Comincia
a nevicare
di
Grazia Deledda
-
Siamo tutti in casa? - domandò mio padre, rientrando una sera sul
tardi, tutto intabarrato e col suo fazzoletto di seta nera al collo.
E dopo un rapido sguardo intorno si volse a chiudere la porta col
paletto e con la stanga, quasi fuori s'avanzasse una torma di ladri o
di lupi. Noi bambine gli si saltò intorno curiose e spaurite.
-
Che c'è, che c'è?
-
C'è che comincia a nevicare e ne avremo per tutta la notte e
parecchi giorni ancora: il cielo sembra il petto di un colombo.
-
Bene - disse la piccola nonna soddisfatta. - Così crederete a quello
che raccontavo poco fa.
Poco
fa la piccola nonna, che per la sua statura e il suo viso roseo
rassomigliava a noi bambine, ed era più innocente e buona di noi,
raccontava per la millesima volta che un anno, quando anche lei era
davvero bambina (nel mille, diceva il fratellino studente, già
scettico e poco rispettoso della santa vecchiaia), una lunga nevicata
aveva sepolto e quasi distrutto il paese.
-
Quattordici giorni e quattordici notti nevicò di continuo, senza un
attimo d'interruzione. Nei primi giorni i giovani e anche le donne
più audaci uscivano di casa a cavallo e calpestavano la neve nelle
strade; e i servi praticavano qualche viottolo in mezzo a quelle
montagne bianche ch'erano diventati gli orti ed i prati. Ma poi ci si
rinchiuse tutti in casa, più che per la neve, per l'impressione che
si trattasse di un avvenimento misterioso; un castigo divino. Si
cominciò a credere che la nevicata durasse in eterno, e ci
seppellisse tutti, entro le nostre case delle quali da un momento
all'altro si aspettava il crollo. Peccati da scontare ne avevamo
tutti, anche i bambini che non rispettavano i vecchi (questa è per
te, signorino studente); e tutti si aveva anche paura di morire di
fame.
-
Potevate mangiare i teneri bambini, come nel mille - insiste lo
studentello sfacciato.
-
Va via, ti compatisco perché sei nell'età ingrata, - dice il babbo,
che trova sempre una scusa per perdonare, - ma con queste cose qui
non si scherza. Vedrai che fior di nevicata avremo adesso. Eppoi
senti senti...
D'improvviso
saliva dalla valle un muggito di vento che riempiva l'aria di
terrore: e noi bambine ci raccogliemmo intorno al babbo come per
nasconderci sotto le ali del suo tabarro.
-
Ho dimenticato una cosa: bisogna che vada fuori un momento - egli
dice frugandosi in tasca.
-
Vado io, babbo - grida imperterrito il ragazzo; ma la mamma, bianca
in viso, ferma tutti con un gesto.
-
No, no, per carità, adesso!
-
Eppure è necessario - insiste il babbo preoccupato. - Ho dimenticato
di comprare il tabacco.
Allora
la mamma si rischiara in viso e va a cercare qualche cosa
nell'armadio.
-
Domani è Sant'Antonio; è la tua festa, ed io avevo pensato di
regalarti...
Gli
presenta una borsa piena di tabacco, ed egli s'inchina, ringrazia,
dice che la gradisce come se fosse piena d'oro; intanto si lascia
togliere dalle spalle il tabarro e siede a tavola per cenare.
La
cena non è come al solito, movimentata e turbata da incidenti quasi
sempre provocati dall'irrequietudine dei commensali più piccoli;
tutti si sta fermi, quieti, intenti alle voci di fuori.
-
Ma quando c'è questo gran vento, - dice la nonna - la nevicata non
può essere lunga. Quella volta...
Ed
ecco che ricomincia a raccontare; ed i particolari terribili di
quella volta aumentano la nostra ansia, che in fondo però ha qualche
cosa di piacevole. Pare di ascoltare una fiaba che da un momento
all'altro può mutarsi in realtà.
Quello
che sopratutto ci preoccupa è di sapere se abbiamo abbastanza per
vivere, nei giorni di clausura che si preparano.
-
Il peggio è per il latte: con questo tempo non è facile averlo.
Ma
la mamma dice che ha una grossa scatola di cacao: e la notizia fa
sghignazzare di gioia il ragazzo, che odia il latte. Gli altri
bambini non osano imitarlo; ma non si afferma che la notizia sia
sgradita. Anche perché si sa che oltre il cacao esiste una
misteriosa riserva di cioccolata e, in caso di estrema necessità,
c'è anche un vaso di miele.
Delle
altre cose necessarie alla vita non c'è da preoccuparsi. Di olio e
vino, formaggio e farina, salumi e patate, e altre provviste, la
cantina e la dispensa sono rigurgitanti. E carbone e legna non
mancano. Eravamo ricchi, allora, e non lo sapevamo.
-
E adesso - dice nostro padre, alzandosi da tavola per prendere il suo
posto accanto al fuoco - vi voglio raccontare la storia di
Giaffà.
Allora
vi fu una vera battaglia per accaparrarsi il posto più vicino a lui:
e persino la voce del vento si tacque, per lasciarci ascoltare
meglio. Ma la nonnina, allarmata dal silenzio di fuori, andò a
guardare dalla finestra di cucina, e disse con inquietudine e
piacere:
-
Questa volta mi pare che sia proprio come quell'altra.
Tutta
la notte nevicò, e il mondo, come una grande nave che fa acqua,
parve sommergersi piano piano in questo mare bianco. A noi pareva di
essere entro la grande nave: si andava giù, nei brutti sogni,
sepolti a poco a poco, pieni di paura ma pure cullati dalla speranza
in Dio.
E
la mattina dopo, il buon Dio fece splendere un meraviglioso sole
d'inverno sulla terra candida, ove i fusti dei pioppi parevano
davvero gli alberi di una nave pavesata di bianco.