Risponde Sandro Gros-Pietro, socio
fondatore della Genesi Editrice
http://www.genesi.org/
Le origini della vostra casa
editrice?
Nasce nel 1980 come atelier di progettazione e fucina di stampa di
progetti e proposte letterarie sul versante della poesia e della prosa
militante. Ha sempre unito insieme il carattere della sperimentazione, della
ricerca e del rigore. Non si è mai posta come obbiettivo la crescita
commerciale e la diffusione universale delle opere, ma l'elezione di percorsi
di interesse e la proposta di dibattiti, convegni, incontri, linee e percorsi
di sviluppo sia per nomi di singoli autori sia per gruppi. Rappresenta
un'officina di elaborazione di tematiche intellettuali, principalmente nel
campo della poesia, ma con riferimenti e sviluppi sempre più sviluppati anche
in quello della saggistica, della narrativa e dell'arte.
Quali sono gli elementi di
originalità del vostro progetto?
Per dirla con Michelstaedter “il porto è
la furia del mare”, cioè la meta da raggiungere sta nell'affrontare la
tempesta, entrare nell'occhio del ciclone, osservare da dentro il fenomeno
contemporaneo della creatività letteraria, prendere il polso ai battiti degli
autori che si stanno facendo ora, intervenire mentre
si costruisce l'opera complessiva del grande autore. Come il giornalista
cattura la notizia, l'editore cattura la progettualità
degli scrittori che si stanno costruendo.
Quale
pensate che sia il futuro dell'editoria in Italia e della vostra
casa editrice in particolare?
A livello nazionale, meno peggio di
qualche anno fa. Malgrado i prezzi dei libri si siano
più che raddoppiati con l'introduzione dell'euro, il pubblico dei lettori ne
sta acquistando sempre di più. Il libro entra nelle abitudini dei giovani, come oggetto di compagnia. Difficile che possa insediare l'I-pod, ma anche
in passato il libro è sempre stato confinato a una piccola, piccolissima,
esclusiva minoranza della classe dirigente: ai tempi di Alessandro Magno solo
le dinastie reali, e non tutte, possedevano biblioteche; ai tempi di Gutenberg solo le più solide famiglie patrizie potevano
permettersi una biblioteca, il cui costo era superiore a quello di una
prestigiosa carrozza a cavalli; ai tempi dell'invenzione dei tascabili, il
libro ha invaso le case del ceto medio. Oggi, con la veicolazione dei libri agganciata alla vendita dei
quotidiani, qualche libro sta entrando in tutte le case, anche in quelle dove
un tempo entrava di massima solo La Bibbia e il libro d'ore della prima
comunione. I libri sono come i topi: una volta che entrano in una città, in un
edificio, in un alloggio si moltiplicano a dismisura e non si riesce più a
scacciarli. Gran buon segno! Gli editori che piangono sono bugiardi o incapaci.
A livello aziendale, la nostra casa editrice è nata e intende rimanere come una
casa di nicchia, come le cravatte di “Marinella”, il notissimo cravattaro partenope, che è
apprezzato in tutto il mondo, ma che non intende svilupparsi a livello
industriale verso una produzione di massa.
In Italia si legge poco: di chi è la
colpa? Un po' anche delle case editrici?
L'italiano ama il chiacchiericcio, il salotto, il talk show; ama
l'improvvisazione più della riflessione. L'improvvisazione fa parte della
cultura: rappresenta una delle espressioni più difficili e più impraticabili
della cultura umana. Ci sono delle radici storiche antiche, per esempio la
cultura degli italiani è sempre stata dialettale, e il dialetto era una lingua
solo orale, non scritta, l'italiano era riservato solo ai poeti e ai letterati,
fu così fino all'unificazione nazionale e all'adozione dell'italiano come unica
lingua di Stato introdotta dai Savoia. “In Italia si
legge poco” è un luogo comune su cui insistono le persone prive di fantasia, del
tipo “mancano le mezze stagioni”, “è bello viaggiare più che stare fermi” e
altre ovvietà del genere. I lettori forti italiani – quelli che leggono più di
un libro al mese – sono numerosissimi. Non parliamo,
poi, della quantità enorme di persone che non solo amano leggere, ma tentano
anche di scrivere, per lo più copiando quello che hanno scritto gli altri: per
copiare bisogna leggere, e ciò non è un male. Le case
editrici italiane sono tra le migliori del mondo, sia detto una volta per tutte: tutto lo scibile umano, quasi tutte le opere
letterarie scritte dall'intera umanità sono reperibili in traduzione italiana
(escluso l'immenso pelago letterario dei cinesi antichi e moderni!). Questo
fatto è una condizione unica al mondo, perché l'italiano è una lingua parlata e
scritta (malamente) solo da sessanta milioni di
persone sui sei miliardi di esseri umani sul pianeta, cioè una persona su cento
del pianeta, eppure in questa lingua, così esclusiva e impervia, è stato
tradotto quasi tutto lo scibile umano. Che ne dite dei polacchi? O degli
indiani? O dei giapponesi? Bene, se vi capita di rinascere polacco, indiano o
giapponese, sappiate che se volete diventare un intellettuale che conosce il
mondo dovete imparare a leggere in una lingua diversa da quella madre, perché
nella vostra lingua d'origine troverete assai poco dell'intero scibile umano.
Impariamo, allora, a parlare bene dell'editoria italiana che ha saputo in pochi
secoli fare un lavoro di assoluto primato nel mondo.
Come immaginate possa essere il vostro
lettore ideale? E quali passi per avvicinare i lettori ai libri da voi editi?
Curioso e ironico. Si amano i lettori che non prendono mai troppo
sul serio l'autore che leggono, quand'anche fosse Dante o Shakespeare.
Si può prendere sul serio solo una lettura fatta per fede, il Vangelo, il
Corano, la Bibbia. Non si può mai prendere sul serio una lettura fatta per pura
cultura, perché la cultura, specie quella alta, è sempre incerta, errante,
contraddittoria e contraddetta. I giusti passi per avvicinare i lettori sono
l'allettamento e la persuasione. La cultura è sempre un poco una prostituta:
crea voglia irresistibile di sé e si vende per poco a
tutti i curiosi che la desiderano.
Quale dei vostri libri vi ha dato le
maggiori soddisfazioni e perché?
Mi verrebbe da rispondere “il Vangelo”, ma
non l'ho pubblicato, ahimè. Tutti gli altri li abbiamo amati moltissimo, uno
per uno e tutti quanti presi insieme in un solo fascio.