Dissolvenze
di Antonio
Messina
Prefazione di Patrizia Garofalo
In copertina “Ori antichi” (2005)
di Angela
Betta Casale
Progetto ed elaborazione grafica
di Angela
Betta Casale
Edizioni Il Foglio Letterario
www.ilfoglioletterario.it
ilfoglio@infol.it
Collana Autori Contemporanei Poesia
diretta da
Fabrizio Manini
Poesia silloge
Pagg. 87
ISBN: 9788876061738
Prezzo: € 10,00
Partendo
dal titolo, si potrebbero spiegare le dissolvenze in vario modo. Sono
quelle che imprigionano la vita in una catena intrisa di vuoto,
come fosse ombra, il nostro passaggio terreno dai tratti conturbanti o
incomprensibili e difatti il poeta prosegue: sono costretto, nella luce
diafana del mattino, / a macchiarmi l'anima/ di eventi e dolore, / quel fiore
solitario che non trovo…
Nella sua
concezione non solo l'uomo stenta a trovare il bandolo e una direzione al
cammino generale dell'essere nel senso filosofico del termine, quanto a se
stesso, immerso in una eternità tradita,
sottomesso al pungolo del destino. Il suo pessimismo, tuttavia, più che
configurare una posizione dominata dal nonsenso dell'apparato planetario,
sembra piuttosto sottolineare il limite intrinseco della creatura, che pur
sostenuta dalla ragione, è costretta ad una sorta di agnosticismo sulle cogenti
domande circa lo scopo e il fine della sua vita. Nessuno può figurarsi se non
attraverso la fede un disegno dell'eterno.
Marionetta
o fantoccio, l'essere umano segue una strada che non ha segnato con le sue
mani, in un tragitto di fittizia libertà. Il caso decide i suoi passi, sovente
gettando lutti sulle spalle, sempre lasciando disorientati. Ciononostante la
vita va vissuta, anzi conserva nelle sue pieghe la magia che induce, di
fatto, all'accoglienza della propria sorte e all'orgoglio di aver partecipato
al circolo più generale, se pure incomprensibile, del cosmo, con due mani
protese nel vento, / l'urlo del mare, / il canto dei vili, / la rabbia dei
morti, / l'incertezza del pianto, / le cose ordinarie, / il dolore di essere
ombre.
Ma oltre
alla generica angoscia esistenziale che probabilmente è già presente nel primo
umano vagito, l'arco di tempo che appartiene al poeta è segnato da altre
ferite, storiche e contingenti. Il degrado intacca l'umanità in maniera
globale: l'ambito dei rapporti umani non è più nel segno della reciprocità,
quelli politici e di mercato sono dettati dal tornaconto personale e
dall'egoismo e l'ecosistema è stato tanto violato da far temere addirittura la
catastrofe della specie. Prevale quello che Fromm aveva paventato: il
primeggiare dell'avere sull'essere. Hanno ucciso l'azzurro, / le notti di
marzo, /il canto e la poesia, / sussurri e chiarori in un campo di tenebra.
Il poeta
tuttavia nella sua desolazione intravede un porto. Nel rapporto d'amore, che
dalla sua parte concepisce come totalizzante e generoso fino al dono di sé, altre dissolvenze
si possono immaginare: quelle del dolore e dello sconcerto. Anzi, nell'altra
persona, Messina, come si diceva, è disposto a sciogliere tutto se
stesso, mettendo la vita in altre mani, in una fiducia che acquisisce i toni
elegiaci e lirici dell'antica poesia. Non nutre alcun pudore nel rivelare la
propria fragilità e il bisogno di lasciarsi andare per avere tregua, tanto è
fiducioso che l'amore possa dare colore e calore al suo buio, mettendo in fuga
i fantasmi.
Tuttavia
Messina sa che neppure un sentimento vero sfida il tempo e che due giorni
appena in questa vita danzeremo, ma ne scrive senza lo stoicismo oraziano del carpe diem. In questa poesia
si rilevano invece sentimenti e passioni, dubbi e lacerazioni in una sorta di
stralunata consapevolezza dell'imminente precipizio.
…nel
segno,
di questo presente immobile,
nello spazio di un respiro,
mi guardo intorno,
attonito,
osservo la mia vita
racchiusa
in miasmi di tenebra.
Un'atmosfera
crepuscolare, di penombra, grava su tutta la raccolta, dovuta a questa
battaglia tra lo sguardo che osa l'azzurro e la percezione della precarietà
delle cose dell'uomo, che riverberano sul verso un senso di sconfitta che
talora arriva alla prostrazione. Sovente anche gli elementi della natura assurgono
a metafora delle tante speranze disattese.
Commuove poi la
poesia alla madre che si configura come il baluardo contro il vero e proprio
deragliamento.
Alla fine
è d'obbligo parlare delle vere dissolvenze, quelle che la morte impone
alle membra e alla coscienza di ciascuno, il riposo eterno. In effetti, tutta
la raccolta è attraversata da una sottesa malinconia, con lo sguardo rivolto
alla falce in un angolo già sguainata e, in questo ambito mesto, anche l'amore
non è mai narrato con esaltazione ma con un filo di tristezza dovuto al
rimpianto sempre presente di quanto si sta per perdere. Lascia che il corpo
si dissolva piano…
Poesia di
confessione, quasi femminea, se si intende con questo la capacità di scavo e di
dono, assiepata in un suono pulito e in un lessico confidenziale e
comprensibile: in nessun passaggio l'autore cerca l'artificio retorico e i toni
altisonanti. L'uso della lingua nella sua cadenza da antica nenia o melodia non
ricorre a stratagemmi di assonanze, giochi linguistici e metrici; essa si posa
con una naturalezza e trasparenza del verso che rendono la raccolta godibile in
ogni parte.
Fortuna Della Porta