La strega e il
robivecchi
di Fiorella Borin
Copertina di Gian Luca Peluso
Edizioni Tabula Fati
www.edizionitabulafati.it
Narrativa
Pagg. 64
ISBN 978-88-7475-178-5
Prezzo €
5,00
Fiorella Borin, veneziana trapiantata
ormai da tempo in terraferma, sembra di casa a questo concorso (il Premio
Tabula Fati) alle cui edizioni partecipa con puntualità, ottenendo lusinghieri
risultati, come testimonia il secondo posto nell'edizione 2008 di questo suo
racconto (in verità, nel 2009 è andata ancor meglio, vincendo la settima
edizione con Christe Eleison).
Narratrice esperta, dotata di uno stile snello, scorrevole, è
naturalmente portata alla narrativa storica o di ambientazione storica, come
dimostrano Il pittore Merdazzer, secondo
nell'edizione 2006, e anche Il bosco dell'unicorno, pure secondo
nel 2003.
Fiorella Borin ha la capacità di essere
accattivante inserendo in contesti storici degli elementi fantastici, così che
sempre riesce a dare forma a un'originalità che non può che sorprendere
piacevolmente il lettore.
Anche con La strega e il robivecchi, una
vicenda da epoca di Santa Inquisizione, ricrea abilmente la vita di un borgo, Triora, a suo tempo famoso per le
streghe, senza che però il periodo storico sia esattamente identificabile.
Eppure la grande carestia, le superstizioni, la miseria, l'amore offerto e
quello bramato finiscono con il fornire un convincente quadro in cui a fianco
di due personaggi che hanno tutta l'apparenza di essere reali (il robivecchi Bigiarino e il riuscitissimo notaio Basadonne),
si profilano dapprima, per poi concretizzarsi in modo del tutto naturale nella
vicenda, elementi che sono propri del fantastico.
E' dalla superstizione che condanna al rogo le presunte streghe che
emerge, in modo sottile, la creatività dell'autrice, capace di rendere
credibili fatti e soggetti che la nostra logica tende a considerare frutto di
fantasia.
Del resto l'inquisizione c'era per debellare le adepte di Satana,
quasi sempre vittime di calunnie, oppure povere pazze; e se il tribunale
religioso credeva all'esistenza delle streghe, per quale motivo questa
convinzione non avrebbe dovuto entrare nella modesta,
per dire inesistente cultura del popolo?
Così la vicenda di Bigiarino, innamorato
in silenzio di Isotta la Bella, finita poi sul rogo, trova quel substrato di
plausibilità che riesce a convincere e ad avvincere il lettore su una domanda
che alla fine per forza si pone: sono solo superstizioni?
Fresco e spumeggiante come un vino novello questo è un racconto
che merita senz'altro di essere letto.
Nata a Venezia nel 1955, laureata in psicologia, Fiorella Borin si è dedicata per qualche anno
all'insegnamento di scienze umane e storia negli istituti superiori. Ha
collaborato con l'Università di Padova come cultrice della materia; in seguito
ha maturato qualche esperienza in seno a piccole case editrici e nelle
redazioni di riviste letterarie. Attualmente collabora con un settimanale
femminile del più importante gruppo editoriale italiano. Da una quindicina
d'anni si dedica con passione allo studio della storia di Venezia.
Oltre duecento suoi
piccoli lavori di narrativa, poesia e saggistica sono presenti in antologie e
riviste; il racconto La tela di Penelope è uscito sul mensile “Vera” (settembre
1995) commentato dallo scrittore Alberto Bevilacqua. Ha pubblicato il romanzo
breve Le putine del Canal Gorzone (Montedit, Milano 2002), la raccolta di racconti La
Signora del Tempio Nascosto (Alberto Perdisa
Editore, Bologna 2003), il racconto storico-fantastico Il bosco
dell'unicorno (Tabula fati, Chieti 2004), e i cinque brevi romanzi storici:
Mir i dobro (Montedit, Milano 2005), La sciarpa
azzurra (Era Nuova, Perugia 2005), La congiura degli Olderichi (Edizioni Cofine,
Roma 2007), Lo scrivano (Montedit, Milano
2007) e Il pittore merdazzèr (Tabula fati,
Chieti 2007) ambientati nella Venezia del Cinquecento.
Ha vinto una novantina di primi premi in concorsi
letterari nazionali e internazionali.
Renzo
Montagnoli