Guillermo Cabrera Infante
Cuerpos divinos
Galaxia Gutenberg – Circulo de Lectores
Pag. 560 – Euro 25
Cabrera Infante conosce L'Avana sotto la
dittatura di Machado, un losco figuro che definisce
come una via di mezzo tra lo zar Nicola II e Kerensky.
Vive L'Avana sotto Batista e lotta per la libertà insieme a molti intellettuali
moderati e di sinistra, ma non crede che per risolvere i problemi basti
modificare il colore della dittatura. Resta deluso da Castro, non se la sente
di collaborare a un'idea che non condivide e per questo finisce la sua vita in
esilio. Cabrera Infante non ama Alejo
Carpentier, ma la sua non è la solita gelosia
letteraria tra scrittori di genio che non si comprendono. Cabrera
Infante è uno scrittore che vive sulla sua pelle il peso di decisioni difficili
e manifesta il suo dissenso nei confronti della svolta autoritaria castrista. Cabrera Infante nasce in una famiglia comunista e abbraccia
la causa rivoluzionaria fino a quando non diventano evidenti i risvolti
stalinisti e il doppio filo che legherà Cuba e Unione Sovietica. Non condivide
niente di quello che è diventato il suo paese e sceglie, insieme a Carlos Franqui e altri ex rivoluzionari, la via dell'esilio. Non è
facile per un cubano vivere nella grigia Londra, lontano dalla terra che ama e
che non può rivedere, ma è una scelta coerente con le sue idee. Cabrera Infante rimprovera ad Alejo
Carpentier di essere un uomo venduto a un dittatore,
uno che dedica vita e opere a glorificare Castro. Lo rispetta come scrittore,
ma non perdona l'opportunismo di un uomo con cui non è per niente in sintonia. Alejo Carpentier non è mai
critico verso il potere, ma si inginocchia di fronte al dittatore e scrive
soltanto quello che lui vorrebbe leggere. Per questo Cabrera
Infante ne elogia la prosa poetica, le liriche che parlano dell'Avana, ma epura
tutto da un apparato retorico che non sopporta.
“Le rivoluzioni sono la fine di un
processo delle idee, non il principio, èd è sempre un processo culturale, mai
politico. Quando si mette in mezzo la politica - o meglio i politici - non si
produce una rivoluzione, ma un colpo di Stato, e il processo culturale si ferma
per dar luogo a un programma politico. La cultura allora si trasforma in un
settore della propaganda. Come dire, le illusioni
della cultura, il sonno della ragione,
si trasformano in incubi”.
Il manoscritto di Cuerpos divinos si trovava, come tante altre
carte, appunti e quaderni di Guillermo Cabrera Infante, nella casa di Gloucester Road, a Londra,
dove lo scrittore cubano ha vissuto fino alla sua morte, avvenuta il 22
febbraio 2005. A
guardar bene, Cuerpos
divinos non
è un romanzo ma un diario segreto che comincia nel 1958 e termina nel 1962. Un
libro che rappresenta una testimonianza di alto valore perché - come ha detto
Miriam Gómez, vedova dello scrittore - racchiude
tutto il dolore dell'autore di Tre tristi
tigri e de L'Avana per un infante
defunto. Cuerpos divinos non
ha una traduzione italiana, ma sospetto che non esistano editori disposti a
pubblicare un'opera controcorrente come l'ultimo manoscritto di un uomo
geniale. Si trova soltanto nel mercato ispanico, edito da Galaxia
Gutenberg / Círculo de Lectores.
Sono quasi 600 pagine ricche di incanto e di disincanto, lo scrittore racconta
le sue avventure amorose, il lavoro nella redazione di Carteles, le amicizie avanere, l'incontro con Hemingway, L'Avana oppressa da
Batista e il sogno di una rivoluzione che avrebbe dovuto portare libertà. Cabrera Infante ci parla dell'Avana erotica, del cinema
come sua grande passione, del lavoro come critico cinematografico per la stampa
e per la televisione, della musica e dell'esilio. “Non solo la storia, ma
persino la geografia ci condanna”, scrive Cabrera
ironicamente. “Hanno truccato anche la topografia. Siamo nati
in un'oasi e grazie a loro ci troviamo in pieno deserto”.
“Fu quella la miglior epoca della
nostra vita!.
“Si - risposi - è possibile che sia
stata proprio la migliore”.
Il libro termina con questo dialogo
amaro e al tempo stesso suggestivo, perché in ogni caso la giovinezza è sempre
il miglior periodo della nostra vita. Cuerpos divinos è un libro fondamentale all'interno dell'opera
di Cabrera Infante, perché è il libro che ha
accompagnato tutta la sua vita. L'autore ne parlava sempre in occasione delle
interviste che rilasciava alla stampa, perché è un libro scritto in lunghi anni
di faticose stesure, pescando nei ricordi e facendo violenza persino al
desiderio di non ricordare. Un libro che
Cabrera Infante ha scritto perché faceva parte della
sua vita, ma non è stato facile parlare di intimità sessuali, comporre amare
riflessioni politiche, ricordare amici smascherati, fucilati e morti
civilmente. Cabrera Infante ha chiesto a sua moglie
di cambiare i nomi falsi che aveva messo nel libro una volta che le persone di
cui parlava fossero morte. Infatti sono nascoste da uno
pseudonimo solo le persone che disprezzava, ma persino Hemingway e Fidel Castro
- che non erano proprie le sue simpatie - conservano il loro nome. Il libro
racconta tutte le donne di un uomo che da buon cubano dava al sesso e all'amore
un ruolo importante nella vita. Ha detto la moglie: “Tremavo
quando ho preso in mano il libro. Se lo pubblichiamo che figura ci
faccio? Ma adesso che ho 70 anni che cosa importa? Guillermo
andava pazzo per le donne ed era un uomo innamorato. Sua madre fu una donna
eccezionale e questa cosa lui l'ha sempre detta. Adorava
ascoltare sua madre e le amiche di sua madre, ricordava sempre l'odore di
frutta che emanano le donne quando incrociano le gambe nel tropico”.
Cuerpos divinos comincia là dove L'Avana per un infante defunto (Garzanti) finisce e ci accompagna
alla scoperta di una città magica che Cabrera
Infante descrive con pennellate da artista. Il provinciale di Gibara si è ormai ambientato alla frenesia delle notti avanere, si perde tra le braccia di donne sensuali,
rappresenta l'erotismo come unica forma di salvezza, racconta il suo quotidiano
fatto di cinema e di letteratura. Cuerpos divinos ricorda molto da vicino la sceneggiatura di The Lost City
di Andy Garcia, scritta dall'autore, è figlio di identiche suggestioni e delle
stesse cocenti delusioni politiche. Da leggere e meditare per avere un quadro
realistico della rivoluzione cubana e della figura di Fidel Castro.
Gordiano Lupi
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