D'un tratto nel folto del bosco
di Amos Oz
ed. Einaudi
Titolo originale
Suddenly in the Depth of the Forest-A Fairy
Tale
Traduzione
di Elena Loewenthal
Quarta di copertina
“ Tutto era cominciato
tanti, tanti
anni prima
che i bambini del paese nascessero,
in tempi in cui persino i loro genitori erano
ancora
piccoli. Nello spazio di una notte, una
qualunque notte piovosa d'inverno, tutti gli animali spariti
dal villaggio.
Bestiame e uccelli e pesci e insetti
e rettili”.
Alcuni titoli (Lo stesso mare, Non dire mai
notte…) dei romanzi di Amos Oz sia per i
piccoli sia per gli adulti evocano
versi poetici, atmosfere rarefatte,
un mondo sospeso tra realtà contingente e fiaba misteriosa.
In questo racconto incantato
ricorrono i motivi stilistici dell'autore:
un ritmo narrativo
equilibrato e una forma
cristallina
e trasparente
stratificata da
sotterranee profondità. Infatti il bosco,
metafora
di memoria dantesca, ci addentra
nell'inconscio delle nostre paure e angosce esistenziali,
ma, in questa
sorta di sogno narrativo,
sono i due piccoli protagonisti che, mossi dalla curiosità, iniziano
un percorso alla ricerca
di quello che si cela. La storia,
nella prima
parte, è un porre domande
e ricevere risposte velate,
reticenti, elusive, con incertezza
ed estremo imbarazzo dagli
adulti, che spesso non vogliono
vedere oltre…perché la meraviglia e
l'entusiasmo sono spenti dal grigiore delle loro esistenze. Maya e Mati vivono in
un paese senza
animali,
anzi non ne hanno
mai visto alcuno,
se non attraverso
le immagini a
scuola. Non sono per niente convinti
che non esistano altri esseri. Il piccolo Nimi
comincia a
sognare la notte animali e a
raccontare,
tanto da
essere preso in giro. Un giorno scappa via e
torna dopo tre
settimane ancora più svagato e diverso, ha
perso l'uso della parola ed
emette nitriti. Il paese è sempre
più cupo e triste, solo montagne,
nuvole e vento. Isolato e sperduto
in un valle
chiusa, oppresso da uno strano,
totale silenzio. Non un muggito, un
raglio, solo il gorgoglìo
del fiume giorno e notte, che scorre fra
i boschi e i monti. Di notte il silenzio si tinge di nero e aleggia
intorno alle case Nehi,
il demone dei boschi. Molti anni prima,
nello spazio di una notte tutti gli animali erano
spariti dal
paese e dai
suoi dintorni, inghiottiti dal
bosco, la gente viveva da allora in
silenzio, nella paura.
Alle domande dei bambini i genitori preferiscono negare, o insabbiare nel silenzio la
questione. Certi personaggi sui
generis contrappuntano la trama, strani e cristallizzati
in comportamenti reiterati, ma
con un che nell'animo di fanciullesco e innocente. Mati e Maya, tra
tutti i bimbi, sono attirati dai
boschi tenebrosi, affascinati,
e l'immaginazione
li spinge a scoprire cosa mai si annidi, là dentro. Custodiscono un segreto, aver intravisto
un guizzo fulmineo, saettante presso un'ansa del fiume, un pesce con squame
iridate che sembrano fatte
di argento vivo, piccolo, lungo non
più di mezzo dito, le pinne delicate
e le branchie trasparenti.
Lo stupore della scoperta e vaghi
suoni come di sogno li spingono ad
inoltrarsi nel bosco. Tra i grovigli fitti e bui di piante
ombrose, seguendo il corso
del fiume come guida, tra l'echeggiare
di suoni, fischi, sospiri, scoprono un parco,
una delizia
per gli occhi: ruscelletti, vasche d'acqua, aiuole
in fiore, siepi, alberi e… animali
di ogni specie, un giardino delle
meraviglie per i loro occhi sgranati
e sbalorditi.
Incontrano Nehi,
il demone, ma è solo un essere malvoluto ed emarginato dal
paese perché non conforme al comune sentire e nel bosco insieme agli animali, che lo hanno
seguito perché anch'essi maltrattati e vittime di tormenti, vive in una dimensione paritaria
dove non esiste la
vergogna di ciò che è vero e essere
fieri di ciò che è menzogna. Di
notte scende nel villaggio e per vendicarsi degli abitanti li spaventa a morte, ma
sbircia anche
tra le finestre alla
ricerca di un contatto umano
che gli manca.
I bambini con l'animo sgombro da
pregiudizi assumono il ruolo di mediatori e forse quando
gli animi fossero cambiati,
sarebbero scesi gli animali e
non sarebbero più stati picchiati
i cani con i bastoni,
frustati i cavalli con le strisce di cuoio e avvelenati
i gatti randagi, affogati i topi nei pozzi neri, non uccisi a fucilate
i cerbiatti, le volpi e venderne le
pellicce e mettere le trappole per
le lepri e anatre
selvatiche.
Insieme agli animali
sono scomparsi i sentimenti, la solidarietà;
lo scherno e l'irrisione per chi viene escluso dominano
i cuori, una sorta di gelo attraversa le
loro anime e nascondere
la verità è la
regola che domina nel loro vivere quotidiano.
Un vento impetuoso ha spazzato il
villaggio di ogni risorsa d'amore,
di convivenza armoniosa, in preda
gli abitanti
ad una
paura
misconosciuta che offende ogni rapporto reciproco. In uno stile evocativo e fiabesco
si adombra
la storia
di venature inquietanti, ma anche di spiragli
di luce: il mondo salvato dai bambini?
In questa narrazione
la sensazione
predominante è la perdita
di qualcosa
di profondo negli abitanti, i quali
costituiscono un microcosmo rappresentativo di un'umanità
più vasta, alla
ricerca, di se stessi.
Amos Oz,
scrittore israeliano, è nato
nel 1939 a Gerusalemme.
Dopo avere studiato filosofia
nell'Università ebraica della
sua città, ha perfezionato la sua preparazione in istituti universitari
in Inghilterra e negli Stati Uniti. Oggi all'attività di scrittore affianca
quella di insegnante di letteratura all'Università
Ben Gurion del Negev, una
regione dello Stato d'Israele. Tra
le sue opere più note In terra d'Israele
(Marietti,1992), Lo stesso mare
(Feltrinelli, 2000), Una storia
d'amore e di tenebra, Contro il fanatismo (Feltrinelli, 2004), Non dire notte ( Feltrinelli, 2007).
Arcangela Cammalleri