L'erba del vicino
di
Cesarina Bo
La zingara si avvicinò all'auto sportiva ferma al semaforo e si
offrì di leggere la mano all'elegante donna seduta al volante. Ada sorrise e
con aria accondiscendente allungò la mano sinistra verso la zingara, mentre con
la destra iniziò a rovistare dentro alla borsetta in cerca di spiccioli per
pagare quel “servizio”.
“Vediamo se mi predice una storia d'amore a lieto fine: ne avrei
proprio bisogno in questo momento”, si augurò.
“Lei
è una donna molto fortunata: il lavoro e il denaro non le mancheranno mai. Anche per la salute non avrà problemi”.
Fece
una pausa, aggrottò le sopracciglia, poi riprese a parlare:
“S'innamorerà
presto di un uomo, ma....”.
Un
imperioso e prolungato suono di clacson interruppe la zingara e la donna si
ritrovò a darle velocemente alcune monete, ingranare la prima e partire quasi
sgommando, non senza aver rivolto un gesto eloquente e poco elegante
all'impaziente guidatore che la seguiva.
Quella
frase lasciata in sospeso aveva messo di malumore Ada. Non che credesse alle
predizioni di una zingarella, però sarebbe stata
curiosa di sentire il finale di quella frase. Per un attimo pensò di tornare
indietro, poi si diede a voce alta della stupida. Guardò l'ora ed accelerò:
voleva rientrare prima delle quindici quando anche lui sarebbe rincasato.
Ormai
quella storia andava avanti da più di un mese. Quella zingara aveva ragione
nell'affermare che “presto s'innamorerà di un uomo”. In realtà le era già successo:
si era innamorata del suo nuovo vicino di casa. O, per meglio dire, si era
intestardita.
Ada
riusciva a conquistare gli uomini con sorprendente facilità. Fino a quel
momento, infatti, le era bastato pochissimo impegno per raggiungere i suoi
scopi. La bellezza, il modo di fare, l'intelligenza erano armi più che
sufficienti per irretire tutti gli uomini che aveva fino a quel momento
incontrato e che le erano sembrati degni di nota. La sua, poi, era una specie
di sfida contro se stessa e, una volta raggiunto lo scopo, ben presto si
stancava della sua conquista.
Entrò in casa quasi di corsa e si diresse
verso la camera da letto. Con gesti impazienti si liberò del tailleur di lino,
s'infilò un paio di pantaloncini corti e aderenti, un top in tinta, prese l'ultimo
libro acquistato e si precipitò in giardino, dove si sedette su una sedia a
sdraio messa in posizione strategica. Lui non avrebbe potuto far a meno di
transitare a pochi metri da lei se voleva rientrare in casa. Fece appena in
tempo a sistemarsi quando vide il Mercedes coupé
bianco del vicino percorrere il vialetto e infilarsi nel garage.
“Caldissimo
anche oggi, non trova?”, disse Ada appena l'uomo si trovò ad una distanza
ragionevole.
Intanto
osservava come, nonostante il caldo opprimente, l'uomo fosse perfettamente a
suo agio dentro l'abito grigio scuro e come la camicia bianca di lino apparisse
fresca di stiro. Lei, invece, sembrava appena uscita da una sauna: in
effetti, la sedia era completamente esposta al sole e posta in un angolo molto
riparato dove non spirava neppure un refolo di vento. D'altronde aveva
calcolato che quella posizione era la migliore per potergli parlare.
“Sì,
fa caldissimo. Forse se spostasse la sedia sull'altro lato della casa potrebbe
avere un po' di frescura per via dell'ombra.”
Piccoli
rivoli di sudore le stavano scendendo lungo il collo e confluivano come
torrentelli in mezzo all'attaccatura dei seni. “Per fortuna che è distante e
non può vederli”, pensò.
“No, no. A me piace il sole:
ci sto volentieri… Volevo chiederle se ha già letto Daedalus
di Joyce: è interessantissimo, se vuole glielo posso prestare”.
“Molto
gentile, ma lo conosco e personalmente lo ritengo illeggibile. Ora, se
permette, entro a farmi una doccia. Buongiorno”.
Aveva
acquistato quel libro solo perché sbirciando dentro l'auto del suo vicino lo
aveva visto appoggiato sui sedili posteriori. In realtà lo trovava noioso e
difficile ed aveva a fatica letto le prime trenta pagine.
Ada
sbuffò, rientrò in casa e con malagrazia sbatté il libro in un cassetto, richiudendolo
con un colpo secco. Quel suo vicino sembrava irraggiungibile e del tutto
insensibile al suo fascino.
Quasi
rimpiangeva la coppia che aveva abitato in quella villetta prima del suo
arrivo. Era pur vero che con quella loro quotidiana mania per i barbecue si
ritrovava la casa sempre piena di fumo e odorosa di carne, ma almeno aveva
stabilito un rapporto.
Ad esempio, la donna, ogni volta che la vedeva, si lamentava del
fatto che suo marito era incontentabile: “Fosse per lui si dovrebbe fare l'amore
tutti i giorni: manco fosse un antibiotico da prendere con regolarità tre volte
al dì! E non basta essere disponibile, glielo assicuro! Ha pure certe pretese…”.
Ad Ada veniva da ridere, ma annuiva assumendo un'aria comprensiva per
quella “terribile” situazione descritta.
L'uomo,
invece, appena aveva occasione di stare solo con lei, la sottoponeva ad un
insistente e discreto corteggiamento, adducendo come scusante la forzata
castità cui la moglie lo costringeva.
E ora si ritrovava alle prese
con il signor “Lasciami Stare”, così lo aveva soprannominato. Ma Ada non voleva
cedere: quel suo modo di fare, quel suo ignorarla non facevano altro che
renderla ancor più determinata.
Bevve un bicchiere d'acqua fresca, si diede
una riavviata ai capelli e torno a sedersi sulla sedia a sdraio, sperando che
il vicino uscisse nuovamente da casa. Fu fortunata perché dopo un po' lo vide
uscire e mettersi ad armeggiare attorno al tosaerba. Ebbe così modo di
osservarlo con calma. Aveva indossato un paio di pantaloncini corti ed era a
dorso nudo: in questo modo metteva in bell'evidenza il fisico asciutto e
muscoloso. Ad Ada vennero in mente certe statue dell'antica Grecia, pensò al
famoso “Discobolo” di Mirone, cui il suo vicino
assomigliava in modo impressionante.
Chiuse
gli occhi e provò ad immaginare di essere stretta tra le sue braccia, di
sentire il suo corpo a contatto con il suo.
Con le dita, lievemente, seguiva i disegni che i muscoli formavano sulla
pelle, li percorreva uno ad uno, li accarezzava assecondandone la forma…
…
intanto lui, con le labbra chiuse, le ricopriva il volto di piccoli, lievi,
quasi impercettibili baci: sugli occhi, dietro le orecchie per poi scendere a
baciarle i seni e poi ancora le braccia, i palmi della mano fino a quando il
suo respiro si fece più affannoso, il corpo si tese ed aderì completamente al
suo e la stretta delle sue braccia divenne più forte, quasi una morsa dalla
quale era impossibile fuggire. Allora Ada sollevò il viso e offrì la bocca con
le labbra dischiuse. Fu un bacio violento e rapido: la sua lingua la penetrò
come se la stesse possedendo, lasciandola, in modo
inaspettato, dopo un solo istante con la bocca ancora semiaperta. Ada provò la
spiacevole sensazione d'avere la gola riarsa.
Si
svegliò ed impiegò un po' di tempo a rendersi conto che aveva sognato. Si era
addormentata al sole con la bocca aperta e ciò giustificava la gola secca. Si
guardò intorno, ma l'oggetto del suo sogno era scomparso.
Notevolmente
scontenta della giornata rientrò in casa e si mise a mangiucchiare
controvoglia, senza manco apparecchiare il tavolo.
Che
lei fosse testarda era indiscutibile, però anche il comportamento del signor
“Lasciami Stare” era tale da attizzare il suo desiderio di conquista. In fondo
che gli sarebbe costato mostrarsi gentile, trascorrere qualche sera insieme in
modo gradevole?
Eppure,
un giorno che aveva avuto modo di parlargli, lo aveva tranquillizzato sul fatto
che non era in cerca di marito o di una sistemazione definitiva. E lui era
rimasto lì ad ascoltarla educatamente, annuendo di tanto in tanto, senza
tuttavia esporre il suo pensiero. E, alla fine, Ada ne sapeva meno di prima.
Si
rigirò per l'ennesima volta nel letto. Il caldo soffocante, nonostante fosse
sera, e ciò che era accaduto nel pomeriggio le impedivano di addormentarsi:
quel sogno, così realistico, l'aveva eccitata non poco.
Cambiò
di posizione, rigirò il cuscino alla ricerca di un po' di frescura. Ad un certo
punto decise di alzarsi e di uscire nel giardino. Si sedette sulla sedia a
sdraio e provò ad assaporare il silenzio della notte, un silenzio rotto solo da
alcuni lievi suoni che sembravano miagolii lontani. Tese l'orecchio: a prestare
bene attenzione forse erano gemiti di tutt'altra natura e provenienti dalla
casa del vicino…
Quella
scoperta la impietrì perché non aveva mai avuto sentore dell'esistenza di una
donna nella vita di quell'uomo. Anzi, glielo aveva pure chiesto e lui aveva
risposto negativamente.
“Un
bugiardo, solo un gran bugiardo”, pensò. Ma l'incertezza della situazione non
le permetteva di dare un giudizio definitivo. “Devo assolutamente sapere” e,
mentre formulava quel pensiero, scavalcò la bassa siepe con l'intenzione di
avvicinarsi alla stanza da cui provenivano una luce soffusa e quei gemiti, ora inequivocabili. Nel buio inciampò in alcuni attrezzi
appoggiati al muro che caddero con un rumore che le parve assordante, dilatato
dal silenzio notturno. Fece appena in tempo ad appiattirsi contro il muro
quando vide affacciarsi al vano della porta finestra il suo vicino.
“Cosa
è successo?”, chiese una voce dall'interno della casa.
“Sono caduti degli attrezzi, probabilmente sarà stato un animale. Rientro subito, Paolo.”
Paolo,
aveva detto chiaramente Paolo e la voce proveniente dall'interno della casa era
senza dubbio maschile.
Immediatamente
un pensiero si formò nella sua mente: questo significava, anzi sicuramente
implicava, che lei non aveva fallito e, in cuor suo, le venne da esultare.
Accompagnata
da questo gratificante pensiero, se ne tornò a casa.
“Domani
in ufficio arriva un nuovo collega…”, pensò e un
brivido di eccitazione la percorse.
Poi,
finalmente serena, chiuse gli occhi e si addormentò.