Ditelo
a mia madre - Vera Lucia de Oliveira - Fara Editore,
2017 - Pagg. 80 – ISBN 978
88 94903 03 4 - Euro 10,00
Nella
collana “ Il filo dei versi ” delle Edizioni Fara di
Rimini è stata pubblicata quest’anno la raccolta poetica
di Vera Lucia de Oliveira: “ Ditelo a mia madre” con la
postfazione della poetessa Prisca Augustoni.
Scorrendo
le pagine di questa raccolta mi sono chiesto più volte: perché
farsi carico del dolore tremendo della morte di un figlio?
Vera
Lucia de Olivera non è un famigliare di Giulio REGENI,
scomparso prematuramente il 25 gennaio dello scorso anno in Egitto,
perché sentirsi parte di quest’immane tragedia che
ancora non ha trovato risposte?
Perdere
un figlio è un Calvario del quale non si vedrà mai la
cima. Il popolo turco quando voleva infliggere una maledizione ai
propri nemici ripeteva: “ Possa tu vivere più dei tuoi
figli! ”.
Scrive
l’autrice nel secondo canto di questa raccolta:
“ andate
a dire a mia madre / che non ho mai perso il senso / dell’amore
/ ”.
Il
filo conduttore della raccolta è tutto qui: calarsi nelle
carni della madre di Giulio REGENI attraverso codici semantici, la
creazione dei versi: Poiein che veste la tragedia trasformandola in
canto per le orecchie dei secoli.
Riesco
solo per poco, leggendo i brevi corpi poetici, a dare una parvenza di
serenità all’infinito dramma che i genitori, di quel
giovane massacrato, porteranno dentro come un male oscuro, autentico
e inalterabile: non un ricordo ma la memoria lancinante che separa i
vivi dai morti.
Rivedo,
nelle mani della de Oliveira, le mani tremanti del grande poeta
Giuseppe UNGARETTI privato dell’amore del figlio Antonietto,
perso a soli nove anni, che segnerà la nascita della raccolta
poetica “ Il dolore” del 1947 ,dalla quale traggo questi
versi:
“
(…)
Mai, non saprete mai come illumina / L’ombra che mi si pone a
lato, timida / Quando non spero più…”
La
forza costruttiva dell’anafora interna al vero dà il
senso del dolore invincibile.
Mi
viene da pensare che anche per la nostra poeta l’ombra di
Giulio l’abbia illuminata nel momento creativo di questa
raccolta, ponendola nella condizione di familiarità: “
Eppure, bisogna varcare quella porta, entrarci, bisogna abbracciare e
piangere su quei corpi piagati, bisogna tenerli stretti, cullarli.”
( a pag.63).
Ditelo
alla madre di REGENI che ha l’abbraccio dell’Universo, al
quale suo figlio oggi appartiene.
Vincenzo
D’Alessio
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