Cicloturismo-Il
periodo mantovano
di
Sergio Menghi
Il
cicloturismo mantovano è durato circa quattro anni, senza
contare il 1984, infatti quel periodo mi ha visto impegnato in un
pendolarismo settimanale con la città di Roma ove sono stato
poi trasferito.
Anche
il termine ’cicloturismo', a rigore, sarebbe inappropriato
perché mancava lo status di turista, ma la visita di
monumenti, luoghi d'arte e oasi naturalistiche a Mantova e dintorni,
sicuramente, valeva più dello stato di turista ed ha lasciato
ricordi indelebili nella mente dei componenti della famiglia.
La
meta più frequentata, non solo nei weekend, ma anche quando le
giornate cominciavano ad allungarsi ed il caldo iniziava a farsi
sentire, era il parco, detto della dogana, sul lago superiore, oggi
parco Belfiore collegato alla ciclabile Mantova-Peschiera.
Lì
confluivano anche delle amiche e compagne di scuola delle nostre
figlie e potevano giocare liberamente senza pericoli, fatta eccezione
del lago, ma erano prudenti e responsabili. Talvolta si consumavano
delle gustose merende a base dei saporiti prodotti della gastronomia
mantovana: salamelle, sbrisolona, risotto alla pilotta, sapientemente
preparati dalle mamme, ottime cuoche.
In
quel luogo si potevano ammirare i famosi fiori di loto. Nel periodo
della fioritura era impressionante poterli vedere da vicino grazie ad
un canotto di gomma che avevamo avuto in prestito da un collega in
cambio del restauro, da parte mia, di un vecchio motore di marca
Russa.
Le
mie figlie si fecero delle foto semicoperte dalle gigantesche foglie,
assumendo le sembianze di giovani ninfe del fiume Mincio, rievocando
la poesia del poeta Virgilio, di cui si parlava spesso tutte le volte
che si visitavano luoghi come: 'Bosco Virgiliano, Piazza Virgiliana'.
Ovviamente
noi raggiungevamo il parco con il tandem, senza prendere la macchina,
e siccome eravamo in quattro, non fu un problema aggiungere altri due
sedili per fare il carico completo.
Per
agevolare il trasporto, bagagli compresi, che nei sia pur lievi
pendii poteva farsi sentire, pensai bene di applicare un motore a
rullo di nome 'Mosquito', anch'esso acquistato da un rigattiere e
restaurato.
Vi
era a Mantova, in una via del centro che ora non ricordo, un negozio
specializzato per i pezzi di ricambio di motori e motorini di
qualsiasi tipo. Era gestito da una signora che mi stava simpatica
perché riusciva a procurarmi tutto quello che richiedevo ed a
prezzi ragionevoli.
Credo
che si servisse di una vera e propria rete quando non esisteva ancora
internet. Talvolta mi diceva che il pezzo le doveva arrivare dalla
Sardegna.
A
ben pensare la signora aveva sembianze, all'apparenza, di origine
sarda, vestiva sempre di scuro e molto elegante, aveva una statura
medio-bassa ed una tipica acconciatura di capelli scuri sistemati
accuratamente intorno all'ampio viso tondeggiante, a mo' di cuffia,
che faceva risaltare vieppiù il piacevole volto sempre
sorridente.
In
quel periodo non erano state ancora realizzate le numerose piste
ciclabili di questi ultimi tempi, quindi era frequente che dovessi
percorrere tratti, anche non brevi, di strada carrabile per
raggiungere luoghi come, ad esempio, il parco di Bosco Fontana, con
il mio tandem, non omologato, con quattro persone a bordo.
Il
traffico automobilistico non era eccessivo e le strade avevano tutte
ampi margini pedonali, ma pensavo sempre cosa mi poteva succedere se
fossi stato fermato dalla polizia stradale.
Una
sera, mentre mi recavo al lago superiore, superato il cavalcavia che
attraversava la strada ferrata, la polizia stradale subito estrasse
la paletta e, una volta fermo, venni osservato attentamente, poi il
capo pattuglia mi disse sorridendo: ‘possiamo salire anche
noi?'
Debbo
dire che, anche all'estero, non ho mai avuto problemi con le forze
dell'ordine.
Un
altro ricordo del periodo mantovano è quello della visita al
cippo che indicava il luogo ove sorgeva Andes, la città che ha
dato i natali al poeta latino Virgilio. Lo volemmo raggiungere in
tandem con mia moglie soltanto perché le bambine passavano un
periodo di vacanze estive con i nonni.
Decidemmo
di passare, per la prima volta, lungo un sentiero in terra battuta
sull’argine destro del fiume Mincio, attraversando il bosco
virgiliano, pregustando il fresco di un caldo pomeriggio estivo.
Raggiungemmo
il cippo che, all’epoca, giaceva isolato in mezzo ad un campo
coltivato. La cosa ci lasciò un po' sorpresi, pensai che
Virgilio amava molto i campi; mi venivano in mente dei brani
come:’Juvat arva videre, non rastris, hominum non ulli obnotia
curae’. Non c’erano infatti rastrelli, né premura
di uomini soggetti, il campo era lavorato con mezzi meccanici e la
sua vista non suscitava alcuna sensazione piacevole per mancanza di
biodiversità.
Oggi
ho letto che sono state valorizzate le aree archeologiche nei pressi
della vecchia Pietole, ma la terra credo non abbia avuto alcuna cura
al fine di farla vagamente rassomigliare a quella dettagliatamente
descritta dal sommo poeta nelle sue Bucoliche.
Proseguimmo
il cammino verso il vicino borgo di Pietole dove abitavano degli
anziani amici di famiglia, molto affezionati a noi per la presenza
delle bambine che riempivano la loro vita. La nostra amicizia è
durata anche dopo il trasferimento a Roma fino a quando hanno
completato il loro turno su questa terra. Tra una bagola e l’altra
il sole stava per tramontare quando riprendemmo il percorso di
ritorno.
Forzammo
i piedi sui pedali ed in poco tempo superammo il Forte di Pietole e
ci addentrammo nel fitto bosco Virgiliano. Qui ci aspettavano nugoli
di zanzare grosse quasi come moscerini, ci assalirono facendoci
cambiare completamente aspetto. Mia moglie si disperava, voleva
scendere e proseguire a piedi, la convinsi a restare in sella
cercando di completare il non lungo percorso nel più breve
tempo possibile. Invano le ricordavo quanto asseriva un collega
mantovano, cioè che le zanzare rafforzano il sistema
immunitario. Finalmente arrivammo alla periferia della città e
ben presto a casa.
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