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  Letteratura  »  Vertigine della lista, di Umberto Eco, edito da Bompiani e recensito da Carlo Bordoni 19/11/2009
 

L'INUTILE VERTIGINE
DELLA LISTA

Sul libro di Umberto Eco

Dopo la Storia della Bellezza (Bompiani, 2004) e la Storia della Bruttezza (Bompiani, 2007), Umberto Eco si cimenta nella “lista”, cioè nell'idea dell'elencazione nella storia della cultura e dell'arte (Vertigine della lista, Bompiani, 2009, pp. 408, € 39). Un compito gravoso, quanto destinato ad essere incompleto, perché la prima qualità della lista è la sua prerogativa di essere aumentata, integrata, aggiornata, continuata all'infinito. Una potenzialità che è ragione del suo fascino, ma anche della sua terribile minaccia: il rischio dell'incomprensibilità (nel senso proprio di con-prendere, cioè di contenere dentro di sé), dell'eccessiva grandezza che può sommergere, andare oltre la nostra capacità di dominare il mondo. Per questo la lista è “vertiginosa”, perché confonde e smarrisce in quell'infinito che, non a caso, si lascia svanire dietro di noi con un senso di liberazione. Ma la lista è una manifestazione della conoscenza, la prima e la più arcaica: prima ancora  di mettere in relazione gli elementi, di ragionare sui loro rapporti e trarne considerazioni, pensieri e giudizi, è necessario disporre dei dati. Averli in bella mostra davanti a sé, riconoscibili e in perfetto ordine.

Perché, diciamocelo chiaramente – anche se Umberto Eco lo nasconde – il senso di vertigine della lista è causato dalla sua inutilità.

Ciò che ci serve sono le relazioni tra gli oggetti, tra gli individui; il loro rapportarsi con quanto rappresentano ai nostri occhi, in un determinato contento che assume un senso solo in funzione del personale e del sociale. Un elenco di nomi non ci dirà nulla in astratto, ma assumerà un significato se si tratta degli abitanti di una città, degli amici più cari, dei parenti prossimi o degli allievi di una scuola. Contestualizzati e definiti. “Definire” vuol dire mettere un limite, saper contenere la lista entro uno spazio (o un tempo) stabilito. Questo processo, questo sforzo mentale di “contenere” la lista entro termini circoscritti consente di dominarla e di conoscerla nella sua interezza.

L'ansia di contenere il tutto è propria della natura umana e l'esempio dello scudo di Achille, utilizzato da Eco in apertura del libro, è perfettamente calzante. Omero usa lo stratagemma delle armi sottratte da Patroclo ad Achille per uno scopo ben preciso. Quello di rappresentare con le parole (cioè con la poesia, che è una poesia cantata, destinata alla trasmissione orale) un'immagine figurativa fantastica, non esistente in realtà, e dunque di estrema complessità. Omero impiega buona parte del XVIII canto dell'Iliade per descrivere lo scudo creato da Efesto, dimostrando così la superiorità della parola sull'immagine. Laddove essa può contenere la descrizione di un infinito che la rappresentazione grafica è costretta a limitare nei margini angusti dello scudo. Magnifico artificio letterario, che inutilmente pittori e scultori (de Quincy, Cochin, Weniger, ecc.), da allora, hanno cercato di rappresentare in forma concreta.

 

Carlo Bordoni

 

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