Viaggio
sentimentale nell'Italia dei desideri
di Vittorio Sgarbi, Bompiani
A fianco di Vittorio, alla ricerca di
bellezze artistiche
Non solo è dotato del fascino di un romanzo, proprio perché non è didascalico,
il saggio di Vittorio Sgarbi Viaggio sentimentale nell'Italia dei
desideri (Bompiani, pp. 341, euro 20), ma suscita soprattutto in noi il
desiderio di percorrere l'itinerario che l'eccezionale critico e storico
dell'arte ci suggerisce, invogliati ad ammirare, «perfino nei luoghi
apparentemente più degradati, spettacoli meravigliosi», con la possibilità di
trovare, quindi, qualcosa che travalichi il nostro stesso desiderio.
Il viaggio, alla ricerca delle bellezze artistiche, parte dal nord e perlustra
tutta la nostra nazione, soffermandosi l'autore, in maniera insistita, sulla
«insufficiente importanza» che spesso viene attribuita ai luoghi più piccoli.
Come a dire che non è certo una scoperta sottolineare le preziosità di Vicenza,
patria del Palladio, o soffermarsi sulla grandezza di Michelangelo «maestro
così sublime che è difficile immaginare che qualcuno possa pensare di
superarlo» soffermandosi il saggista su quelle che chiama «le maniere padane»,
facendo un sottile distinguo sul doppio senso della parola maniera, perché
l'originalità dell'opera di Sgarbi, consiste in particolar modo nel portarci in
luoghi misconosciuti alla maggior parte degli estimatori d'arte. Vedasi, in proposito, il Polesine, purtroppo dalla maggior
parte – persino degli stessi veneti – conosciuto per la disastrosa alluvione
del 1951, ma in realtà ricco di patrimoni quali la «Pinacoteca dell'Accademia
dei Concordi» - solo per citarne uno fra i tanti - che si trova in Palazzo Roverella, dove sono custodite, come in ben pochi altri
luoghi «raccolte selezionate, di così certa provenienza, e documenti di una aristocrazia curiosa, dotata di gusto sicuro. Quasi ogni
momento della grande pittura veneta è presente con esemplari di assoluta
novità. Così si va da una delle più soavi Madonne con il Bambino di Giovanni
Bellini (un Bellini rosa) alla spericolata Morte di Cleopatra di Sebastiano Mazzoni…»
E l'autore prosegue ingolosendo l'appassionato d' arte
misconosciuta a fare una sosta lunga in Polesine, non dimenticando certo la sua
amata e vicina Ferrara, già molto nota ai turisti, dove Sgarbi gioca in casa.
Il viaggio abbraccia l'Italia tutta, con lunga sosta nella Padania, per
scendere in luoghi degli antichi amori marchigiani («Quando
accettai molti anni fa la candidatura nelle elezioni amministrative di San
Severino, pensai che fosse possibile trasmettere insieme alla politica anche
valori culturali, così come nel passato fecero Giovanni Gentile e Benedetto
Croce. Poi si è purtroppo creato una sorta di dissociazione, per cui il potere
si è allontanato dalla cultura…». Ahi, noi, ahi lui, quanto ha ragione il
Nostro nel rilevare questa piaga, quindi, per distrarci dal triste pensiero,
osiamo un volo pindarico – saltando a malincuore Napoli (che meriterebbe pagine
a parte), per ragioni di spazio, spingendoci addirittura in Sicilia (dal 2008
il critico è sindaco di Salemi e dal 2010
Soprintendente per i Musei e le Gallerie statali di Venezia) e, in particolar
modo, per mantenere la linea di sottolineare i luoghi meno noti al fruitore,
facciamo un balzo a Ragusa, il capoluogo di provincia siciliano, spesso
ignorato dagli itinerari dei viaggi organizzati, anche se Camilleri ha dato
modo di valutarlo molto negli sceneggiati del suo Montalbano.
E qui, Sgarbi non ci regala solo un momento d'arte ritrovata, ma uno squarcio
di vita, adoperando la sua ben nota finezza nel creare suture, spesso venate di
nostalgica poesia («…. In quel caldo pomeriggio di
fine estate del 1987 con Leonardo Sciascia e Gesualdo
Bufalino, vivi, miei coetanei e non nomi di un libro
di storia o di un sussidiario per le scuole. Camminavamo tranquilli, con passi
lenti Sciascia, e un po' reclinato in avanti, più nervoso Bufalino.
Credo fosse con noi anche Matteo Collura e certamente
il fotografo Giuseppe Leone». Li attendeva un avvenimento di rara importanza
artistica: il ripescaggio sotto strati insignificanti di «vaste superfici
dipinte da Duilio Cambellotti, ammiratissimo artista,
architetto, scultore, mobiliere, pittore».
Misteriose e piene di pathos le Estasi liguri che chiudono il saggio,
lasciandoci il rimpianto di aver solo letto di luoghi che appagherebbero il
desiderio di bellezza di molti di noi, ma, come sostiene l'Autore, è «tanto
breve il nostro tempo, tanto magnifica la nostra terra».
Grazia Giordani
www.graziagiordani.it