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  Racconti  »  Narrativa generica  »  Piccolo racconto di Natale n. 3 22/12/2017
 

Piccolo racconto di Natale n. 3

di Renzo Montagnoli



Non appena la luce era calata e la sera s’accendeva di luci stellate la neve aveva iniziato a scendere, dapprima timida, incerta e titubante, e infine piena d’ardore, copiosa e senza remore. La gente si affrettava nelle strade, le ultime compere, i regali, i simboli di un mondo senza più anima, senza più sogni.

Lui stava seduto in poltrona, la luce spenta nella stanza, la resta reclinata sulla spalliera, gli occhi semichiusi a pensare sulla sua vita, a quella solitudine a cui il destino l’aveva condannato. Da quando lei se n’era andata non c’era stata più vita, ma solo un lento trascinarsi nelle ore, passi a vuoto, uno sguardo alla sua fotografia di quando ancora era bella e il male non l’aveva divorata; giorni fatti di passi perduti, di un cieco dolore che da una rabbia soffocata poco a poco si era trasformato in sofferta rassegnazione. Il tempo passava, una stagione dopo l’altra, un inverno non più d’attesa di una primavera che, pur tornando, non riusciva più a scaldare un cuore stanco, natali sempre uguali come questo che cadeva a venti anni dalla sua morte. Volse lo sguardo alla fotografia, ma al buio non la vedeva, eppure non si risolse ad alzarsi, a premere l’interruttore, perché tutto di lei era in lui, la sua immagine, il rumore dei suoi passi lievi, la voce, quella voce argentina che tanto l’aveva incantato. E nell’oscurità della stanza lo colse il sonno, giunse in punta di piedi a chiudergli gli occhi, a rallentarne il respiro. Si abbandonò fiducioso al torpore e si accorse, con felice stupore, di dormire, ma di viaggiare in un sogno. Camminava lungo un viale di foglie morte quando di colpo apparve lontana una figura che sembrava venirgli incontro e a ogni metro che faceva le piante si aprivano come alla primavera, si coprivano di foglie verdi e lungo i bordi di quella strada era tutto uno sbocciare di bucaneve, mentre si udiva lontana una musica soave che parlava al cuore. La distanza fra le due figure diminuiva e la natura sembrava trionfare sul gelo dell’inverno; a un certo punto ebbe un balzo al cuore, un colpo secco, un tremito diffuso perché aveva riconosciuto chi gli veniva incontro. Bella, come la prima volta che l’aveva vista, lieve come il passo di una nuvola nel cielo, il suo nome quasi urlato con quella voce argentina. Si trovarono infine di fronte, lui allungò una mano, le accarezzò una guancia, lei gli sorrise, gli prese la mano se la mise sul cuore, accostò il viso al suo e, mai, mai fu così bello e intenso un bacio, lungo da togliere il respiro, poi lei si ritrasse un po’, si accostò e porse il suo braccio, facendo cenno di seguirla.

A braccetto e a lenti passi si avviarono alla fine di quel viale; a lui sembrava di volare, avvertiva forte un senso di infinita serenità e seppe che infine l’aveva ritrovata e che mai più si sarebbero separati.


La neve cadde tutta la notte e anche il giorno di Natale, qualcuno bussò alla porta, qualcuno telefonò, ma non ebbero risposta.

 
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