Dostoevskij,
mio marito - Anna Grigor'evna Dostoevskaja –
Bompiani – Pagg. XIV 283 – ISBN 9788845256462
– Euro 9,90
Bel
ritratto di donna
Una
giovane stenografa, nata in una famiglia agiata, incontra al suo
primo lavoro il già celebre scrittore, vedovo della prima
moglie. Lui ha quarantacinque anni, lei è una ventenne
emancipata. Corre l’anno 1866, il mese è quello di
ottobre, a febbraio dell’anno successivo i due convolano a
giuste nozze, rimanendo sposati per quattordici anni, fino alla morte
di lui.
Lo
scritto nasce per volontà della stessa Anna che continua a
essere l’imprenditrice del marito come lo era stata negli
ultimi anni della loro vita insieme, proponendosi come editrice prima
e libraia dopo, al fine di gestire sia l’economia familiare sia
la fama dello scrittore. Anna decide di pubblicare le sue memorie
conservando la struttura diaristica che aveva dato loro ed è
per questo, probabilmente, che lo scritto risulta a tratti
disorganico ed episodico. Tralasciando i limiti di una scrittura
diaristica, l’opera risulta essere un eccezionale documento di
vita, sia per chi è direttamente interessato alla biografia
dell’autore, sia per chi ama approfondire la conoscenza degli
aspetti strettamente materiali di esistenze più o meno
celebri. Troviamo infatti qui una giusta sintesi della dimensione
pubblica, rappresentata dal mito dell’autore, con quella
privata di una giovane ragazza diventata donna e manager del marito:
duplicità che si rende certamente manifesta negli ultimi
giorni di vita dello scrittore, quando fu da tutti celebrato in
lunghissime esequie in cui, data l'imponenza della manifestazione e
gli stretti controlli di ordine pubblico, fu addirittura negato
l’accesso alla moglie e ai figli poiché in tante si
erano già spacciate per la vedova dello scrittore ed Anna era
l’ennesima; episodio poi risoltosi con l’evidenza dei
fatti. Una dimensione umana, privata, è quella che ci viene
raccontata, una dimensione che non può omettere i complessi
legami familiari ai quali Dostoevskij soggiaceva per eccesso di
bontà: si va dai soprusi e dai ricatti del figliastro Pavel,
figlio della sua prima moglie, alle continue richieste di assistenza
da parte della famiglia del fratello morto. Un parentado invadente,
sopraffattore, che di malo modo accettò il nuovo matrimonio,
quando il vedovo era già predestinato ad un’altra unione
matrimoniale all’interno della vasta famiglia, unione tesa a
incrementare il grado di assistenzialismo al quale già lo
costringevano. Per Anna fu dunque molto difficile canalizzare l’amore
del marito verso il nuovo nucleo familiare, il loro; non mancarono
incomprensioni e difficoltà enfatizzate dalla tirannia
parentale, dall’epilessia sempre più prepotente, dai
contratti capestro, dai lutti che fecero perdere loro due adorati
figli, financo dalla ingiustificata gelosia nei confronti della
moglie, momenti critici risolti con amore e pazienza, con viaggi
all’estero e con vacanze ristoratrici, in una continua tensione
che li vide, mai fermi , costruire insieme il loro futuro. Il
racconto non perde di vista l’aspetto puramente cronologico,
cadenzato com’è di anno in anno, e ciò permette
di aver ben chiara la nascita dei diversi romanzi, il clima culturale
nel quale essi si inserirono, la ricezione stessa delle opere.
A
lettura ultimata, rimane forse maggiormente impressa la figura di
Anna rispetto a quella di F. M. , come la donna nomina il marito in
tutto lo scritto, quasi a confermare il detto popolare che dietro un
grande uomo c'è sempre una grande donna; a me di Dostoevskij,
rimane solo l’eterna disperazione per non essere riuscito in
gran parte delle opere a dedicarsi al labor limae che avrebbe reso i
suoi scritti più organici e stilisticamente ineccepibili; cosa
che non potè fare, soprattutto agli inizi della sua lunga
carriera, perché perseguitato dal perverso meccanismo dei
debiti e delle consegne e dei contratti fino a quando Anna non prese
in mano la situazione, gestendola con grande lucidità. Bel
ritratto di donna.
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