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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  La mia amica, di Assunta Altieri 13/12/2007
 

LA MIA AMICA

di Assunta Altieri

 

Ci siamo scrutate nell'anima io e la mia amica. Ci siamo scorte nella mischia di risate e drink, di parole e sogni, di speranze e disillusioni, di progetti e cambiamenti. Ci siamo scelte nella frescura primaverile di una serata milanese che ha cullato le nostre prime confidenze, per nulla timide e già affacciate sul terrazzo di un'amicizia che ci avrebbe accompagnate, lieve e rispettosa delle nostre individualità possenti, senza up and down e prepotenze emotive. Al Fondaco dei Mori, in via Solferino, abbiamo stretto un patto silenzioso, sancito con la condivisione di un sentire che ci ha portate, spesso, sulla strada delle medesime sensazioni e, talvolta, delle medesime meschinità. Abbiamo condiviso il riso indiano e i pensieri. Abbiamo unito i nostri contrari, nella coincidenza strana dei colori contrastanti scelti per quella sera: io il bianco e lei il nero. E mentre camminavamo un passo avanti a seghe mentali che non ci scalfivano, sentivamo che insieme eravamo il tutto di qualcuno. Ridemmo di quel sentimento che ci fu poi rivelato. A entrambe e contemporaneamente. Un'orgia della vita.

Abbiamo spalato il dolore dai davanzali delle nostre esistenze, chiacchierando sotto il grande albero del suo giardino, alimentando con il mio sangue mediterraneo le fameliche zanzare dell'estate successiva, ridendo dell'avversione degli odiosi insetti verso il sangue celtico che scorre nelle sue vene. Rientravo da Parigi, contenta di un successo professionale messo nel taschino, e con il segreto di un amore in sboccio che aveva vagato fra le petites rues de Saint Germain, al ritmo del blues che si elevava dagli angoli della fête de la musique, sulla riva della Senna animata da musicisti e saltimbanco, nel metro affollato di colori e idiomi, nell'atmosfera rilassata del Buddhabar, rivelato da uno sguardo complice nell'ascensore dell'hôtel de Crillon. Un amore scomodo, vissuto nel silenzio, raggelato dalle acque nere del Reno a Düsseldorf e scaldato nel Café Sacher a Vienna, fino al suo naturale raccontarsi, e scritto su una foglia d'autunno nel Parco Giardino di Bruxelles.

Alla mia amica, ho affidato i miei pensieri, ponendoli sulla parannanza dell'intimità della sua cucina, sorseggiando un tè profumato di rosa. Li ho raccontati a lei perché non si perdessero nel silenzio del loro stesso divenire, per assaporarli ancora negli anni a venire, sapientemente custoditi nel ricordo di un momento addolcito dalle pesche al vino.
Abbiamo camminato sotto la pioggia di Milano, e scritto chilometri di emozioni. Abbiamo fatto il bagno al lago e ho indossato le parole da lei tradotte in un venticinque aprile che mi rimane caro per una nottata senza fine, iniziata in un ristorante messicano e proseguita fra le sagrestie di chiese sconsacrate, per nulla intimorita dagli sguardi allucinati dal mio essere del tutto estranea all'alcol e alle droghe in una nottata di baldorie. Una notte, con risveglio sull'oceano, a Lanzarote, nelle grotte di Jameos del Agua e Cueva de los Verdes, dominate dal Timanfaya, imbiancate di calce e illuminate dall'arte inconfondibile di Cesar Manrique; fra i delfini che ti fanno compagnia fino a Graciosa; fra las dunas di Corralejo a Fuerteventura, dune di sabbia e vento; davanti a un chioschetto con un uomo grasso e sporco che affettava con un coltello affilato e unto il Patanegra, che gocciolava sugna al sole; nella spiaggetta di sabbia e ciotoli del villaggio di pescatori sotto al Faro del Tostón a Punta Nord, dopo chilometri di niente che stancano le ossa traballanti su una jeep gialla.
Abbiamo letto fra le parole che ci siamo dette. Abbiamo frugato a lungo, io e la mia amica, nelle nostre imperfezioni, senza mai irrompere nelle nostre vite, disegnando il profilo delle nostre anime, colorando i giorni che ci hanno viste sotto lo stesso cielo e costruendo i nostri cieli differenti. Abbiamo affidato l'una all'altra emozioni che avremmo potuto raccontare solo ai silenziosi muri delle nostre case. Abbiamo reso veri, raccontandoceli, sogni muti.

 

 

 
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