L'ultimo percorso
di
Pietro Zerella
Mentre camminava, si voltò indietro e
si accorse che aveva fatto molta strada, ma ne mancava ancora tanta per
raggiungere la vetta.
Il percorso era stato difficile, pieno
di curve e di saliscendi, con buche e strapiombi. Doveva viaggiare ancora per
un pezzo.
Ma non aveva fretta di arrivare. Si
sentiva stanco, fiacco, non più forte come un tempo. Si fermava spesso per
riposare.
Dall'alto di una collina, osservando la
campagna autunnale, si soffermò a mirare i colori dei vigneti: giallo o
rossastro a seconda delle sfumature dell'uva. Lo incuriosì il volo di un falco
reale che dall'alto, in un cielo azzurro striato da qualche nube di passaggio,
osservava la sua preda: un colombaccio bianco.
Per la strada polverosa, dietro di sé,
scorse in lontananza un vecchio, con la barba bianca e lunga fin quasi a
toccare i piedi, raccogliere da terra qualcosa, che Paolo non riusciva a
distinguere e deporla nello zaino.
Eppure lungo la strada nulla lo aveva incuriosito. Allora si domandò cosa tirasse su quel
vecchio, ma poi pensò che ognuno ha le sue manie.
Prima di affrontare una ripida salita,
si fermò a ristorarsi ad una sorgente dalla quale sgorgava acqua fresca e
cristallina. Si asciugò il sudore e si sedette sull'erba. All'ombra di un platano
tirò fuori dallo zaino un pezzo di pane e formaggio e lo mangiò con gusto.
Soddisfatto si appisolò con la schiena
appoggiata al tronco.
Poi si ridestò, riprese il cammino, ma
nel voltarsi indietro vide il vecchio con la barba bianca e lunga sostare alla
stessa fonte. Paolo era ormai già lontano.
Lungo il percorso incontrò tante
persone ed un cane che, appena lo vide, gli abbaiò e scappò via.
Paolo pensava: “ che gente
strana…nessuno risponde al mio saluto!” Ma in silenzio proseguiva il suo
cammino.
Spesso si girava indietro per
controllare se l'uomo con la barba bianca lo seguisse ancora: quella figura lo
incuriosiva. Lo tallonava a rispettosa distanza. Paolo non riusciva a
distinguerne bene i lineamenti perché i contorni del viso e del corpo sembravano
evanescenti, quasi un tutto con la lunga barba. Lo vedeva ogni tanto
inchinarsi, raccogliere qualcosa e deporla nello zaino.
Si avvicinava ormai l'autunno: le
giornate erano ancora lunghe e lento era il calare del
sole. Dopo tanto camminare, le ombre della sera si allungavano lungo il
percorso, lo precedevano. Paolo, stanco, si fermò, bussò ad un'abitazione per
chiedere ospitalità e passarvi la notte. Nessuno rispose; nessuno aprì. Si
accorse che la porta era semiaperta. Entrò e trovò sulla tavola apparecchiata
una minestra fumante, del pane e del vino.
La fame era tanta, che Paolo,
incredulo, sgranò gli occhi, si sfregò le mani, si sedette e incominciò a
mangiare. La tavola sembrava apparecchiata per due, forse per una coppia di
sposi. Paolo ingurgitò quel tanto che gli bastava e lasciò il resto.
Su una poltrona si appisolò nell'attesa
dei proprietari per ringraziarli.
Il canto degli uccelli lo svegliò. Aprì
gli occhi: era già l'alba. Un raggio di sole lo accarezzava, le gocce di
rugiada gli bagnavano il viso. Una fitta nebbia era calata avvolgendo tutto.
La casa dove aveva passata la notte non
c'era più. Sparita. Guardò, si stropicciò gli occhi, ma intorno vide nulla, se
non la sagoma dell'uomo con la barba che in lontananza si perdeva nella nebbia.
“Avrò sognato”. Pensò e si mise di
nuovo in cammino.
Dopo tanta fatica arrivò finalmente in
cima. Si guardò indietro e vide il vecchio che lo seguiva impassibile. Questa
volta, però, lo sconosciuto sembrava avanzare a fatica sotto il peso dello
zaino che ogni tanto apriva.
Paolo si riposò per qualche minuto, poi
riprese la strada da prima diritta, interminabile, poi un alternarsi di salite
e discese. Una via infinita, fino al cielo, per ricongiungersi poi con
l'orizzonte.
Durante il viaggio sostava e dormiva
sotto gli alberi, si ridestava con il canto degli uccelli,un
pellegrinaggio, il suo, lungo, interminabile.
Una mattina non si svegliò al canto
degli uccelli che incominciavano a girargli intorno. Un cane si fermò, abbaiò e
corse via. Paolo rimase disteso, immobile sull'erba.
Allora il vecchio gli si avvicinò,
scosse il corpo immobile di Paolo, “non è ancora il momento” pensò, e attese
che si riprendesse.
Paolo si ridestò da quel sonno profondo
che si era impadronito di lui, si guardò intorno e vide il compagno solitario
del suo lungo viaggio.
Si guardarono,
entrambi stupiti, alla fine Paolo ruppe il silenzio.
“Finalmente possiamo far conoscenza.
Perché mi segui da tanto tempo? Non ti sei mai avvicinato, potevamo proseguire
insieme il viaggio, farci compagnia”.
Il vecchio con la barba lunga, seduto,
paziente, rispose:
“ Non facciamo lo stesso percorso: il
tuo, l'ho già fatto molti anni addietro. Ora tocca a te proseguire. Devi andare da solo, da solo raggiungere la vetta, anzi il cielo”.
Paolo non comprese. Osservò bene il suo interlocutore,
che ora gli appariva maestoso: una figura grave, trasparente, ieratica,
solenne, misteriosa nella sua lunga barba bianca.
Timidamente gli domandò cosa
raccogliesse lungo la strada.
Lo sconosciuto aprì lo zaino e tirò
fuori due sacchetti di tessuto bianco, uno più grande ed uno più piccolo.
“Raccoglievo le tue azioni”. Rispose.
“Il sacchetto più piccolo contiene le
azioni buone che hai compiuto durante la tua vita. Il grande
quelle che avresti voluto realizzare e non hai fatto, restando pure
intenzioni.”.
Paolo sbiancò, ammutolì, non seppe
rispondere. All'improvviso si sentì invecchiato tutto d'un colpo con i capelli
bianchi e con la barba lunga simile all'uomo che aveva di fronte.
“Vedi”, continuò la
maestosa figura, “sei ancora in tempo, non molto in verità, ma certamente
riuscirai a riempire il sacco più grande di tutte quelle azioni incompiute che
non hai portato a termine. Riprendi il tuo cammino: il sole è alto, e la
strada è lunga”.
Il vecchio si voltò e ritornò indietro.
Paolo avrebbe voluto fermarlo,
chiedergli perché, ma ormai il vecchio era lontano.
Allora Paolo gridò
con tutto il fiato che aveva: “ ma quali sono? Quali azioni? Rivelami dove ho
peccato, dimmelooo! Mi sono sempre
comportato bene, ho fatto sempre…”; ma non lo vide più. Si era dileguato
lungo la strada polverosa.
Paolo riprese il cammino, più lento e
più stanco.
Raccolse tutte le forze per cercare di
riprendersi i giorni perduti.
“Forse non è troppo tardi, mi resta ancora del
tempo”. Ripeteva a sé stesso. Lo assalì la paura dello scorrere della vita. I
suoi occhi riflettevano la luce del tramonto.
Avrebbe voluto tornare indietro, spiccare un salto
nel passato per avere così l'opportunità di rimediare, un piccolo balzo per
correggere, rimuovere, fare.
La strada continuava a salire. In
lontananza sembrava restringersi sempre di più, perdersi nel sole calante, nel
crepuscolo che si veste dei colori notturni.
(da Angela la scala della vita ED. la Collina 2008)