Il vangelo della scimmia
secondo
Cristopher P. Wilson
per un romanzo un po' swiftiano
e un po' voltariano
di Giuseppe
Iannozzi
Diciottesimo secolo d.C, un'isoletta al largo dell'Inghilterra, tagliata fuori
dal resto del mondo governata da un eccentrico Lord Iffe,
è il teatro dove si svolge l'avventura d'una scimmietta, di Maria. Il povero
primate viene sbattuto sull'isola dopo che la nave sulla quale si trovava a
bordo naufraga. Mascotte e amica intima del cuoco della nave affondata, nel
villaggio di Iffe Maria imparerà presto a conoscere i
bizzarri abitanti di questa terra, in primis il sedicente epistemologo Gallimauf.
Gallimauf trova la scimmia alquanto interessante e
dopo averci pensato sù un pochetto
decide che non può che trattarsi d'un francese. L'epistemologo, al pari di
tutti i cittadini di Iffe, non ha mai visto una
scimmia. Il modo di fare libero e grottesco dell'animale a lui sconosciuto lo
conduce alla sconclusionata conclusione che si trova di fronte a un francese. Convinto
di ciò, per gli abitanti di Iffe Maria diventa il
francese punto e basta.
Maria, o il francese che dir
si voglia, fa presto la conoscenza anche di Vera la Pazza. La poverina è una
donna che ha perso i figli e che gli abitanti di Iffe
hanno dichiarato indemoniata. Vera prende con sé la scimmietta, la stringe al
petto proprio come se fosse uno dei suoi figli, morti e sepolti sottoterra, che
gli uomini di Iffe le hanno ucciso. Perché l'hanno
fatto è semplice: ogni villaggio che si rispetti ha bisogno d'un elemento
folcloristico e questo triste ruolo è toccato a Vera, che alla fine, per il
dolore, impazzisce sul serio.
Il francese ha indosso una giacchetta e poco altro, ovvero dei ninnoli d'oro;
la deduzione che presto viene avanzata è che dev'essere
ricco, molto ricco. Il mercante Hogg, che ha una
figlia da maritare, non perde l'occasione, il francese (Maria la scimmia) infatti potrebbe essere un ottimo partito per sua figlia Cordelia. Il francese gli viene descritto come un tipo
eccentrico, come tutti i francesi del resto. Nessuno ha mai visto né un
francese né una scimmia, così quando Maria viene presentata a Hogg e a sua figlia Cordelia nessuno
mette in dubbio che si ha a che fare proprio con un francese in carne e ossa e
pelo. Perché, ovviamente, i francesi sono tutti molto pelosi!
Christopher
P. Wilson ne “Il vangelo della scimmia” mette in scena una satira dal sapore
allegro e grottesco allo stesso tempo. Mescolando lo spirito satirico e
accusatore del Candido voltariano, il mondo fantastico di Jonathan Swift e
l'assurdità situazionistica di Frank Kafka, C. P. Wilson ci introduce in un
microcosmo gretto avaro e assassino, un microcosmo che non è poi troppo diverso
dalla società al di là dei confini di Iffe. La
piccola isola di Iffe è un mondo a sé, eppure cova
alla luce del sole tutti i difetti e i mortali pregiudizi che ahinoi sono la
forza reggente di quell'Atlante che sorreggerebbe il mondo tutto.
Christopher P. Wilson dà anima e corpo a un novello Candido voltariano incarnandolo
in una scimmia, che solo ama stare sopra agli alberi e mostrare il deretano
perché la libertà per lei non può essere niente di diverso dall'istinto
animale, dalla sincerità d'un ghigno alle domande che gli vengono poste. Dissacrante
e fantastico, Christopher P. Wilson
è meglio di Chuck Palahniuk
e Neil Gaiman,
leggere per credere.
Il vangelo
della scimmia – Christopher P. Wilson – Traduttore: L.
Cojazzi – ISBN: 9788882371913 – Meridiano Zero – collana
primo parallelo – prima edizione italiana 2011 – pagine 160 – prezzo
13,00
www.jujol.com