L'uomo
nero
di Roberto Pace
Fandango Libri
Narrativa romanzo
Pagg. 159
ISBN 9788887517217
Prezzo € 16,00
In ognuno di noi c'è un altro Moi
Roberto Pace è nato a
Roma nel 1952 e si è laureato in filosofia alla Sapienza di Roma e si è
specializzato alla “London International Film & Television
School”. E' autore di numerosi saggi sulla
comunicazione e l'arte contemporanea, e L'uomo nero è il suo primo romanzo.
Attualmente Roberto Pace è Amministratore delegato di Mediatrade
spa.
Un costrutto narrativo semplice per uno stereotipo narrativo semplice e
ampiamente abusato nella narrativa italiana e non, quello dell'uomo nero. Roberto Pace riscrive la storia
dell'uomo nero con delicata macabra poesia, conferendo così al romanzo un'aura
fiabesca di tutto rispetto. Lo stile felice di Roberto Pace fa di una storia
abbastanza banale un egregio risultato artistico, che non manca di divertire e
scavare nelle nostre coscienze. Pregio maggiore della prima prova narrativa di
Roberto Pace è quello di snidare dal subconscio le nostre pulsioni più ascose,
portandole alla luce del giorno; con L'uomo
nero l'autore ci ricorda che ognuno di noi, nessuno escluso, è
un uomo nero, una personalità originale che – solo per restare fedele alle
regole del civismo – fugge il suo lato oscuro, quello che lo porterebbe a
compiere i più efferati delitti, senza neanche interrogarsi sul perché. Sembra
quasi che, sotto un profilo strettamente antropologico/psicologico, l'umanità
sia più portata a condurre la sua anima verso il male piuttosto che verso il
bene; Bene e Male sono facce d'una stessa medaglia, e che l'uomo propenda per
l'uno o l'altro è capriccio del caso, una questione di educazione sociale, o
forse, più semplicemente, una necessità di sopravvivenza in un mondo dove il
Bene è riconosciuto come sommo valore per la vita di gruppo (sociale).
Schultze è l'Uomo Nero, ma non sa di esserlo: la sua
vita in nero sembra quasi cominciare quando decide di citofonare alla famiglia
Mayer; in casa ci sono soltanto due gemelli, Augustin
e Anne Lise che aspettano la madre, la Sarta Mayer. I gemelli ignorano che la madre non
tornerà più perché è morta, almeno questo è quanto dice Schultze
ai due fratelli portandoli, come dice lui, al sicuro, in una nuova città. Per i
gemelli seguire l'Uomo Nero significherà scivolare in una nuova vita che li
vedrà protagonisti di iniziazioni sessuali, il cui sapore è di stampo
cristiano-adamitico (peccaminoso). I gemelli vittime del sesso scoprono il
peccato e la loro innocenza muore nell'estremo tentativo di una ricerca del sé.
Tuttavia la madre è viva, ma questo i gemelli non possono saperlo: la sarta è
stata soggiogata e convinta da Fra Erasmo, suo confessore, a diventare suor
Clara e a produrre vestiti esclusivi a tutto e solo vantaggio del clero
benestante. Dedicandosi allo spirito e alla clausura, La Sarta Mayer vive un breve periodo di intensa soddisfazione personale,
ma ad un certo punto si ammala stretta dalla morsa del pentimento e dal
desiderio naturale di ricomporre la sua propria famiglia. Ovviamente, il
rapimento dei gemelli non passa inosservato: tra delazioni, congetture
filosofiche di un sovrintendente di polizia esaltato, deliri in sanscrito di un
professore mongolo paleocristiano – che è poi il padre mai conosciuto dai
gemelli -, nasce un vero e proprio caso nazionale che vede impegnati il Male e
il Bene in una lotta senza quartiere. Male e Bene si confondono: il distinguo
fra le due forze in gioco diventa tanto sottile da risultare impercettibile.
Intanto i due gemelli continuano le loro tristi iniziazioni alla vita. Ben
presto si rendono conto che la società non è innocente e forse neanche cattiva,
piuttosto è il prodotto delle passioni umane e queste non si possono definire
né buone né cattive: più semplicemente sono la naturale antropologica strada
verso la sopravvivenza e la costruzione della civiltà così come noi la
conosciamo (e che accettiamo, passivamente). La Sarta rinnega la sua
clausura, rendendosi conto d'esser stata vittima d'una cospirazione religiosa,
che la voleva reclusa e schiava per produrre abiti talari, quella iconoclastia
che il clero indossa per evidenziare ai suoi fedeli che Dio esiste e non può
essere nudo, un Dio semplice. Il Dio che Roberto Pace disegna è un Dio vestito,
inventato dagli uomini, è un Dio che è buono e cattivo allo stesso tempo, nella
misura che gli uomini gli “misurano” attraverso la Fede. La Sarta Mayer
rifiuta tutto questo e inizia la ricerca dei figli e in questa cerca ritrova il
padre dei gemelli, che avrà una parte non da poco per risolvere il caso dei
gemelli rapiti dall'uomo nero. E' questo solo l'inizio di una complessa vicenda
psicologica della ricerca del sé tradotta in fiaba nera. Ma chi è in realtà
l'Uomo Nero? L'autore ci dice che “la curiosità era per Shultze
quel che per gli altri esseri umani è uno smodato, costante desiderio
sessuale”.
Romanzo di chiaro stampo freudiano, pur accogliendo nel costrutto narrativo gli
stereotipi tipici della fiaba nera, è una storia che si lascia leggere senza
annoiare e che non mette in ridicolo l'intelligenza del lettore. Alcune deboli
cadute di tono, alcune forzature narrative comunque inevitabili per un romanzo
che si basa sul cliché dell'uomo nero inteso come Male, tolgono poco o nulla al
felice tono poetico, macabro, di Roberto
Pace.
L'Uomo Nero è un
romanzo che fa riflettere in un'epoca sempre troppo avviata a propagandare
falsi profeti, serial killer di casa nostra, miracoli impossibili, Beati che
piangono lagrime di sangue vinoso, sesso subliminale
a tutte le ore sui canali televisivi e su quelli cartacei, opulenza e
capitalismo sessuale spacciato per marxismo e viceversa, religione come solo
pane per i poveri. Roberto Pace è riuscito a dipingere bene e con raffinatezza
tutto questo e molto di più. Un romanzo forte che ha la forza di una favola
nera per adulti, coraggioso; le bellissime tavole illustrate di Gianluigi Toccafondo fanno de L'Uomo Nero un romanzo che merita un'attenta
considerazione da parte di quel pubblico che è ancora attento a scoprire
segreti e perversioni della nostra moderna società, quella che ancora osa
definirsi civile.
Giuseppe
Iannozzi
www.liberolibro.it