, assicurandosi che non cadessi. Il mio compito era di passargli porzioni di paglia, che lui sistemava ai bordi laterali lungo la circonferenza.
Al termine del lavoro, il pagliaio doveva avere una forma conica ben lisciata, per impedire alla pioggia e alla neve di penetrare e rovinare la paglia.
Ho voluto descrivere questo ricordo per comprendere meglio il motivo per cui mi è tornata la voglia di costruire un piccolo pagliaio con il fieno sfalciato, da destinare alla pacciamatura nell´orto per la prossima stagione. Ora devo sospendere l´attività per almeno due mesi, in attesa che passi il caldo torrido di luglio e agosto.
Ma in realtà la figura del pagliaio, con l´immagine dell´uomo aggrappato alla scala per lisciarlo, l´ho impressa nella mente da quando, nel giro cicloturistico dell´Olanda con mia moglie, avemmo l´occasione di visitare il museo dedicato a Vincent van Gogh ad Amsterdam.
Quel quadro mi ricordò la figura di mio padre, ormai scomparso da diversi anni. Entrambi i miei genitori sono stati determinanti nella mia formazione: mia madre più predisposta per la comunicazione e mio padre per le attività manuali e pratiche.
Loro non ebbero la possibilità di sviluppare più di tanto le loro qualità innate perché l´istruzione non era andata oltre i primi anni della scuola elementare.
Ora c´è bisogno di maggiore istruzione ed io vorrei propormi in questo modo per trasmettere ai successori, almeno in parte, quello che ho avuto la fortuna di ricevere.