Intervista
di Renzo Montagnoli a Davide Cassia e Stefano Sampietro, autori del romanzo La clessidra
d'avorio, pubblicato da
Edizioni XII
Com'è nata l'idea di
questo romanzo?
Risponde Davide Cassia: Una sera davanti a una pizza e una
birra, Stefano mi chiese se me la sentivo di scrivere un romanzo a quattro
mani. Dopo una settimana gli presentai il canovaccio de La clessidra d'avorio e rimase di sasso, dicendomi che l'aveva
detto per scherzare. Visto che la trama era già, più o meno, definita, iniziai
la prima stesura.
Stefano voleva una storia avventurosa, colma di mistero e
suspense, che fosse ambientata in un'epoca poco sfruttata dagli altri
romanzieri. Mi venne in mente l'epoca napoleonica, a mio parere periodo
affascinante e pieno di spunti, intersecata con altri piani temporali, per
rendere più complesso il filone principale. L'idea della clessidra e
dell'alchimia fu una folgorazione, una di quelle che non si possono spiegare
razionalmente.
Il testo, per sua natura,
deve avere richiesto necessariamente un lavoro preparatorio sugli alchimisti e
in particolare su Philippus von Hohenheim,
più conosciuto come Paracelso. Oppure c'era già questa passione che vi
accomunava per questa filosofia esoterica? E se sì, per quali motivi?
Risponde Davide Cassia: No, non conoscevamo nulla, o
perlomeno quelle poche cose lette qua e là su romanzi e testi storici. Per
prepararci abbiamo letto diversi testi, sia di natura storica, per conoscere
l'ambiente e i luoghi in cui si sarebbero mossi i protagonisti, sia legati
all'alchimia stessa.
Diverse cose sono state comunque aggiunte nelle successive stesure
e revisioni del testo.
Logicamente ci siamo divisi i compiti: Stefano si è preso in
carico la difficile parte del diario e di tutto ciò che riguardava gli scacchi
e la figura di Paracelso, io ho fatto più lavoro di manovalanza scrivendo gli altri piani temporali e poi lavorando
sulle seguenti stesure.
L'idea della partita a
scacchi fra Bandini e Paracelsus
è l'avvio del fil rouge di tutto il romanzo,
difficile da condurre su tre piani temporali, specialmente quando uno sia
costituito soprattutto da un diario. Gli incroci dei fatti, la tempistica sono
veramente pregevoli, seguendo un filo logico che non viene mai meno, secondo un
ordine, direi matematico e proprio di uno scacchista. E anche il finale sembra
messo lì per preludere ad altre mosse. E' sperabile attendere un seguito?
Risponde Stefano
Sampietro: In effetti non c'è molta differenza tra una partita a
scacchi e la trama di un romanzo: entrambe sono una successione ordinata di
eventi (le mosse) che riguardano personaggi (i pezzi) decisa dagli autori (i
giocatori)! Del resto la letteratura ha già sfruttato questo parallelo, penso
ad esempio a "La scacchiera" di John Brunner.
Quando costruisci un romanzo dalla trama strutturata come il nostro, la
mancanza di logica è un lusso che non puoi permetterti, quindi hai
probabilmente ragione quando dici che l'ordine seguito è quello di uno
scacchista (e forse la mia passione per questo gioco, anzi, per questa
"scienza e arte", come sono stati giustamente definiti gli scacchi,
ci ha aiutato!).
Un seguito? Nella "Clessidra d'avorio" citiamo una frase
di Pierre Mac Orlan:
"Ci sono più avventure su una scacchiera che su tutti i mari del
mondo". Quindi le possibilità di creare altre trame con i nostri
personaggi sono infinite, chissà che in futuro...
Mi sembra d'obbligo una
domanda, alla quale siete invitati a rispondere separatamente. Visto
l'argomento trattato dal libro, cosa ne pensate dell'alchimia? Non mi riferisco
tanto a una visione di alambicchi, quanto alla vera e propria filosofia
esoterica di cui le serpentine e anche le clessidre rappresentano solo i mezzi
di un tentativo di applicazione.
Risponde Stefano Sampietro:
Il mio è un approccio marcatamente scettico nei confronti
dell'alchimia, non solo dal punto di vista delle sue potenzialità empiriche:
confesso d'essere sempre un po' "guardingo" verso certi facili
simbolismi e certe manifestazioni del cosiddetto "pensiero magico"
(per usare una definizione forse non del tutto corretta, ma
utile per distinguere da quanto appartiene a una sfera razional-scientista).
Tra l'altro questo è anche il punto di vista che più o meno assume il
protagonista del romanzo, Darius Berthier
de Lasalle, sebbene il finale lasci
spazio a posizioni possibiliste... spero che questo "outing scettico"
non ci alieni chi guarda all'alchimia con occhi diversi!
Risponde Davide Cassia:
Penso sia stato uno dei tanti tentativi dell'uomo per raggiungere
la perfezione, il bello, il divino, attraverso strumenti improbabili e
imperfetti, mutuati anche dall'epoca storica. Esperimenti fallaci presenti in
ogni tempo, dalla torre di Babele all'acceleratore nucleare.
L'alchimia intesa come ricerca della perfezione tramite
trasmutazione e cambiamento è sempre esistita e sempre esisterà, anche se
denominata in modi diverse a seconda delle epoche.
Vi ringrazio per la
disponibilità e per le succinte, ma esaurienti
risposte. Nel salutarvi, augurandovi che il vostro libro, veramente
interessante e avvincente, possa incontrare il successo che merita, auspico che
possa esserci un seguito con nuove ed entusiasmanti avventure.
La
clessidra d'avorio
di Davide Cassia
e Stefano Sampietro
Copertina di Jessica Angiulli
e Lucio Mondini
- Diramazioni
Edizioni XII
www.xii-online.com
Narrativa romanzo
Collana Mezzanotte
Pagg. 330
ISBN 978-88-95733-24-1
Prezzo € 17,00
Sotto,
nell'ordine, Davide Cassia e Stefano Sampietro