|
|
|
|
|
|
|
Editoriali
» Discorso sulle stragi, di Ferdinando Camon |
09/06/2017 |
|
Discorso
sulle stragi
di
Ferdinando Camon
Brescia
27 maggio 2017
Discorso
ai ragazzi di Brescia sulle stragi.
L’Associazione
Famigliari delle vittime di Brescia ha riunito 400 studenti, che
avevano letto “Occidente – Diritto di strage” di
Ferdinando Camon, ad ascoltare l’autore. Ecco qualche passo del
discorso:
“(…)
A Padova c’era una libreria, che si chiamava Ar. Stava dalle
parti della facoltà di Lettere. Ar è l’iniziale
di Ares, areté, aristocrazia. Vendeva libri italiani e
stranieri che incitavano alla sovversione. Era aperta solo un giorno
alla settimana, il giovedì, e solo di notte, dalle ore 22 alle
24. Ci sono andato tre volte, per comprare materiale che
m’interessava, e che nelle altre librerie non si trovava perché
era proibito. La libreria era uno stanzone chiuso da una saracinesca,
suonavi un campanello e venivano a prenderti, ti conducevano per un
corridoio buio in un locale illuminato pieno di libri. Prima di
venderti qualcosa un uomo paralitico, su una sedia a rotelle, faceva
delle domande: chi sei, che studi hai fatto, che libri vuoi, e
perché. Mi son registrato sotto falso nome, son tornato tre
volte, ma dopo il gioco s’è fatto pericoloso, e non mi
sono più fatto vivo.
Il programma della Destra
sovversiva era “inginocchiare il popolo”, affinché
il popolo accettasse un potere forte come se fosse non un’oppressione
ma una liberazione. Lo strumento per inginocchiare il popolo era la
strage. La casta elitaria aveva un progetto di uomo e di Stato che
era il Bene per tutti, perciò essa aveva il diritto e il
dovere di imporre questa idea a tutti. La strage serviva per
terrorizzare tutti e ridurli alle condizioni di accettare un nuovo
potere militare o dittatoriale purché assicurasse l’ordine,
che vuol dire la protezione. La strage doveva essere spaventosa e non
sui potenti ma sui deboli. Era il popolo, che bisognava spaventare.
In un opuscolo che avevo comprato nella libreria di Ar c’è
una frase illuminante, che ho messo in “Occidente”, e
questa frase spiega tutto. Dice così: «Arrecare danni al
regime è un errore: il regime te ne chiederà conto. Ma
provocarne la disintegrazione, questo è il rimedio. Occorre
un'esplosione da cui non escano che fantasmi. Ci sono organismi
unicellulari che, schiacciati, risorgono, e mutilati si riuniscono:
ma in ognuno c'è un organo delicato dov'è la sede della
vita: noi dobbiamo colpire quel nucleo come fanno gli antibiotici,
noi dobbiamo dare lì al sistema un colpo tale che ogni
coscienza si rimetta a noi con tutta la docilità, con tutta la
gratitudine per qualunque cosa faremo di essa. Occorre che il nostro
gesto sia così chiaro, da far nascere in tutta la popolazione,
inerme e inginocchiata, due sole risposte e nessun dubbio: "Sono
loro" e "Finalmente"». Per inginocchiare la
massa devi colpire il popolo, uccidere donne, bambini, gente comune.
Più innocenti e casuali sono le vittime, più efficace è
il terrore. È il principio del terrorismo. Stragi di questo
genere sono quelle di Milano, di Bologna, di Brescia.
Che io
stessi scrivendo “Occidente” lo sapevano tutti, lo
dichiaravo nelle interviste. E arrivarono le minacce, prima che fosse
pubblicato, dopo che fu pubblicato, e soprattutto dopo che la Rai ne
ricavò un film e lo mandò in onda. La lavorazione del
film cominciò a Padova, è questa la città dove
si svolge tutta la storia, ma qui le minacce al regista e agli attori
erano troppe, lavorare era impossibile. Perciò la troupe si
trasferì a Ferrara.
A me recapitavano nella
cassetta postale delle piccole bare di cartone, col mio nome scritto
sopra. Buttavano nel mio garage cani e gatti morti. Misero dello
zucchero nell’olio del motore della mia auto, e il motore si
fuse. I miei figli (ho due figli maschi) erano piccoli, e quando
erano fuori a giocare, in casa arrivavano telefonate che dicevano:
“Sappiamo dove sono adesso i tuoi figli”. Mia moglie
correva a prenderli.
Contro il film della Rai, contro la Rai e
contro di me, il protagonista nero, quello che nel libro fa la
strage, fece partire un processo. Poi fu condannato all’ergastolo,
come autore della strage di Milano, perse i diritti civili, e il
processo non ebbe luogo. Ma dopo pochi mesi fu assolto e tornò
fuori, agli arresti domicilari, nella città di Brindisi. Non
riaprì il processo, ma chiese un incontro, da pubblicare.
Concordammo il giorno e l’ora. Prenotai una cuccetta per la
notte dell’andata e una per la notte successiva, del ritorno.
Portai con me un registratore. Andai. Lui m’aspettava in
strada, anche se non poteva uscire di casa. Non alto, elegante,
gentile, freddo. M’introdusse nel salotto. Alle pareti c’erano
grandi foto in bianco e nero di gerarchi nazisti. Io mi sedetti, lui
pure, ma subito si rialzò. Per tutto il colloquio, durato
tre-quattro ore, non si sedette più. Era noto come “l’uomo
che non si siede mai”. Il colloquio fu da parte sua sprezzante
e imperioso, si atteggiava a uomo superiore, ma potrei anche dire a
superuomo. Il colloquio è stato tutto registrato, poi
sbobinato e dattiloscritto, e inviato a lui perché lo
confermasse. Lui confermò tutto. Autorizzandomi a stamparlo.
L’ho stampato. Dentro ci sono affermazioni importantissime sul
diritto di uccidere, di sacrificare la vita degli altri, di dominare
i deboli. Si conclude così: “Voglio regalarle una
citazione, prima di chiudere questa nostra conversazione: «È
innocente non chi è incapace di peccare, ma chi pecca senza
rimorsi».
Indagando sugli autori della strage di
Bologna, la polizia trovò nel covo del nucleo neo-nazista
sospettato di aver messo la bomba alla stazione un quaderno, scritto
a mano, in caratteri maiuscoli, nel quale eran trascritte 11 pagine
di “Occidente”. La polizia ritiene che il nucleo
terroristico si riunisse per discutere quelle pagine, nelle quali
cercavo di dire perché un gruppo terroristico di Destra
potrebbe fare una strage, e che tipo di strage. Quelle pagine sono
state usate perciò nell’arringa dell’Avvocatura
dello Stato, che chiede la condanna dei neonazisti che frequentavano
quel covo, e sono usate anche nella sentenza di condanna. “Occidente”
avrebbe così portato a scoprire gli autori della strage. Io
non sono in grado di dire se sono loro, io sentivo che coloro che
avevano fatto la strage, che fanno ancor oggi stragi nel mondo,
obbediscono a quelle idee, mettono in atto quella tesi, per la quale
colui che sente come giusta e necessaria una strage, e la fa, dopo
averla fatta è più innocente di prima. Il sangue delle
vittime è un lavacro. È un battesimo. Lavato da quel
lavacro, battezzato in quel sangue, tu acquisti la tua vera
innocenza, che prima non avevi. E puoi presentarti in faccia al tuo
Dio, che ti premierà. Questo vale per tutti i terroristi, di
tutte le civiltà, di tutte le religioni. Oggi ne abbiamo
esempi nei terroristi islamici. Una ragazzina islamica, prima di
farsi esplodere in mezzo a un gruppo d’infedeli, già con
la cintura esplosiva stretta ai fianchi, si faceva riprendere in un
filmetto da far recapitare alla madre dopo la propria morte, e
pronunciava queste parole: “Mamma, non piangere, non vedo l’ora
di bussare alla porta di Allah con i crani degli infedeli”.
Con quelle parole sull’innocenza di chi fa una strage, il
mio personaggio ha aperto una porta per la quale si vede il suo mondo
ma anche il mondo di tutto il terrorismo. I terroristi che agiscono
così e con queste convinzioni non si pentiranno mai. Inutile
aspettare che si pentano e ci costituiscano. Bisogna che lo Stato li
trovi e li punisca. Ma la presenza dello Stato, in tutta questa
vicenda che mi riguarda, io non l’ho mai sentita. Quando vado a
Bologna in treno, ed esco dalla stazione ferroviaria, mi volto a
guardare l’epigrafe con i nomi infiniti delle vittime della
strage, e dentro di me dico a quelle vittime: “Io, per voi, ho
fatto quello che potevo”. Ma lo Stato non può dire
altrettanto.
www.ferdinandocamon.it
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|