Giovanni
Modica
Sette Note in Nero di Lucio Fulci
Viaggio nel cinema
della precognizione e del Tempo
contiene interviste a
Sergio Salvati, Dardano Sacchetti ed Ernesto Gastaldi
Morpheo edizioni – Euro 15,00 –pag. 232
www.morpheoedizioni.it
info@morpheoedizioni.it
È uscito un gran bel
libro sul cinema di Lucio Fulci, autore che non bisognerebbe mai smettere di
studiare e rivalutare, che devo assolutamente segnalare. Giovanni Modica compie
uno studio certosino su un solo film scelto dalla vasta produzione del regista
romano. Sette note in nero non riscosse grande successo di pubblico, ma resta
un esempio di thriller moderno, ricco di situazioni ad alta tensione. Modica
parte dalla sinossi, analizza parallelismi, fa paragoni con il cinema
internazionale, affronta la musica, le analogie con il resto del filone, le
soluzioni di regia, le ascendenze letterarie e i debiti cinematografici. Non
manca di soffermarsi sugli attori e sulla location,
ma pure su soggetto, sceneggiatura e storia produttiva. Intervista lo storico
direttore della fotografia Salvati e due grandi sceneggiatori come Gastaldi e
Sacchetti, parla della factory
fulciana e inserisce un capitolo finale pieno di note, curiosità e recensioni
d'epoca. Insomma, un lavoro notevole, da storico del cinema, che si presenta
come un'opera specialistica per approfondire un film del regista. Approfitto
per pubblicare di seguito un capitolo tratto da Filmare la morte (Edizioni Il
Foglio – www.ilfoglioletterario.it), testo scritto a quattro mani con As
Chianese che affronta in generale tutto il cinema thriller e horror di Lucio
Fulci. Il libro di Modica rappresenta un indispensabile approfondimento, mentre
il nostro volume è soltanto un manuale per neofiti, una sorta di Per conoscere Lucio Fulci, dedicato a
chi non sa niente del grande autore romano.
Sette note in nero
(tratto da Filmare la
morte – il cinema horror e thriller di Lucio Fulci, di As Chianese e Gordiano
Lupi – Edizioni Il Foglio, 2006 )
Regia: Lucio
Fulci. Produzione: Cinecompany. Distribuzione: Cineriz. Sceneggiatura: Lucio
Fulci, Roberto Gianviti e Dardano Sacchetti. Musiche: Franco Bixio, Fabio
Frizzi e Vince Tempera. Fotografia: Sergio Salvati. Effetti
speciali: Maurizio Giustizi. Montaggio: Ornella Micheli. Scenografie:
Luciano Spadoni.
Interpreti: Jennifer O'Neill (Virginia Ducci), Gianni
Garko (Francesco Ducci), Marc Porel (Luca Fattori), Gabriele Ferzetti (Emilio
Rospini), Jenny Tamburi (Bruna), Ida Galli (Gloria Ducci ), Fabrizio
Jovine (Commissario D'Elia), Riccardo Parisio Perrotti (Melli), Loredana
Savelli (Giovanna Rospini), Salvatore Puntillo (Secondo autista), Bruno
Corazzari (Canevari), Vito Passeri (Caretaker), Franco Angrisano (Primo
autista), Veronica Michielini (Giuliana Casati), Paolo Pacino (Russi), Fausta
Avelli (Virginia da piccola), Elizabeth Turner (Madre di Virginia), Ugo
D'Alessio (Proprietario della galleria d'arte), Luigi Diberti (Giudice).
Virginia Ducci:
ricca e affascinate signora inglese dell'alta borghesia, architetto, con un
nobile marito e pochi guai, ha delle incredibili doti medianiche che cerca di
far venire fuori con l'aiuto del suo psicologo eliminando un trauma infantile.
Virginia ebbe da piccola, mentre era in Italia per una gita scolastica, la
visione del suicidio della madre, gettatasi da un dirupo.
Da un po' di tempo a questa parte, però, le
premonizioni, i presagi, la tormentano. La donna è convinta di aver visto, in
stato di tranche mentre era alla guida, lo scheletro di una donna murata viva in
una nicchia ricavata in un muro della tenuta di campagna del marito. Durante un
sopralluogo alla villa, la polizia, trova effettivamente un cadavere che, dopo
l'autopsia, si rivela essere quello di una giovane donna scomparsa anni or
sono, forse l'amante del marito di Virginia. La donna, sempre più tormentata
dai suoi presagi, inizia a indagare, con l'aiuto dello psicologo, per
scagionare il marito.
Solo dopo aver
salvato l'adorato consorte dalla galera, Virginia, capirà di aver sbagliato
tutto. Aveva commesso l'errore di calcolare male i tempi della visione, che a
poco a poco si fa sempre più nitida, e di non aver pensato che in realtà è la
sua stessa persona a essere la vittima della visione.
Saranno il suo
psicologo e le sette note (in nero?) del carillon del suo orologio a salvarla
dall'essere murata viva da suo marito… per via di una ricca eredità e dei molti
debiti dell'uomo.
Visto l'ottimo
successo di Una Lucertola con la Pelle di Donna, sia Fulci che il suo sceneggiatore Gianviti erano stati messi
sotto contratto da Luigi e Aurelio De Laurentiis per l'adattamento
cinematografico del romanzo thriller Terapia Mortale di Vieri Razzini. Purtroppo i due non riuscirono, dopo mesi, a
tirare fuori un adattamento che meglio potesse mettere in risalto il plot del
romanzo e che desse l'occasione a Fulci di esprimere al meglio le sue doti
registiche. Chissà perché il regista si convinse di essere nella cosiddetta
“botte di ferro” avendo a disposizione un romanzo ben strutturato e di una
certa fama. Visti i risultati, però, i produttori vollero affiancare al regista
e al fido Gianviti, un uomo di fiducia: il talentuoso sceneggiatore Dardano
Sacchetti, che era stato autore dei fortunati Il Gatto a Nove Code di Dario
Argento e di Reazione a Catena di Mario Bava.
Inizia così
un'epoca. Sacchetti e Fulci, entrambi a disagio ed entrambi con velleità
artistiche diverse, hanno alcune discussioni sul set. Sacchetti dichiara
apertamente che l'inadeguatezza di Gianviti nella codificazione per immagini
dell'apparato narrativo di Terapia Mortale è dovuto solamente al fatto che il
romanzo: “era una vera cazzata”.
Accantonato il progetto dell'adattamento, Sacchetti, Fulci e Gianviti, ancora
sotto contratto con i De Laurentiis, lavorano a una sceneggiatura originale. Sette
Note in Nero (titolo prettamente fulciano) nasce proprio da una discussione tra
Sacchetti e Fulci: il regista voleva dire che nessuno può sfuggire al proprio
destino anche se ne è a conoscenza. Sacchetti, scommettendo, dichiara di
riuscire a costruire un meccanismo narrativo capace di eludere quella che, a
Fulci, sembra una verità inconfutabile. Questo film niente è se non un perfetto
meccanismo a orologeria: il suo script, per rimandi e costruzione, è
paragonabile al carillon installato nell'orologio di Virginia che la salva dal
suo terribile destino (un'idea di Sacchetti che Fulci trovò geniale).
Ovviamente questa terza prova registica nel thriller (quarta per quanto
riguarda, invece, le sceneggiature) regala a Fulci la possibilità di continuare
un discorso personale, una variazione sul tema, su questo genere che implica
ancora una volta elementi come la psicologia, l'onirico e il subconscio.
Un po' come
succede letterariamente, in un paragone alquanto forzato, con i romanzi di
Arthur Conan Doyle del ciclo di Sherlock Holmes. Il celebre detective londinese
si trova gradualmente a diventare una sorta di indagatore dell'occulto da Il
Mastino dei Baskerville in poi. Così per Fulci questa lenta discesa verso il
surreale avviene con Sette Note in Nero e con il fatidico incontro con Dardano
Sacchetti. Questo sceneggiatore che trascinerà la macchina da presa nel più
terribile inferno dei suoi horror successivi, con grandissimi risultai. Ma se
c'è un inizio di questo incredibile percorso, questi è sicuramente Sette Note
in Nero. Il film alla fine non fu prodotto dai De Laurentiis, ma la mano del
regista è evidente, si avverte il suo stile fotogramma dopo fotogramma, il
risultato è il migliore raggiunto in questo campo.
Assistiamo anche
allo soppressione di un tabù: Fulci si decide ad ambientare il film in Italia,
in Toscana, la pellicola si apre infatti con una panoramica di piazzale
Michelangelo a Firenze, ma è palpabile la sua anglofilia, sin dalla scelta
degli attori: la raffinata Jennifer O'Neill nel ruolo della protagonista, Marc
Porel (già apprezzato nel ruolo del prete diabolico di Non si Sevizia un
Paperino) in quello del marito traditore e il bravissimo ma compassato,
“inglese” per stile, Gabriele Ferzetti. Le campagne del Chianti si trasformano
in una piccola colonia inglese: il Chiantishire;
abbiamo ancora a che fare con nobiluomini, eredità e set decorati in stile
classico. Splendida e retrò l'automobile dallo sproporzionato volante, che il
regista affida alla guida della O'Neil, tutto in perfetto stile Agata Christie,
la grande vecchia del giallo inglese per la quale, a detta di Sacchetti, Lucio
Fulci aveva un ammirazione sconfinata. In ogni caso il film è imparentato da
vicino, nel tema della tumulazione, sopratutto al racconto “Il gatto nero” di Edgar Allan Poe.
Virata decisiva
verso il surreale e splatter, il film, piacque anche allo schizzinoso critico
Morando Morandini che, nei limiti della sua etichetta di cinefilo raffinato,
afferma nel dizionario che la pellicola è: “…
apprezzabile per la rinuncia agli effettacci più facili del Grand-Guignol
e una certa sagacia nella costruzione narrativa”.
Gordiano Lupi