Mille frecce s'involarono in
cielo, oscurando il sole,
poi come
magli s'abbatterono su di noi,
con un
fischio assordante, penetrarono nelle cotte,
trafissero le
carni, fecero schizzare il sangue all'intorno.
Quindi venne la cavalleria, possenti
destrieri montati
da
guerrieri coperti da armature
scintillanti nel sole,
le lunghe
lance in avanti, le mani a stringere le briglie
e a
sostener lo scudo;
fu la
fine, un impatto devastante, corpi infilzati, carni a brandelli,
urla di terrore e di dolore, membra divelte,
l'erba
arrossata dal sangue che, come un fiume in piena,
ovunque
dilagava, ribollente, magma vitale di esseri che si spegnevano.
Terminata la battaglia, la
piana si presentò disseminata di corpi straziati,
di uomini
e cavalli morenti, di grida soffocate e di lamentosi nitriti.
Già il sole tramontava ed
accorsero le donne:
urla
angosciate, dolore disperato,
lacrime
copiose per chi se n'era andato senza alcuna possibilità di ritorno.
Poi il buio della sera e tutto fu
silenzio:
nell'aria
ammorbata s'alzò il verso della civetta
e calò
il sipario sull'umana stoltezza.