Un giorno alla fontana
Ella scendeva alla fontana,
esile figura di giovinetta acerba
ed io la rimiravo,
estasiato da tanta grazia e beltà.
L'acqua gorgogliava un
canto antico
che parlava di elfi, di gnomi,
di fanciulle addormentate nel magico sogno
di una gioventù libera da vincoli e da orpelli.
Il sole in cielo
splendeva radioso
e conferiva alla scena ottici riflessi
fra il verdeggiar del bosco.
Si chinò,
raccolse l'acqua nell'orcio antico
e così facendo rispecchiò
la soave immagine
che impressa rimase nella superficie appena
increspata,
poi passò dinnanzi,
senza volgermi uno sguardo
e lesta ritornò alla dimora sua.
Di certo non rientravo
nei suoi sogni,
nato servo,
ma con cuore e sentimenti d'ogni uomo.
Raccolsi l'acqua in cui
s'era specchiata
per conservarla nell'illusione
di poter ancora rimirare l'immagine della sua bellezza.
E
continuò, così,
il mio esser
nel sogno d'una vita disperata,
ove la realtà
di quell'amore mi sarebbe stata negata,
sempre restando
impressa nella mente
quella figura
leggiadra di un giorno alla fontana.