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  Letteratura  »  Il senso di una fine, di Julian Barnes, edito da Einaudi e recensito da Katia Ciarrocchi 14/07/2024
 

Il senso di una fine - Julian Barnes - Einaudi - Pagg. 160 - ISBN 9788806220808 - Euro 12,00



Il senso di una fine di Julian Barnes è un romanzo che mi ha colpito, qui l´autore ci parla della memoria, del tempo e del significato della vita. Con una prosa magnifica e una narrazione impeccabile, Barnes ci conduce in un viaggio emotivo che ci spinge a riflettere sulla natura stessa dell´esistenza umana.
La storia si sviluppa attraverso due linee temporali: la prima parte del romanzo è ambientata nella giovinezza del protagonista, Tony Webster, mentre la seconda si colloca nella sua maturità. Tony è un uomo ordinario che sembra aver accettato la mediocrità della sua vita, ma il suo passato tornerà a tormentarlo quando riceve una misteriosa eredità che lo costringe a confrontarsi con gli errori e i segreti sepolti nel tempo.
La maestria di Barnes nel dipingere i personaggi è molto interessante: sono ben sviluppati e realistici, ciascuno con le proprie sfumature e ambiguità. Tony, protagonista affascinante e imperfetto, funge da guida attraverso la sua vita, esplorando rimpianti e speranze infrante.
Ciò che rende "Il senso di una fine" stimolante è il modo in cui Barnes esplora il tema della memoria e della sua fallibilità, attraverso la lente del tempo, il protagonista si rende conto che i ricordi possono essere distorti e reinterpretati nel corso degli anni,
in quanto la nostra percezione del passato può essere influenzata da emozioni, desideri e prospettive personali. La verità diventa sfuggente, e il lettore è spinto a interrogarsi sulla natura stessa dei ricordi e sulla loro influenza sulla nostra percezione della realtà.
È il primo libro di Julian Barnes che leggo, e trovo la sua scrittura elegante; ogni frase è costruita con cura, con una prosa cristallina che riesce a catturare le sfumature delle emozioni e a trasmettere un senso di profondità e intimità. Benché abbia avuto difficoltà iniziale a proseguire nella lettura, "Il senso di una fine" è un´opera letteraria che, se superata la fase iniziale, lascerà un´impronta duratura nella mente e nel cuore dei lettori. Julian Barnes ha creato un libro indimenticabile.


Citazioni tratte da: Il senso di una fine di Julian Barnes

Viviamo nel tempo; il tempo ci forgia e ci contiene, eppure non ho mai avuto la sensazione di capirlo fino in fondo. (pag 5)

...il segreto di una famiglia felice era che la famiglia non esistesse, almeno non sotto lo stesso tetto.
(...)
In quei giorni immaginavamo noi stessi come prigionieri dentro un recinto. in attesa di essere liberati nel pascolo delle nostre esistenze. Quando fosse giunto il momento, la vita, e il tempo stesso, avrebbero subito un´accelerazione. Come avremmo potuto sapere che in effetti le nostre vite erano già cominciate, che alcuni vantaggi ce li eravamo accaparrati e che se che qualche danno era già stato inflitto? E che, per di più, ci avrebbero solo liberati dentro un recinto più grande i cui limiti avremmo in principio faticato a riconoscere? (pag 11)

...sarà la vita a darti lezione di realtà e realismo. (pag 13)

La storia è quella certezza che prende consistenza là dove le imperfezioni della memoria incontrano le inadeguatezze della documentazione. (pag 18)

...le condizioni mentali delle persone possono essere dedotte dai loro gesti. (pag45)

Cercai di spiegarle la storia del rifiuto del dono elargito senza essere stato richiesto, la superiorità dell´agire rispetto al subire. (pag 53)

Un inglese una volta ha detto che il matrimonio è un pranzo interminabile con il dolce servito per primo. (pag 56)

Non so più chi ha detto che ricordo è ciò che pensavamo di aver dimenticato. Inoltre dovrebbe apparirci ovvio come il tempo per noi non agisca affatto da fissativo, ma piuttosto da solvente. (pag 65)

All´improvviso mi sembra che una delle differenze tra la gioventù e la vecchiaia potrebbe essere questa: da giovani, ci inventiamo un futuro diverso per noi stessi; da vecchi, un passato diverso per gli altri. (pag 82)

Il tempo però... ah, come può trascinarci alla deriva e confonderci le idee. Credevamo di aver raggiunto la maturità quando ci eravamo soltanto messi in salvo, al sicuro. Fantasticavamo sul nostro senso di responsabilità, non riconoscendolo per quello che era, e cioè vigliaccheria. Ciò che abbiamo chiamato realismo si è rivelato in un modo per evitare le cose, ben più che affrontarle. Già, il tempo che ci riserva... il tempo necessario a farci precipitare le nostre più salde risoluzioni come traballanti, le nostre certezze come capricci momentanei. (pag 94)

Con quale frequenza raccontiamo la storia della nostra vita? Aggiustandola, migliorandola, applicandovi tagli strategici? E più avanti si va negli anni, meno corriamo il rischio che qualcuno intorno a noi ci possa contestare quella versione dei fatti, ricordandoci che la nostra vita non è la nostra vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato.
Agli altri, ma soprattutto a noi stessi. (pag 96)

Ad esempio al fatto che quando siamo giovani e sensibili, siamo anche più cattivi che mai; mentre, con il rallentarsi del sangue nelle vene, quando la sensibilità delle cose meno acuta, e noi più corazzati e più capaci di tollerare le ferite, diventiamo anche più attenti a non fare male. (pag 99)

Ascoltiamo quello che si dice, leggiamo quello che si scrive: si riducono a questo le nostre prove, i nostri avvaloramenti. Tuttavia, se il viso contraddice le parole del nostro interlocutore, allora è il viso che interroghiamo. Uno sguardo che si fa sfuggente, un rossore improvviso, il fremito incontrollabile di un muscolo facciale, e allora sappiamo. Riconosciamo l´ipocrisia della dichiarazione bugiarda, mentre la verità si manifesta chiara davanti a noi. (pag 137)

Si arriva alla fine della vita, no, non della vita in sé, ma di qualcos´altro: alla fine di ogni probabilità che qualcosa in quella vita cambi. (pag 149)



Katia Ciarrocchi



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