La messa dell'uomo
disarmato
di Luisito Bianchi
Sironi Editore
Narrativa romanzo
Pagg. 860
ISBN: 88-518-0024-3
Prezzo: € 19,00
Confesso che quando l'amico Remo Bassini mi ha parlato di questo libro e anche del suo
autore è sorta immediata una naturale curiosità, cioè quella di conoscere che
ne pensa un sacerdote, e Luisito Bianchi lo è, di un fenomeno di assoluta
rilevanza quale è stata la
Resistenza. A onor del vero, questo trepido desiderio è
rimasto un po' frenato quando, in possesso del libro,
mi sono accorto della sua mole. Al momento l'ho accantonato, perché 860 pagine
mi spaventavano, e così è rimasto per una ventina di giorni sul comodino, quasi
a vegliare la mia notte. Ogni volta che mi coricavo buttavo un'occhiata
e quel bel campo di grano in copertina accresceva di più il senso di
incertezza; poi, una sera, non ho resistito
e l'ho preso fra le mani, ripromettendomi di iniziare con un paio di
pagine. Se non avessi guardato l'orologio avrei fatto l'alba, perché quei
piccoli fogli di carta fluivano fra le mia dita come
le fresche acque di un ruscello e la lettura, oltre che gratificante, risultava
lieve. C'è voluto il suo tempo, ma poi sono arrivato alla fine, non con un'aria
di trionfo, ma con il dispiacere che non vi fossero
altre pagine.
Questo preambolo mi sembra doveroso,
proprio per evidenziare il fatto che, quando un'opera è di valore, non dobbiamo
lasciarci influenzare dalla sua dimensione ed è quindi un invito a leggere
questo romanzo, senza preconcetti, perché, al di là del suo elevato pregio. riesce a infondere nell'animo un senso di serenità, una
quiete interiore sempre più difficile a trovarsi.
E' stato anche definito un romanzo
sulla Resistenza e in questo senso è vero, perché ha saputo cogliere
l'autentico significato di questo periodo storico che prima ancora che un fatto
bellico è stato un evento umano, con quel ritrovamento di una dignità da tempo
sepolta.
La messa dell'uomo disarmato non è
però solo questo, ma molto di più. E' un romanzo sulla vita cristiana, sul
rapporto fra uomo e natura, fra uomo ed Ente Superiore, sulle relazioni fra gli
uomini. La visione di Luisito Bianchi non è cattolica, ma
cristiana, nel senso che si è spogliato degli abiti talari quando si è accinto
a metter mano alla penna e così del suo ufficio è rimasta solo la sostanza,
quel continuo dialogo fra il razionale e il trascendentale che può benissimo
essere sintetizzato nella frase di
Franco, il narratore del romanzo: “Credi
in Dio? Non so, come una volta, ma credo alla Parola annichilita e risorta per
dare un unico senso alla morte e alla vita”.
L'origine contadina dell'autore si
riflette poi nell'amore viscerale per la terra che permea tutto il libro,
quella terra da coltivare con mani amorevoli, quasi fosse un essere vivente,
con i ritmi di vita propri delle attività connesse e disancorati da quelli
fissati dall'uomo.
La terra è una grande madre a cui i figli attendono con i lavori agricoli come pargoli
che succhiano il latte dal seno e a cui, alla fine di una vita, ritornano, per
formare con essa un'unica entità, in un ciclo costante che dura da millenni, in
una simbiosi che da un senso a tutta l'esistenza.
La messa dell'uomo disarmato è anche
il romanzo della pietà,
non una pietà di comodo, ma quel gesto amorevole che deriva da
una radicata umanità.
E così anche le tragiche pagine
centrali del volume, quelle che parlano degli anni della resistenza, con tutti
gli episodi di scontri bellici, di eccidi, di bestialità, finiscono con il
diventare un messaggio di pace di rara bellezza ed efficacia.
Questo romanzo ha tanti personaggi,
talmente vivi che sembra di vederli, e questo nonostante manchino le classiche
descrizioni, perché per delineare le figure Bianchi si
avvale delle loro azioni. L'autore non dimostra una spiccata preferenzialità
per l'uno o per l'altro, però un po' più di attenzione c'è per i poveri e puri
di cuore. Personaggi come Balilla, Giuliano e, soprattutto, Rondine sono di
struggente bellezza, entrano nel lettore in punta di piedi e non escono più dal
suo cuore.
Aggiungo, poi, che ci sono pagine in
cui la capacità poetica di Bianchi si esprime ai massimi livelli: “Come al solito,
quel lunedì 26 luglio 1943 l'avemaria suonò alle cinque e mezzo, saltellò sui
tetti delle case, s'incontrò con la mano di porporina dorata che il sole s'era
affrettato a pennellare sulle cime degli alberi,…”.
E di periodi come questo, di una
dolcezza senza pari, ce ne sono altri, ma non sono un esercizio di stile, in
quanto funzionali al massimo alla vicenda.
Bianchi ha scritto tante pagine, ma
non ha usato una parola più del necessario, e anche se la prima parte può
sembrare troppo lunga e l'ultima troppo breve, quasi affrettata, restando il
corposo nucleo centrale l'essenza vitale del romanzo, sono dell'opinione che
l'autore abbia agito per il meglio, componendo la sua opera come un grande
concerto di musica sinfonica, dove il preludio è l'indispensabile base per
comprendere il tutto e la fine è la naturale risposta a tanti perché.
La messa dell'uomo disarmato, secondo
il mio giudizio, è un romanzo di una bellezza sublime, un autentico e raro
capolavoro come pochi se ne trovano nella letteratura mondiale.
Luisito Bianchi è nato a
Vescovato, in provincia di Cremona, nel 1927 ed è sacerdote dal 1950. È stato
insegnante e traduttore ma anche operaio, benzinaio e inserviente d'ospedale.
Attualmente svolge funzione di cappellano presso il monastero benedettino di Viboldone (Milano). Nel corso degli anni ha pubblicato: Salariati
(1968), Gratuità tra cronaca e storia (1982), Dittico vescovatino
(2001), Sfilacciature di fabbrica (1970; riediz.
2002), Simon mago (2002). Negli ultimi anni sono stati editi Dialogo
sulla gratuità (1975; Gribaudi 2004) e Monologo
partigiano (2004, Il Poligrafo). Sironi ha
pubblicato nel 2003 il suo grande romanzo sulla Resistenza, assai elogiato
dalla critica e apprezzato dal pubblico, La messa dell'uomo disarmato.