Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
  Poesie  Narrativa  Poesie in vernacolo  Narrativa in vernacolo  I maestri della poesia  Poesie di Natale  Racconti di Natale 

  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Vetro di Giovanni Buzi 27/04/2006
 

Mi chiamo Sara. Ho sei anni.

La mia mamma si chiama Lucia, il mio papà Dario. Sono buoni con me, anche con mia sorella Marina di otto anni e mio fratello Giulio di quattro. Abitiamo in una bella casa con un grande giardino. Ci sono molti alberi, un prato tutto verde e tanti fiori. C'è anche uno stagno con pesci rossi che si nascondono quando t'avvicini e rane che fanno “croack croack” quando il sole scompare laggiù dietro alle colline e tutto diventa buio.

La sera dopo cena, la mamma mi porta nella mia stanza e mi mette il pigiama. Una volta nel letto, rimbocca le coperte e resta un po' accanto a me, legge una favola, mi passa la mano sui capelli e poi se ne va dandomi un bacio. La mia mamma è molto gentile, non spegne la lampada di vetro celeste che sta sul comodino. Io resto a guardare il soffitto. Si vedono strane figure che si muovono lente, sembrano le ombre dei pesci rossi che stanno in fondo allo stagno; ci vanno quando s'avvicina qualcuno perché hanno paura.

Di giorno resto molto tempo con i miei fratelli a giocare accanto allo stagno. La mamma dice di stare attenti, di non avvicinarci troppo e soprattutto di non mettere le mani nell'acqua, perché è sporca e possiamo cadere dentro. Mio fratello Giulio ha ricevuto per Natale una piccola barca a vela. Ha il permesso di metterla sullo stagno e di tirarla dall'altra sponda col filo attaccato davanti. Mia sorella Marina ha ricevuto una borsetta tutta colorata con dentro il rossetto, il trucco per le guance e gli occhi, una spazzola e uno specchio di plastica rosa con tante stelle che brillano. Passa le ore con quella roba, poi ci guarda e ci chiede se è carina. Io le faccio sempre segno di sì con la testa, anche se a me piaceva pure prima, anzi forse un po' di più, perché così assomiglia a Luisa, che non mi piace per niente.

Luisa ha 16 anni, dice di essere una “signorina” e si dà un sacco d'arie. Lo dice pure Iole. Iole è una signora grassa e gentile che sta sempre in casa con noi; pulisce, fa da mangiare e quando suona il campanello va ad aprire la porta. Luisa viene solo quando la mamma e il papà escono la sera per andare al cinema, a mangiare da amici o in posti che noi non conosciamo. Luisa viene col motorino, se piove prende l'autobus e poi torna a casa sua col tassì. Luisa ha i capelli lunghi e biondi, porta spesso la minigonna e mastica la gomma americana, per questo Iole dice che è una “pocodibuono”. La mamma dice che non è vero, anche mia sorella dice che non è vero e che da grande vuole diventare come Luisa: alta, bionda (adesso è mora come tutti in famiglia) e con la gonna che scopre “Gesù e Maria”, come dice Iole.

La mamma dice che Luisa viene a giocare con noi e a controllare che non facciamo disastri perché è povera. Iole dice che è vero che è povera ed è anche per questo che fa “la vita”. La mamma ha rimproverato Iole dicendo che non è vero che quella povera ragazza fa “la vita” e che deve smetterla di dire stupidaggini se no sarà lei a dover fare “la vita”, se ci riesce, perché un giorno o l'altro la butterà fuori.

 Luisa una volta m'ha detto che viene da noi la sera perché vuole comprarsi ogni disco di Madonna e andare a vedere tutti i suoi concerti, che costano un occhio della testa. Iole invece dice che è proprio una “pocodibuono”, anzi, proprio una “grantroia”, perché oltre a “sculettare da mattina a sera” sui dischi di Madonna, fa pure un'altra cosa come quella... ma non ci ha voluto dire cosa. Ha solo messo un dito sotto al naso e ha tirato su come non volesse starnutire.

Io sono buona. Non rompo i giocattoli di mia sorella, e nemmeno quelli di mio fratello. Non li tocco proprio: ho i miei. I miei giocattoli sono diversi da quelli dei miei fratelli. A me non piacciono le bambole e i robot di plastica, i cani di stoffa e la play station con i videogiochi. A me piacciono solo i giocattoli di vetro. Tutti di vetro. Solo di vetro. È così, da sempre. Da quando sono nata. I primi giocattoli che ho ricevuto li ho rotti. I miei genitori non sapevano più che regalarmi; io rompevo tutto: bambole e peluche, sonagli e carillon, libri “mobidosi” e ochette galleggianti. I miei genitori sono sempre stati buoni con me, mi sorridevano e mi dicevano:

- Sara, perché non ti piacciono i giocattoli? Guarda come sono belli! Guarda com'è carino questo coniglietto di stoffa, com'è gentile! E questa bambolina, guarda che grandi occhioni e che bei capelli biondi ha! Lo sai che si chiama Sara, proprio come te?

Io non rispondevo. Non rispondo mai, neanche oggi. Mi piace guardare, osservare, ma non mi piace parlare. Da quando sono nata non ho mai parlato. Non mi piace. I miei genitori m'hanno portato da tanti signori col camice bianco che m'hanno guardata, toccata dietro alla schiena, m'hanno detto di dire “trentatré”, d'aprire la bocca e m'hanno fatto tante domande. Ma io non ho risposto. Mai.

Non vado nella stessa scuola dei miei fratelli. Vado in una più piccola dove ci sono meno bambini. Siamo una decina in tutto. Mi piacciono molto, sono come me, non hanno voglia di parlare. A me piace giocare con loro, con quelli che vogliono, perché Teresa e Mirko, per esempio, non vogliono giocare con nessuno, restano seduti in un angolo tutto il tempo e non giocano neanche da soli. In quella scuola ci sono le monache. Sono vecchie come Iole, ma sono vestite sempre di marrone e hanno un lenzuolino bianco sulla testa. A loro non piace Madonna, la cantante, come a Luisa. Alle monache non piace neanche Luisa. Una volta che è venuta a prendermi, il giorno dopo hanno detto alla mamma di non mandarla più. La mamma ha chiesto perché e loro non hanno risposto, hanno solo scosso un po' la testa, come quando noi facciamo qualche cosa che non si deve.

Anche a scuola io ho i miei giocattoli di vetro. Li tengo in una borsa con dentro l'ovatta e non li faccio toccare a nessuno, neanche alla mamma. I primi giocattoli che mi davano i miei genitori li prendevo in mano, li osservavo un momento, poi li buttavo a terra e non li volevo più vedere. Così è stato fino al mio primo compleanno. La zia Marisa mi ha regalato una collana di perle di vetro e... meraviglia! non l'ho buttata a terra, al contrario, come l'ho vista ho allungato una mano... a qualche centimetro dalla collana mi sono fermata. Ho sentito un calore, come quando metto la mano nell'acqua calda per il bagno.

- Guarda, sembra che le piace! - ha detto la mamma al papà.

- Romperà anche questa - ha risposto.

Invece non l'ho rotta. L'ho toccata, l'ho presa tra le mani e non c'è stato più modo di togliermela. Anche in questo momento ce l'ho intorno al collo. È così bella!... tante perle di vetro di diversi colori, ci passo le ore a guardarla, a far scorrere le biglie tra le dita. Mi piace perché è fredda, trasparente e fragile. La buttassi a terra si romperebbe, ma io non voglio romperla, voglio tenerla sempre attorno al collo. Ogni tanto prendo una perla e l'accosto a una pupilla: è bellissimo! Tutto si colora di verde, blu, giallo, rosso... ogni cosa di piega, s'arrotonda e sembra caduta nel mare. Dev'essere un po' così che vedono le cose i pesci quando vanno in fondo allo stagno e restano buoni buoni ad aspettare che la gente e gli altri pericoli vanno via.

Iole l'altro giorno ha cominciato a urlare contro Luisa, le ha detto che è una “puttana” che non deve più mettere piede in questa casa. Luisa ha risposto che dice così perché è una vecchia befana e nessuno se l'è voluta prendere da quanto faceva paura. Iole s'è arrabbiata ancora di più e le ha tirato un piatto che è andato a sbattere contro un vaso e s'è rotto.

A me è dispiaciuto molto, perché anche se non era un mio giocattolo il vaso era di vetro. Mi sono avvicinata ai pezzi a terra e ho cominciato a raccoglierli e metterli nella mia borsa insieme agli altri giocattoli: un cavalluccio trasparente con la criniera e la coda verde, un bracciale colorato, una biglia tutta blu, una bambolina che sorride, una margherita bianca e gialla. Iole, quando ha visto che raccoglievo i pezzi di vetro, è venuta da me dicendo di non toccarli che mi sarei ferita. Dovrebbe sapere che a me il vetro non ferisce, il vetro è mio amico. Invece m'ha strappato di mano la borsa e s'è ripresa i pezzi di vetro. La sera Iole ha detto a mia madre che doveva “assolutamente” non far più venire in casa Luisa.

- Perché? - ha risposto mia madre.

- Signora, mi dia ascolto, è meglio così.

- Ma perché? - ha ripetuto mia madre. - Sai qualcosa?

- Niente di preciso, ma sarebbe meglio per tutti.

- Tu che ne dici? - ha chiesto la mamma al papà.

Il mio papà è molto buono, è alto, forte, moro e ha gli occhi verde celeste come me.

- Fa' come ti pare - ha risposto. - A me sembra una brava ragazza. Ma sei vuoi cambiarla, cambia pure, basta che non mi chiedi d'occuparmene.

Il mio papà è pilota d'aerei. La mamma un giorno me l'ha mostrato lassù, quando vola piccolo piccolo nel cielo. Io non l'ho visto, ma è sicuro che stava là dentro; la mamma non dice mai le bugie.

- Fa' “ciao ciao” al papà - m'ha detto la mamma prendendomi una mano.

Io ho fatto “ciao ciao” guardando in su. Chissà se ci avrà visto il papà, lontano com'era?

Chissà se ci vede anche adesso, lontano com'è?

Non sappiamo dove sta, se ne è andato via con Luisa. Non è più tornato a casa. La mamma dice che è via per lavoro e che presto tornerà. Iole non dice più niente. Mio fratello Giulio dice che quando sarà grande farà come il papà, andrà in giro per il mondo, navigherà per tutti i mari e conoscerà ogni isola. Mia sorella Marina dice che il papà ha fatto bene a scappare con Luisa perché questa è giovane e bella e la mamma è brutta e vecchia. Quando ho sentito così, avrei voluto urlare che non è vero, che è lei brutta e vecchia e non la mamma. Ma io non parlo, non ho mai parlato. Sono rimasta in silenzio e ho alzato verso di lei il braccio con la borsa in mano. Avrei voluto sbattergliela in faccia, ma non l'ho fatto, per niente al mondo avrei rischiato di rompere anche uno solo dei miei giocattoli di vetro. Sono andata a cercare la mamma. L'ho cercata per tutta la casa e non l'ho trovata.

Dove stava? Da quando il papà è partito non è più andata al lavoro, resta sempre in casa, a volte in giardino. Iole dice che la mamma ha il mal di testa, è per questo che ha sempre gli occhi arrossati e che non parla più tanto con noi.

L'ho cercata perfino in cantina e in soffitta: niente. Dov'era? Sono uscita in giardino e ho visto i miei fratelli, Iole e altre persone attorno allo stagno... chi erano, che facevano?

Verso la strada si sentivano i fischi d'una sirena e si vedevano luci blu che ruotavano, ruotavano. Nessuno sembrava accorgersi di me. Mi sono avvicinata allo stagno e ho visto la mamma. Galleggiava sull'acqua a testa in giù. Che stava facendo? Mi sfuggì un sorriso, sì avevo capito! Stava guardando i pesci, quei pesci rossi che si nascondono sempre quando s'avvicinava qualcuno. La mamma aveva trovato il modo per osservarli da vicino. Brava! Sicuro, l'avrebbe insegnato anche a me quel gioco... Iole s'è accorta che stavo lì, m'ha preso e m'ha portato in casa. Perché non potevo restare? Perché?

 

***

 

Anche la mamma è partita. Iole dice che tornerà presto, è andata a trovare il papà e tra poco tempo torneranno tutt'e due. Ma io so che non è così. Il papà sta con Luisa in qualche isola dei Mari del Sud, come dice mio fratello e la mamma è andata giù con i pesci. Sta in fondo allo stagno e sicuro si stanno divertendo un mondo. Solo una cosa non capisco: perché non ha portato anche me? Ma un giorno o l'altro la vedrò attraverso l'acqua, mi sorriderà e mi farà il gesto di raggiungerli.

Non so se ci andrò. Da quando la mamma sta nello stagno ho scoperto un gioco bellissimo! È molto facile da fare, ci potete provare anche voi. Si fa così: ci si siede su una seggiola nella propria stanza, si rimane immobili, in silenzio e si pensa al vetro. Poi si fissa un oggetto, uno qualsiasi. La prima volta io ho fissato la cornice d'una fotografia. L'ho guardata e ho pensato forte forte al vetro. Non ci crederete, ma la cornice dopo qualche minuto s'è trasformata in vetro. E lo stesso ho fatto per tanti altri oggetti: il comodino, lo scendiletto, il cuscino, la porta, le pareti, il soffitto... Vetro, tutto è diventato di vetro! Trasparente come i cubetti di ghiaccio che si mettono nell'aranciata, fragile come i fiori del giardino, bello come il cielo quando non ci sono nuvole.

Oggi ho avuto un'idea meravigliosa! Questa sera, dopo che Iole m'avrà messo a letto, quando tutti dormono m'alzerò, mi metterò seduta al centro della stanza e trasformerò tutto in vetro. Tutto.

Già la mia stanza è completamente trasparente, ma non quelle dei miei fratelli, quella vuota dei miei genitori, la cucina, il salotto... Tutto, trasformerò tutto. Anche il giardino, gli alberi, il cancello, la strada, la città, la scuola, le monache, le colline, il cielo, la luna stessa.

Sarà bello. Meraviglioso. Anche Iole e i miei fratelli saranno freddi e immobili come vetro, e anch'io. Le cose più belle e trasparenti saranno lo stagno, i pesci rossi e la mamma che sta con loro.

Finalmente potremo rivederci.

 

 

 
©2006 ArteInsieme, « 014871716 »